Boom dei profitti aziendali, giù il potere d’acquisto: l’ISTAT fotografa la nuova Italia
da L’INDIPENDENTE (Valeria Casolaro)
Secondo quanto riportato dai dati ISTAT riguardanti il quarto trimestre del 2022, il calo del potere di acquisto delle famiglie è direttamente collegato all’aumento della quota di profitto delle aziende. Il reddito dei consumatori è infatti aumentato, tra ottobre e dicembre dello scorso anno, dello 0,8%, ma il potere di acquisto cala di 3,7 punti percentuali. L’aumento dei salari, infatti, non è andato di pari passo con quello dei prezzi, con il dato sull’inflazione ancora pari al 12,7%. E mentre i consumatori sono sempre più costretti ad attingere ai risparmi per l’acquisto di beni di prima necessità (dato in controtendenza rispetto al resto dell’Ue), festeggiano le imprese, con un aumento delle quote di profitto per le società non finanziarie di ben l’1,9%.
Il presidente di Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, ha sottolineato come, mentre nel resto d’Europa il tasso di risparmio è in crescita, «Gli italiani intaccano i loro risparmi nel tentativo vano di mantenere il loro tenore di vita, ma la perdita del potere d’acquisto, il caro bollette e il costo della vita alle stelle avranno ripercussione sul costo della nostra vita». Il governo, aggiunge Dona, dovrebbe rivedere «il decreto sulle bollette, ripristinando tutti gli aiuti introdotti da Draghi almeno fino a che i prezzi di luce e gas non torneranno ai livelli pre-crisi del 2020», oltre a mettere in atto provvedimenti che permettano di adeguare gli stipendi al costo della vita.
I dati riportati dall’ISTAT sono, d’altronde, un chiaro specchio della distanza tra politiche pubbliche e la situazione attuale del Paese. Nei suoi primi sei mesi il governo Meloni ha infatti varato misure del tutto a favore delle imprese (flat-tax, sgravi fiscali, tagli al cuneo fiscale e via dicendo), senza mettere in atto politiche che favoriscano il lavoro stabile (è un vanto di questo governo aver reintrodotto i voucher per il lavoro occasionale, aboliti nel 2017) o l’aumento salariale.
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