Guerra robotica e iperrealtà psicotica
DA LA FIONDA (Di Stefano Isola)
Le civiltà sono mortali, le civiltà muoiono come gli uomini, ma non muoiono alla maniera degli uomini. In esse la decomposizione precede la loro morte, mentre in noi segue la storia.
Georges Bernanos
Recentemente l’Unesco ha lanciato un allarme per le possibili deformazioni che l’intelligenza artificiale generativa potrebbe produrre sulla conservazione della memoria storica dell’Olocausto: «la facilità con cui i modelli possono generare contenuti realistici, combinata con l’ampia diffusione online, crea terreno fertile per la proliferazione di notizie false sull’Olocausto», che «potrebbero alimentare l’antisemitismo». E sollecita urgenti azioni di contrasto sulle piattaforme online e nella scuola, per il controllo della disinformazione e la preservazione della memoria1. Piuttosto che dare valore all’onestà nella narrazione storica, tali operazioni sono, al contrario ed inevitabilmente, il prodotto di elaborazioni automatizzate interne ad un “ambiente di scelta” predefinito e puramente operazionale. Una sorta di iper-mediazione del mondo che ambisce a costituirsi come contenitore narrativo che prende il posto del reale e della finzione, e all’interno del quale tutto ciò che si muove non significa nulla, ma nello stesso tempo agisce normativamente in modo ipermoralistico, delimitando un unico quadro di riferimento senza origine né realtà né razionalità. In tale contenitore iperreale proliferano, come germi in un brodo di coltura, anche gli emendamenti farseschi della “cultura del piagnisteo”, dove, ad esempio, insieme a certi prodotti dei modelli generativi, si esorta la censura di Shakespeare e Dante Alighieri nella scuola, perché antisemiti e islamofobici2. Nello stesso tempo, e nello stesso mondo, nei territori palestinesi si consumano stragi quotidiane di donne e bambini sterminati da bombe teleguidate, di persone che muoiono di fame e che non hanno dove rifugiarsi e dove potersi curare le spaventose ferite, e tutto questo procede accompagnato da un irreale balletto di distinguo e accorate perorazioni contro tutte le aggressioni e tutti gli estremismi. Altri massacri, tra quelli che costellano la storia moderna, presentano efferatezze e numeri paragonabili, e sono stati talvolta colpevolmente ignorati per molto tempo a livello internazionale, ma sono stati tutti comunque raccontati a posteriori attraverso reportage di osservatori, giornalisti e storici. L’attuale genocidio perpetrato a Gaza dall’IDF3 si caratterizza come una delle peggiori voragini umanitarie della storia anche per il fatto di essere trasmesso in diretta audiovisiva, ovunque, orizzontalmente, e di essere perciò osservabile da chiunque voglia informarsi, e, nonostante questo, non solo non viene fatto quasi nulla per fermarlo, ma si continua ad inviare armi micidiali per la sua perpetuazione. Si agisce, per lo meno nella gran parte del mondo occidentale, come se la tragedia umana che si consuma sotto i nostri occhi fosse irrilevante ai fini delle decisioni da prendere, ad esempio riguardo agli scambi commerciali o all’invio di armi4. Come se nel prendere tali decisioni l’eventuale approvazione o disapprovazione di quella violenza non giocasse alcun ruolo. Come quando ci si trova in un ambiente di gaming, dove non ha senso approvare o disapprovare la violenza degli ultracorpi che invadono il pianeta Terra, perché farlo servirebbe solo a perdere la partita.
E così, la diffusione in rete della diretta di un massacro di bambini palestinesi innocenti con droni controllati a distanza può tranquillamente coesistere con le discussioni sui concorsi della canzone spazzatura internazionale, gare sportive o disavventure sentimentali di qualche influencer, in un centrifugato di informazioni e intrattenimento che induce un’ipnosi collettiva assai più efficace della tradizionale censura, poiché elimina alla radice la ricerca di un riferimento reale, rendendo le persone insensibili alla contraddizione, impermeabili al dubbio e in definitiva incapaci di pensare.
In questa totale dissonanza cognitiva risiede l’essenza del brutalismo politico e morale che si sta affermando ovunque nelle nostre esistenze collettive, seguendo il quale le nobili istituzioni del mondo libero, agendo come psicotici sicari per conto del grande capitale, oggi partecipano attivamente allo sterminio degli “animali umani” palestinesi, ucraini, russi. Ma c’è di più: questo brutalismo dai tratti patologici si raccorda perfettamente con il supercalcolo inconsapevole della cosiddetta intelligenza artificiale (IA) che incarna le procedure automatiche utilizzate nella guerra robotica in entrambi i campi di battaglia. Nel conflitto in corso in Ucraina, ad esempio, l’uso massiccio di droni “kamikaze” guidati dall’IA ed altre armi letali autonome, segna un punto di non ritorno in vari sensi possibili5.
Innanzitutto, nella guerra robotica si palesa una fondamentale quanto tragica regressione, nella misura in cui il drone o l’arma autonoma istituiscono un regime di azione puramente binario, come quello dei video-giochi: sferrare o non sferrare il colpo mortale, non vi sono altre forme d’interazione con il nemico (disarmo, infiltrazione, dialogo ecc.).
Inoltre, l’uso di tali dispositivi sul campo non solo rende potenzialmente enorme il numero delle vittime, ma determina nello stesso tempo un loro costante addestramento per “migliorare” sulla carne umana le loro prestazioni omicide. Un addestramento costante che incarna una escalation incontrollabile: la continua accelerazione delle operazioni militari “intelligenti”, l’immediatezza di funzionamento dei sistemi autonomi e ipersonici, conducono ad una crisi di controllo e comando: come governare macchine con velocità sovrumane e al tempo stesso opache nella loro operatività, se non automatizzando a propria volta la gestione delle operazioni? Come nell’era atomica il possesso della bomba da parte delle principali potenze fungeva da deterrente per il suo uso, giustificando l’escalation, così oggi l’uso dell’IA nella strategia militare s’impone a ciascuno per non trovarsi in una condizione di vulnerabilità totale. Non c’è dunque alcuna possibilità di fermare la ricerca nelle tecniche di sterminio, nella misura in cui questa si svolge in condizioni di competizione mortale: se un competitore si ferma gli altri ne trarranno immediato vantaggio.
Il presidente dei capi di stato maggiore congiunti delle forze armate statunitensi, Mark Milley, alla vigilia della riunione dei membri del club Bilderberg a Lisbona (maggio 2023) ha dichiarato: «forse il più potente acceleratore nella conduzione della guerra moderna è l’intelligenza artificiale […] la capacità di prendere decisioni in modo rapido e accurato è un vantaggio significativo in guerra, che l’intelligenza artificiale e l’informatica quantistica daranno a quei paesi che riescano ad implementarle nelle loro applicazioni militari»6. Questo è lo scopo dei progetti “intelligenti” dei principali eserciti del mondo, e non mancano indicazioni che questo movimento si estenderà presto all’automazione della decisione di usare le armi nucleari.
Come riportato dall’Associated Press, alla fine del 2023 il Pentagono aveva un “portafoglio” di 800 “progetti non classificati legati all’IA”,mirati alla messa a punto di “soldati tecnologicamente potenziati” e meccanismi di “collaborazione uomo-macchina” (ad esempio per l’utilizzo dei caccia F-16), nonché di analizzatori d’informazione e dispositivi di sorveglianza, algoritmi di “fusione” dei dati per avere schemi comuni sul campo di battaglia, veicoli autonomi e semiautonomi, sistemi di armi letali autonome. Ma il Pentagono sta studiando anche l’uso dell’IA per «processi decisionali ad alto rischio militare e di politica estera»7. Per verificare come gli attuali modelli di IA affrontino tali problemi, lo studio in questione avrebbe utilizzato modelli di OpenAI, Meta e Anthropic per eseguire simulazioni di guerra, con risultati degni della romanzesca follia del generale Ripper ne IldottorStranamore: non solo tutti i modelli «mostrano segni di un’escalation improvvisa e difficile da prevedere», comprese «dinamiche di corsa agli armamenti, che portano a maggiori conflitti», ma alcuni di essi si sono precipitati verso l’opzione nucleare. Alcuni recenti modelli GPT si sono rivelati tra i più “aggressivi”, “argomentando” che l’uso diretto di ordigni nucleari di annichilazione, piuttosto che complicate procedure di disarmo di altri competitori, sarebbe stata la strada più breve per raggiungere la pace!
La possibilità di superamento della soglia di deflagrazione di un conflitto terminale per l’umanità potrebbe quindi trasferirsi negli imperscrutabili meandri del monologo interiore di una IA addestrata su miliardi di parametri ma priva di qualunque coscienza.
Ecco che l’IA, dispositivo di esternalizzazione di decisioni ed intenzioni, e di controllo del controllo, conduce fatalmente all’azzeramento della nostra capacità di prendere decisioni autonome e ad una perdita del controllo intenzionale sulla realtà. In tale prospettiva, la guerra robotica diventa un esperimento genocidario basato su modalità di ottimizzazione automatica che lo rendono omologo a un video-gioco.
Sull’altro fronte di guerra, ad esempio, sappiamo dell’uso da parte di Israele di sistemi di IA noti per lo sterminio di esseri umani e la distruzione sistematica e diffusa di abitazioni, servizi e infrastrutture civili8. Tali dispositivi, come quelli chiamati Gospel e Lavender, elaborano in tempo reale enormi masse di dati su
tutto ciò che vive e si muove su quel territorio9 e, assegnando a edifici e persone un “punteggio” che indicherebbe la probabilità di avere “correlazioni” con Hamas, generano così molte centinaia di obiettivi al giorno, senza neppure informare sui “danni collaterali”, noti in anticipo10. Il sistema di IA sadicamente chiamato Where’sDaddy?, in particolare, viene usato per seguire i sospetti fino alle loro case, e consentire quindi all’IDF di colpirli mentre si trovano con le loro famiglie, intenzionalmente, ed utilizzando missili non guidati o bombe “a caduta libera”, così da poter risparmiare sulle più costose armi a guida di precisione, o bombe “intelligenti”.
Non essendovi operativamente responsabilità umana, nessuno può opporsi a ordini disumani. E viceversa, l’uso generalizzato di tali dispositivi decisionali automatici può agire come copertura deresponsabilizzante per dar sfogo alle peggiori forme di cieco sadismo, delle quali abbiamo purtroppo innumerevoli testimonianze. «Non ci interessava uccidere gli operativi [di Hamas] solo quando si trovavano in un edificio militare o erano impegnati in un’attività militare», ha dichiarato A., un ufficiale dell’intelligence ai siti di informazione israeliani +972 e Local Call. «Al contrario, l’IDF li ha bombardati nelle loro case senza esitazione, come prima opzione. È molto più facile bombardare la casa di una famiglia. Il sistema è costruito per cercarli in queste situazioni»11.
Sappiamo anche bene come Israele possa permettersi di non parlare neppure dei “danni collaterali” sui civili in questa «fabbrica di omicidi di massa»12, grazie alla criminale complicità mediatica e politica di cui gode in Occidente.
L’IA, un prodotto della corsa per la supremazia tecnologica globale scatenatasi durante il secondo conflitto mondiale13, torna dunque oggi prepotentemente in guerra, e vi ritrova la sua investitura ideale nell’adempimento di una delle funzionalità strategiche del nostro tempo: la psicotica capacità di decidere chi può vivere e chi deve morire, e la conseguente messa in atto di procedure automatizzate di sterminio14. L’uccisione e lo sterminio sono operazioni per le quali le tecnologie basate sull’IA, che non pensa ma calcola a velocità astronomica, sono idealmente perfette, e comunque molto più performanti degli esseri umani. In questa prospettiva, il ruolo chiave svolto dall’IA nel processo di escalation tecnologica globale, in atto da oltre un decennio, acquista tutto il suo significato. La potenza computazionale richiesta per addestrare modelli come GPT è inimmaginabilmente grande15 e dopo la messa a punto sul corpo vivo della società, può essere applicata a produrre morte su scala industriale. E così, mentre qualche buontempone, come Elon Musk, evoca scenari “fantascientifici” tanto catastrofici quanto fuorvianti per una reale comprensione della reale posta in gioco, ed invoca moratorie sulla ricerca, e mentre thinktank, organismi internazionali ed accademie16 elaborano “codici di condotta” e “dispositivi etici” per valutare e mitigare le “vulnerabilità”, per «tenere la rotta di fronte alle sfide dell’IA» e garantire uno “sviluppo sicuro”, per «migliorare il benessere umano e promuovere la pace e la prosperità», tutti i decisori coinvolti sono unanimi nel lasciare di fatto mano libera all’uso dell’IA in campo bellico17. Così, ad esempio, all’inizio del 2024 OpenAI ha cancellato senza troppa pubblicità dalle sue “politiche di utilizzo”18 la frase che vietava l’uso della sua tecnologia per scopi «militari e di guerra»19, ed ha recentemente chiamato nel suo CdA Paul Nakasone, un generale dell’esercito statunitense, ex capo del Cyber Command ed ex dirigente della National Security Agency.
Tuttavia, pensare di poter seriamente separare le applicazioni civili da quelle militari dell’IA appare semplicemente ridicolo. E difatti sono innumerevoli gli esempi di “trasferimento tecnologico” tra comparti diversi ed in particolare tra settori civili e militari. Lo Stato di Israele, insieme militarista e neoliberista, è avanguardia e modello in questa dinamica. Da mezzo secolo trae vantaggio dall’occupazione illegale della Cisgiordania e della Striscia di Gaza per testare costantemente armi e tecnologia di sorveglianza su una popolazione prigioniera e “nemica”. Il suo necropotere esercitato con l’occupazione neocoloniale dei territori palestinesi, si avvale oggi in modo strutturale dell’IA, con droni carichi di sensori, satelliti e jet di ricognizione aerea, dispositivi diffusi di riconoscimento facciale e comportamentale ecc., che vengono lì messi a punto per poi essere rivenduti in buona parte del mondo “civile”20. Ad esempio l’azienda israeliana Oosto21 che applica l’IA alla biometria, addestra i suoi algoritmi sui palestinesi della Cisgiordania che poi rivende «in oltre quaranta paesi, tra cui Russia, Cina e Stati Uniti, e in innumerevoli località come casinò, industrie manifatturiere e persino centri fitness». E viceversa: si può ritenere, ad esempio, che una parte dei progetti di ricerca e sviluppo finanziati nel quadro del Programma dell’UE Horizon Europe, mirato a sviluppare attività con applicazioni «esclusivamente civili», si traducano successivamente in supporti smart ad azioni di guerra ibrida, anche grazie al partenariato con lo Stato ebraico22.
L’esempio israelo-palestinese, per quanto possa apparire, per ora, estremo, ci aiuta a comprendere come l’IA operi una sintesi originale tra sterminio e burocrazia, agendo come una forma di colonialismo totalitario sul proprio stesso terreno. Il suo potere è per certi aspetti omologo a quello che si esercita sulla colonia, un non-luogo e un non-tempo permanentemente in stato di emergenza, dove la “pace” assume i caratteri di una guerra infinita.
Il processo storico che ha prodotto la fine della dinamica espansiva su cui per alcuni secoli si è basato il sistema tecno-economico occidentale e lo sgretolarsi della cultura del progresso – inteso come connubio tra emancipazione e crescita materiale – ha radici strutturali profonde ed intricate, che non possono essere discusse qui. Quello che appare chiaro è che tale processo ha fatalmente portato con sé una profonda crisi culturale, la quale ha fatto sì che gli strumenti con i quali di volta in volta si è tentato di rispondere alle perturbazioni e alle cadute della stabilità e dell’egemonia del mondo occidentale, sistematicamente hanno riprodotto quegli stessi meccanismi all’origine delle crisi stesse, ma vieppiù impoveriti e privati di rigore e coerenza, sia sul piano epistemico che su quello morale23. In particolare, le stesse dinamiche espansive e colonialiste che hanno caratterizzato le precedenti fasi storiche del dominio occidentale sul mondo, non potendo più esercitarsi sull’esterno si rivolgono ora verso il suo interno.
Ricordiamo che l’epoca delle conquiste coloniali aveva rivelato una ferocia su scala industriale forse fino ad allora sconosciuta nella storia e, durante la seconda guerra mondiale, si è vista una prima estensione alle popolazione “civilizzate” dei metodi fino a quel momento riservati ai “selvaggi”24. Oggi, in modo particolare a partire dalla gigantesca operazione di ingegneria sociale associata alla farsa pandemica, assistiamo ad un movimento di auto- colonizzazione dell’Occidente che inaugura inedite forme di brutalità (pur spesso conservando le vecchie), alle quali l’escalation tecnologica in atto conferisce un potenziale distruttivo ed una velocità senza precedenti25. Si continua dunque a procedere nella fuga in avanti, ma ora rivolta in larga misura contro ampi settori del proprio corpo sociale, come unica possibilità rimasta per proseguire la dinamica “espansiva”26. In tale dinamica il collasso interno del modo di produzione viene subdolamente negato attraverso la sua proiezione esterna, incarnata da provvidenziali nemici: il virus, il cambiamento climatico, i barbari assetati di sangue democratico e, puntualmente, le misure adottate per farvi fronte dall’attuale capitalismo emergenziale, digitale e autoritario, reiterano, su una scala sempre più granulare, la violenza coloniale sulla sua stessa popolazione. Il susseguirsi compulsivo di emergenze globali e la discesa nella barbarie associata a guerre e distruzioni, sembrano quindi ormai elementi imprescindibili per la perpetuazione delle relazioni capitalistiche, oltre ogni parvenza democratica e lungi da ogni riferimento al benessere e alla ricchezza reale. Tali elementi comprendono la fabbricazione di gruppi umani “superflui”, che vivono costitutivamente ai margini della vita, persone per le quali vivere significa costantemente resistere alla morte, sulle quali i clan che detengono il potere si esercitano con la massima ferocia possibile sperimentando invivosempre nuove forme di aggressione, nelle quali l’IA, che calcola senza pensare, ed opera di fatto come un dispositivo di auto- colonizzazione, che per funzionare estrae unilateralmente energia dalla vita reale, trova la sua applicazione più propria.
Il quadro di iperrealtà psicotica nel quale tutto ciò si produce è ben descritto in un recente articolo27 in cui, tra le altre cose, Fabio Vighi scrive: «Alla radice, il capitalismo contemporaneo funziona in modo molto semplice: si emette debito da una porta e lo si riacquista da un’altra grazie all’emissione di nuovo debito; un loop all’apparenza inattaccabile da cui origina la maggior parte dei fenomeni distruttivi con cui ci troviamo a convivere. Gli esecutori del meccanismo sono una classe di funzionari-profittatori il cui principale tratto psicologico è la psicopatia. Sono talmente devoti al meccanismo da esserne diventati delle estensioni– come automi, lavorano indefessamente per il meccanismo, senza rimorso alcuno per la devastazione di vita umana che dispensa. La dimensione psicopatica (disinibita, manipolatoria, e criminosamente antisociale) non è però una prerogativa esclusiva della cricca finanziaria transnazionale, ma si estende a macchia d’olio sia sulla casta politico-istituzionale (dai vertici dei governi agli amministratori locali), che sull’apparato cosiddetto intellettuale (esperti, giornalisti, scrittori, filosofi, artisti, nani e ballerine). In altre parole, la mediazione politico-culturale della realtà è oggi interamentemediatadal meccanismo stesso. Chi entra nel sistema non solo deve aprioristicamente accettarne le regole ma, ipsofacto, ne assume lo specifico carattere psicopatologico. Così, la folle oggettività capitalistica (il suo spietato congegno riproduttivo) diventa indistinguibile dal soggetto che lo rappresenta».
In questa prospettiva, si capisce anche perché le guerre, incluse quelle sanitarie e climatiche, si fanno, si promuovono e si finanziano su uno sfondo di spudorate menzogne, la cui puntuale smentita non ha mai alcun effetto concreto: se ne costruisce un’altra e si procede avanti. Lo scopo essendo appunto quello di tenere la macchina in movimento, non di risolvere crisi, controversie o minacce. I teatri di guerra, anche perché legati alla deriva economico-finanziaria, non devono mai venir meno. E loro scopo primario è
la conquista in profondità delle popolazioni “autoctone”. Come disse Julian Assange nel 2011, in riferimento alla guerra in Afghanistan: «l’obiettivo è una guerra senza fine, non una guerra di successo».
Ma si può dire di più. La dimensione psicopatica che intesse la strategia del caos dell’egemone USA sui fronti di guerra, inclusa l’attuale determinazione suicida a spingere il conflitto alle soglie dell’olocausto nucleare, non si possono spiegare con la necessità di fronteggiare la crisi economica con il keynesismo militare, come ad esempio è accaduto con la seconda guerra mondiale, per la semplice ragione che una nuova guerra totale, oltre ad essere gestita e combattuta prevalentemente dalle macchine, non sarebbe un mezzo per distruggere e poi ricostruire, facendo ripartire su nuove basi il meccanismo dell’accumulazione, ma cancellerebbe puramente e semplicemente ogni traccia di vita sul pianeta.
I deliranti assalti propagandistici dell’Occidente, gli esercizi di ferocia a spese degli inermi, le azioni terroristiche contro i civili compiute alla luce del sole, ci dicono piuttosto che la guerra postmoderna non può più essere razionalizzata come la continuazione della politica con altri mezzi, come la vedeva Clausewitz. Proprio come il governo cibernetico delle cose, che anticipa comportamenti e accadimenti sul piano virtuale per poi riproiettarne sulla realtà le conseguenze normative e disciplinari, anche la guerra postmoderna si è emancipata dalla politica, e il suo carattere illimitato e genocidario esprime il venir meno di ogni pensiero strategico in Occidente, a favore di un non-pensiero meramente algoritmico. Il venir meno del politico, cioè del contesto stesso nel quale si è in grado di stabilire le finalità della guerra, impedisce anche che se ne possa sancire definitivamente l’eventuale superamento, precisamente come in un videogioco. Infine, ancora una stessa dimensione “psicopatica” pervade i dispositivi di selezione e distruzione degli obiettivi nella guerra robotica e i dispositivi di decisionalità ed azione della cosiddetta IA predittiva nella vita civile28.
Voci, facce ed emozioni vengono oggi classificate attraverso l’apprendimento automatico, e le vite delle persone vengono profilate da algoritmi statistici sulla base dei quali vengono poi prese decisioni sulla loro vita: sono disponibili sul mercato softwareche consentono di assumere decisioni sulla base di correlazioni tra dati di ogni tipo, senza alcun riferimento al contesto o al significato, presupponendo la possibilità di prevedere se un cittadino commetterà un crimine, se un candidato per un impiego sarà abbastanza collaborativo, se uno studente abbandonerà gli studi prima del tempo, se una potenziale debitore restituirà un prestito o se una persona avrà bisogno di una particolare assistenza medica. Una dimensione totalitaria che prefigura una completa inversione dell’onere della prova, reintroducendo un criterio analogo a quello dei processi per stregoneria: si è colpevoli in quanto accusati29. L’intreccio inestricabile di correlazioni significative e correlazioni spurie nei big data (queste ultime derivanti solo dalla numerosità e non dalla natura dei dati), assegna a questo tipo di decisionalità algoritmica una dimensione marcatamente irrazionale, perché basata sull’idea psicotica che tutte le connessioni siano significative, indipendentemente dal riconoscimento di nessi causali30.
Tornando alla guerra, vediamo come il potere e la capacità di decidere chi compirà o reitererà un reato, chi non riuscirà a pagare le tasse o chi avrà bisogno di certe cure mediche, si connette senza soluzione di continuità al potere e alla capacità di decidere chi può vivere e chi deve morire.
In questo senso, Gaza rappresenta non una singolarità storica e geopolitica, ma un possibile destino di disumanizzazione che ci attende tutti.
1 https://www.msn.com/it-it/notizie/tecnologiaescienza/allarme-unesco-su-ia- favorisce-le-fake-news-sullolocausto/ar-BB1orqJj
2 Cfr. G. Biuso, Ždanov, sul politicamente corretto, Algra Editore, 2024.
3 In realtà, il governo statunitense rifornisce ininterrottamente Israele di armi e risorse per perseguire il suo assedio criminale degli oltre due milioni di palestinesi di Gaza, assicura allo Stato dell’apartheid una copertura diplomatica presso le Nazioni Unite e distorce o oscura sistematicamente la condotta barbara dell’IDF. A causa di tutto ciò si dovrebbe parlare più propriamente di genocidio israelo-statunitense.
4 Analoga situazione nella parallela guerra per procura che la NATO sta combattendo contro la Federazione Russa tramite il sacrificio dell’Ucraina, dove decine e decine di migliaia di giovani ucraini, e anche russi, hanno già perso la vita in una delirante prova di forza cinicamente spinta e finanziata ad oltranza da potenze esterne.
5 I droni sono di gran lunga i principali protagonisti dell’attuale congiuntura bellica, dall’Ucraina al Vicino Oriente, dal Donbass alla Crimea, dall’Iran a Israele fino al Mar Rosso. L’oggettiva difficoltà di intercettare gli sciami di droni per qualsiasi sistema di difesa antiaerea porterà fatalmente a un aumento degli attacchi preventivi, con evidenti rischi di escalation incontrollata.
6 https://www.planet-today.com/2023/05/why-bilderberg-club-needs-artificial.html
7 https://www.grunge.com/1553353/terrifying-ways-us-military-using-artificial- intelligence/
8 https://pagineesteri.it/2024/04/05/medioriente/lavender-la-macchina-di-intelligenza- artificiale-che-dirige-i-bombardamenti-di-israele-su- gaza/#:~:text=Il%20software%20Lavender%20analizza%20le,di%20Hamas%20o%20d ella%20JIP
9 Vale ricordare che le tecnologie di sorveglianza, tracciamento e reclusione, utilizzate da Israele con i Palestinesi, sono state rivolte in modo massiccio contro la sua stessa popolazione durante l’emergenza Covid.
10 Redazione de La Fionda, La macchina che agisce freddamente, La Fionda, 4 aprile 2024, https://www.lafionda.org/2024/04/04/la-macchina-che-agisce-freddamente/
11 Y. Abraham, 20 secondi per uccidere: lo decide la macchina, Internazionale, 5 aprile 2024,
12 Così si è espresso un ex ufficiale dell’intelligence israeliana parlando delle operazioni dell’IDF, specificando che «l’enfasi è sulla quantità, non sulla qualità».
13 Per una disamina storica e una critica generale del potere generato dall’intelligenza artificiale, rimando a S. Isola, Afindibene:ilnuovopoteredellaragioneartificiale, Asterios, 2023.
14 Una sorta di versione algoritmica della Necropoliticadiscussa da Achille Mbembe.
15 Insieme alla nuova schiavitù diffusa nel mondo e alla devastazione ambientale associate all’estrazione dei metalli e quasi-metalli necessari alla loro implementazione. Tra le altre cose, le GPU dei modelli dell’IA generativa hanno profili termici analoghi a quelli delle centrali nucleari e dunque richiedono enormi quantità d’acqua per il loro raffreddamento. Su questi temi cfr. J. Luzi, Cequel’intelligenceartificiellenepeutpasfaire,La Lenteur, 2024.
16 In particolare i due ultimi appuntamenti del G7 in Giappone e in Italia, l’ExecutiveOrder della Casa Bianca (31 ottobre 2023), l’AI safety summit nel Regno Unito (1-2 novembre 2023), e l’IA act della UE (marzo 2024).
17 E comunque in tutti quei settori nei quali l’elemento discriminante è la sicurezza, personale e collettiva. Ad esempio l’IA act dell’Unione Europea, che entrerà in vigore a breve, limita l’uso di sistemi IA di identificazione biometrica in tempo reale ad eccezione di tutte quelle situazioni «la cui importanza prevale sui rischi» https://www.key4biz.it/ai-act-ecco-il-testo-finale-in-italiano-pdf/494813/ .
18 https://web.archive.org/web/20240109122522/https:/openai.com/policies/usage- policies
19 Preservando un generico divieto ad utilizzare il suo servizio «per danneggiare se stessi o altri» https://openai.com/it-IT/policies/usage-policies/
20 Cfr. A. Loewenstein, LaboratorioPalestina.ComeIsraeleesportalatecnologiadell’occupazionein tutto il mondo, Fazi Editore, 2024; e https://www.acro-polis.it/2023/12/28/antony- loewenstein-il-laboratorio-della-palestina/
21 https://oosto.com/
22 https://research-and-innovation.ec.europa.eu/news/all-research-and-innovation- news/israel-joins-horizon-europe-research-and-innovation-programme-2021-12-06_en
23 Il trionfo dell’utilitarismo e la distruzione dello spirito scientifico hanno aperto la strada alla distruzione dell’unità del sapere e al dominio incontrastato delle tecno-scienze senza pensiero; mentre l’esacerbazione dell’individualismo liberale ha prodotto atomizzazione patologica e narcisismo sociale, solo per menzionare due aspetti importanti.
24 Ciò, ad esempio, ha motivato Hannah Arendt ad individuare nel nazismo una prosecuzione dell’imperialismo.
25 Anche il cosiddetto “grande reset” promosso dal WEF sembra stia mutando traiettoria, e da progetto planetario si sta trasformando in progetto autoritario per il solo Occidente.
26 Un chiaro esempio è quello che ha fatto seguito alla menzogna che le prime ondate pandemiche avrebbero minacciato di sovraccaricare il sistema sanitario al punto da rendere necessaria la distruzione dell’economia, per “appiattire la curva”. Oggi, sotto l’ombrello ideologico del “cambiamento climatico”, un imponente piano di distruzione sociale e trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto è rappresentato dalla richiesta dell’UE di riduzione minima del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 e di conformazione entro il 2050 di ogni edificio (commerciale, pubblico e residenziale) secondo gli standard di emissioni zero. Ciò implicherà l’imposizione, anche attraverso sistemi di credito sociale, di nuovi stringenti requisiti energetici a spese dei proprietari, cosicché la gran parte delle persone, spesso già impoverite dalla crisi generalizzata del lavoro, dovranno lasciare le proprie case, che verranno acquisite dalle società multinazionali di gestione del risparmio.
27 F. Vighi, La fiducia nelle istituzioni e i dividendi di guerra, LaFionda, 29 febbraio 2024 https://www.lafionda.org/2024/02/29/la-fiducia-nelle-istituzioni-e-i-dividendi-di-guerra/
28 Dopo aver esortato l’Europa a produrre armi come fatto con i vaccini durante la pandemia, all’ultimo incontro del gruppo Bilderberg Ursula von der Leyen ha dichiarato che bisogna fare un «vaccino preventivo» contro la disinformazione, passando dal debunking al prebunking. Non si dovrà cioè più solo censurare quelle che vengono considerate false informazioni, ma si dovrà prevenirne la circolazione operando dall’alto per mezzo dell’IA. Anche così, armi, vaccini e algoritmi si trovano sempre più intimamente intrecciati.
29 Cfr. D. Tafani, Do AI systems have politics? Predictive optimisation as a move away from the rule of law, liberalism and democracy, Postprint, Forthcoming in “Ethics & Politics”, 2024 https://doi.org/10.5281/zenodo.10866778
30 Simili meccanismi dominano anche l’attuale casinò finanziario globale: attraverso l’high frequency trading e la valutazione automatica delle possibilità e dei margini di profitto delle operazioni finanziarie, senza alcun controllo da parte dell’investitore, l’IA implementa la lotta feroce e cieca per il controllo dei dati e delle risorse digitali da parte delle compagnie finanziarie.
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