Caffè lungo – La presenza degli Asian Pacific Partners al 75° summit NATO di Washington e le crescenti cooperazioni strategiche promosse dall’Alleanza sono un segnale chiaro della propria svolta indo-pacifica. Il commitment al mantenimento della sicurezza in Asia rimane tuttavia fonte di dibattito e divergenze interne, rendendo imperativa una riflessione sul ruolo della NATO nei decenni a venire.
IL SUMMIT NATO DI WASHINGTON
A 75 anni dalla sigla del Patto Atlantico, i leader di 37 Paesi mondiali si sono riuniti per un summit storico. Il primo summit in qualità di Stato Membro della Svezia e l’ultimo del Segretario Generale Stoltenberg, che a ottobre lascerà il posto all’olandese Mark Rutte. Per il terzo anno di fila, hanno inoltre partecipato gli Asian Pacific Partners (AP4), un termine che designa i maggiori partner regionali dell’Alleanza: Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda.
Il summit si è tenuto in un clima di altissima tensione. Dapprima la Russia ha siglato una nuova partnership strategica con Pyongyang, rinnovando un Trattato siglato nel 2000, quando la presidenza nordcoreana apparteneva ancora a Kim Jong Il. In seguito, in una tentata dimostrazione di forza in vista del summit, Mosca ha distrutto il più grande ospedale pediatrico ucraino, uccidendo oltre 20 civili. L’Alleanza Atlantica ha dunque sottoscritto un impegno a fornire almeno €40 miliardi in aiuti militari all’Ucraina entro il prossimo anno, stabilito la creazione di un NATO liason office a Kyiv, e approvato una missione di assistenza e formazione in materia di sicurezza per l’Ucraina (NSATU). I Paesi hanno infine espresso un generale supporto alla futura membership dell’Ucraina, condizionandolo tuttavia al raggiungimento di alcuni standard. Indubbiamente, l’assenza di consenso politico tra gli Stati Membri ha rimandato la questione.
In un briefing iniziale, l’Ambasciatore USA Michael Carpenter ha sottolineato un importante cambio di rotta. All’inizio dell’Amministrazione Biden, solo 9 alleati spendevano almeno il 2% del PIL in difesa. Oggi, questo target è raggiunto da 23 Paesi, e la spesa cumulativa degli Stati Membri eccede per la prima volta il 2%. L’aumento di spesa è chiaro testimone di un crescente clima di insicurezza a livello globale, riassunto nelle sfide individuate dalla dichiarazione finale. Tra queste figurano le partnership strategiche di Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, il terrorismo, la minaccia nucleare, e una lunga lista di minacce ibride quali disinformazione, sabotaggio e coercizione economica.
Fig. 1 – La visita di Vladimir Putin in Corea del Nord del giugno scorso, che ha rafforzato i legami politici e militari tra Mosca e Pyongyang
SFIDE GLOBALI RICHIEDONO PARTNERSHIP GLOBALI
A Washington, l’Alleanza transatlantica ha definito la Cina un “decisive enabler” della guerra in Ucraina, richiedendo peraltro un’immediata interruzione del supporto politico, economico e materiale a Mosca. Lo smacco per il Dragone è considerevole. L’inedita dichiarazione dei 32 Stati Membri mina alla base i tentativi cinesi di presentarsi al mondo come mediatore diplomatico disinteressato, identificandolo invece come un facilitatore del conflitto. In seguito, Pechino ha liquidato le dichiarazioni NATO come “accuse prive di fondamento”, incolpandola di una “retorica belligerante”.
Il decisivo cambio di percezione rispetto alla minaccia cinese è legato a una crescente rilevanza dei partner regionali come gli AP4, già presenti nei summit NATO di Madrid e Vilnius. La partnership è “essenziale perché gli sviluppi nella regione [dell’Indo-Pacifico] possono influire direttamente sulla sicurezza Euro-Atlantica”, riporta il NATO 2022 Strategic Concept. Ciascuna delle relazioni di questi Paesi con la NATO è guidata da un Individually Tailored Partnership Programme (ITPP), un framework di cooperazione che ha come obiettivi il rafforzamento delle consultazioni, il miglioramento dell’interoperabilità, e il potenziamento delle capacità di resilienza in pace e in guerra. Il summit di Washington, in cui è stato accordato un ITPP con la Nuova Zelanda, l’unico dei quattro a non averne ancora uno, è stata un’occasione per discutere la connettività tra le sfere euro-atlantica e indo-pacifica. Con i partner, la NATO ha concordato 4 aree di cooperazione principali: il sostegno a Kyiv, la cyber difesa, la lotta alla disinformazione, e l’IA.
Fig. 2 – Il premier neozelandese Christopher Luxon, il Presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, il Presidente ucrano Volodymyr Zelensky e il premier giapponese Fumio Kishida durante una pausa del summit NATO di Washington, 10 luglio 2024
QUALE FUTURO PER LA NATO IN ASIA?
Un maggiore coinvolgimento NATO nel teatro indo-pacifico è oggetto di dibattito interno all’Alleanza da almeno 5 anni, quando “le ambizioni e le politiche cinesi” vennero per la prima volta menzionate in un comunicato ufficiale. Il dibattito verte principalmente su temi che riguardano la convenienza strategica e le capacità effettive, ai quali si aggiungono considerazioni strategiche di lungo termine ed elaborazioni politiche nazionali.
Una delle principali tesi a favore di un coinvolgimento NATO nell’Indo-Pacifico ruota attorno alla deterrenza. L’internazionalizzazione di alcuni dossier – leggasi Taiwan – tramite la creazione di una rete di partner e alleati impegnati alla difesa dello status quo, renderebbe più arduo un eventuale tentativo cinese di esercitare la forza nel suo progetto di riannessione. Tuttavia l’Alleanza continua a rimanere vaga nei propri impegni verso la difesa di Taipei. Un’ambiguità che sembra essere legata soprattutto alle volontà e alle capacità militari dei Paesi europei. Questi ultimi sembrano tutt’ora ricercare una posizione più moderata degli Stati Uniti, tanto che, solo negli ultimi quattro mesi, i capi di Stato e di Governo di Italia, Francia e Germania hanno condotto bilaterali con Xi Jinping, sottoscrivendo accordi di mutua cooperazione economica. A questo si aggiunge la condizione di fragilità della struttura di difesa europea, emersa con la guerra in Ucraina. Un ulteriore onere di sicurezza potrebbe rivelarsi estremamente difficile per gli europei, già alle prese con decenni di investimenti insufficienti in difesa.
A 75 anni dalla sua fondazione, la NATO si trova davanti all’ennesima impasse strategica. Sebbene la storica capacità di reinventarsi di fronte alle grandi sfide epocali lasci spazio all’ottimismo, è necessario sottolineare l’importanza di una riflessione profonda riguardo agli obiettivi e alle opportunità dell’Alleanza, pena la perdita di credibilità internazionale e il conseguente declino del Patto Atlantico stesso.
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