Approfittiamo dell’occasione per esprimere la nostra solidarietà a Jacques Sapir, il cui blog Russeurope, di cui avevamo frequentemente tradotto i post, è stato recentemente censurato da Hypothèses.

 

 
di Jacques Sapir, 1 ottobre 2017

 

Gli incidenti che hanno segnato la giornata del “referendum” sull’indipendenza della Catalogna sono di pessimo augurio. Non si può restare indifferenti e senza legittima rabbia a guardare manifestanti pacifici aggrediti dalle forze di polizia, che hanno causato decine di feriti. Non si può restare insensibili alla vista delle urne elettorali confiscate e gettate per terra da quegli stessi poliziotti. Questi incidenti non potranno far altro che radicalizzare ulteriormente la rivendicazione di indipendenza, e testimoniano la perdita di legittimità del governo di Madrid. Perché la Storia, e specialmente la Storia del 20° secolo, ha il suo peso nelle relazioni tra Madrid e Barcellona. Non possiamo fingere che non ci siano state la guerra civile o gli anni di repressione durante il Franchismo.

 

 

Dall’autonomismo all’indipendenza

 

Ci si può chiedere da dove venga questa rivendicazione di indipendenza. Infatti all’inizio degli anni 2000 i partigiani dell’indipendenza erano evidentemente minoritari. Oggi non è più così. Il 19 settembre avevo organizzato su Radio-Sputnik un dibattito tra Gracia Dorel Ferré, storica, esperta della Catalogna, e Jean-Jacques Kourliandsky, ricercatore sulle questioni iberiche (di America Latina e Spagna) [1] presso l’Istituto di Relazioni Internazionali e Strategiche (IRIS). Kourliandsky aveva insistito sul fatto che i ripetuti rifiuti da parte del governo centrale spagnolo di concedere alla Catalogna ciò che il Paese Basco, e l’intera regione della Valencia, avevano raggiunto, avrebbe portato a una radicalizzazione del sentimento autonomista e anche a un genuino desiderio di indipendenza. Ciò è stato dimostrato dalle grandiose manifestazioni delle ultime settimane, che hanno radunato oltre un milione di persone su una popolazione totale di 7,5 milioni (un po’ come se in Francia ci fosse una manifestazione di 9 milioni di persone).

 

La responsabilità del governo di Madrid è dunque pesante. Si tratta, per essere precisi, delle violenze perpetrate dalla polizia nella giornata di domenica 1° ottobre. Ma si tratta anche, e forse soprattutto, delle varie forme di rifiuto da parte di Madrid verso le richieste avanzate dalle autorità democraticamente elette a Barcellona. L’indipendenza della Catalogna, se ci sarà, sarà soprattutto il prodotto dell’atteggiamento franchista del governo Rajoy, come ha ben sottolineato Grace Dorel-Ferré. Potremo allora dire che saranno state la sua stupidità e la sua brutalità ad avere innescato il movimento indipendentista.

 

Il peso della Storia

 

La questione del regionalismo, e soprattutto del regionalismo catalano, ha attraversato la storia della Spagna moderna. Assieme alla parte industriale dei Paesi Baschi, la Catalogna rappresenta il punto di ingresso della modernità industriale in Spagna all’inizio del 19° secolo. La Catalogna è tuttora una delle regioni più ricche e dinamiche della Spagna, rappresenta circa il 20% del PIL spagnolo e, grazie alle esportazioni e allo sviluppo del settore turistico, sta assistendo a un dinamismo che è l’opposto della crisi vissuta da altre regioni spagnole. Ma, cosa più importante, i catalani ritengono di essere stati maltrattati dai governi spagnoli, e soprattutto dai governi franchisti.

 

Va ricordato che la questione dell’indipendenza catalana era già sorta alla vigilia della guerra civile [2]. Il presidente del distretto catalano, Lluis Companys, nel 1936 decise di restare all’interno dello Stato spagnolo, allora repubblicano, perché quest’ultimo aveva riconosciuto i diritti della Catalogna. Durante la guerra civile la Catalogna fu alla testa della resistenza contro il franchismo e i suoi alleati, cioè contro la Germania di Hitler (come ci ricorda la Legione Condor) e contro l’Italia di Mussolini. Esiliato in Francia dopo la sconfitta, Lluis Companys fu consegnato dalla Gestapo al regime franchista, che lo torturò e lo uccise nella fortezza di Montjuic il 15 ottobre 1940 [3]. La Catalogna pagò un prezzo tremendo per la sua opposizione al franchismo, e la sua ribellione fu repressa nel sangue.

 

Il riconoscimento delle specificità catalane fu tardivo e si ebbe solo con l’avvento della democrazia. Ma questo riconoscimento fu fragile. Il “partito popolare”, che dovrebbe rappresentare la cosiddetta destra “moderata”, e che ha al suo interno numerosi nostalgici del franchismo, non ha mai davvero accettato la specificità catalana. In generale la Spagna non ha il tipo di storia unitaria che è propria, ad esempio, della Francia. La Provenza, la Catalogna e i Paesi Baschi hanno tradizioni indipendentiste ben consolidate.

 

 

La costituzionalità, la legittimità e la sovranità

 

Il referendum del 1° ottobre solleva di conseguenza numerose questioni. La corte costituzionale spagnola lo ha dichiarato “illegale”. Ma questo significa solo che il governo di Madrid non ha l’obbligo di riconoscere il risultato che ne verrà. Ciò non giustifica affatto la dimensione e la brutalità della repressione che è stata messa in atto.

 

Al di là di questo si pone il problema della legittimità di questo referendum e del suo rapporto con la questione della sovranità popolare in Spagna. La sovranità dello Stato spagnolo deriva dal compromesso raggiunto durante il processo di democratizzazione che ha fatto seguito alla morte di Franco. I catalani hanno ragione a pensare che la cancellazione del loro statuto, avvenuto nel 2010, sia stata una misura che ha dato letteralmente fuoco alle polveri, rimettendo in discussione quel compromesso. Dopo che è avvenuto un tale scontro nello spazio politico, l’unica risposta possibile è l’elezione di un’assemblea costituente. Di sicuro non la repressione, che semmai può solo aggravare le cose. Il rifiuto di indire un’assemblea costituente, o quantomeno una commissione costituente, ha minato la legittimità del potere spagnolo. La violenza a cui abbiamo assistito durante questa giornata di domenica 1° ottobre lo ha demolito. Le immagini dei manifestanti pacifici attaccati e feriti faranno, e hanno già fatto, il giro del mondo.

 

La questione dell’indipendenza della Catalogna ha poco a che vedere con la legge costituzionale, arrivati a questo punto. È diventata soprattutto una questione politica, perché la sovranità è anche questo: il primato della politica sullo stato di diritto. Siamo ovviamente in una condizione di extremum necessitatis. Solo un’azione politica potrà risolvere la situazione attuale. Ovviamente non sarà possibile negare ancora a lungo ai catalani di tenere legittimamente quel referendum che essi chiedono, e che Madrid ha fatto di tutto per impedire. Solo il voto potrà decidere se i catalani vorranno continuare a condividere il proprio destino con il resto della Spagna oppure no. Ma ciò che è chiaro è che il comportamento avuto da Madrid ha reso più difficile raggiungere un compromesso accettabile.

 

La questione a cui ci troviamo di fronte oggi non è più, dunque, se sostenere l’idea di una Catalogna indipendente. La questione è quella di difendere il fondamento stesso della democrazia. E a difesa di quest’ultimo,in Catalogna è necessario un vero referendum, un referendum di cui tutti si impegnino a riconoscere l’esito. Questo è l’unico antidoto all’inizio di una nuova guerra civile. Che il governo francese non lo abbia ancora capito dimostra la degenerazione del senso civico del nostro Primo Ministro e del Presidente.

 

Riferimenti bibliografici

[1] https://fr.sputniknews.com/radio_sapir/201709191033122190-espagne-catalogne-independance/

[2] Alquézar, R., Esquerra Republicana de Catalunya: 70 anys d’història (1931-2001). Barcelona, Columna, 2002.

[3] Benet, J., Lluís Companys, presidente de Catalunya fusilado. Barcelona, Península, 2005

fonte: http://vocidallestero.it/2017/10/02/sapir-la-catalogna-insanguinata/