La speranza è l’ultima a morire. Vale per i migranti che ogni giorno tentano di attraversare il Mediterraneo in cerca di un porto sicuro ed europeo. Ma vale anche per l’Unione Europea, che oggi 1 febbraio 2018 inaugura l’“operazione Themis”, una missione di soccorso e monitoraggio pensata per combattere le migrazioni senza controllo e i crimini transfrontalieri, appunto nella speranza di armonizzare la gestione dei flussi migratori via mare.
La nuova operazione archivia e sostituisce l’esperienza in chiaroscuro di Triton, missione lanciata dall’Ue nel novembre 2014 che era subentrata a sua volta a Mare Nostrum, operazione condotta esclusivamente dall’Italia grazie all’impegno della Marina e dell’Aeronautica.
Themis propone teoricamente un modello più coerente con «le nuove rotte migratorie». Sono due, infatti, le nuove aree di pattugliamento da potenziare, per come sono state individuate da Frontex, l’Agenzia europea deputata al controllo delle frontiere: quella a est tra Turchia, Grecia e Albania; e quella a ovest tra Tunisia e Algeria.
Posto che le rotte mediterranee siano davvero cambiate dal 2014 a oggi, la nuova operazione, secondo quanto scrive Frontex, punta ad aumentare il pattugliamento marino ma anche a sviluppare polizia e intelligence. Soprattutto, intende «garantire il soccorso dei migranti in mare in maniera diffusa».
Visto che d’ora in avanti l’accoglienza verrà effettuata non più e non soltanto in Italia ma «nel porto più vicino», investendo finalmente di responsabilità tutti i protagonisti del Mediterraneo, in armonia con quanto sancito dalla convenzione di Amburgo, che finora era stata largamente disattesa. Il che significa che anche Grecia, Libia, Spagna o Malta dovranno aprire i loro porti per accogliere le persone soccorse in mare. Sinora, invece, l’Italia era rimasta schiava di una clausola secondo la quale tutti i migranti recuperati in mare dovevano essere trasportati nei porti del nostro paese e le navi dedite al soccorso avevano automaticamente l’autorizzazione a entrare nelle darsene.
Il giudizio del ministero dell’Interno
Commentando l’entrata in esercizio di Themis, il Ministero dell’Interno ha espresso soddisfazione per quello che si configura come «un esempio particolarmente significativo di effettiva solidarietà e cooperazione» tra Stati membri e agenzie europee. Il Viminale si dice convinto che la missione contribuirà «in maniera concreta» a fronteggiare l’immigrazione clandestina. Ma, soprattutto, servirà a contrastare le attività criminali e i tentativi dei terroristi di raggiungere l’Europa.
Ciò detto, prima di esultare è bene considerare alcuni aspetti poco soddisfacenti del nuovo corso. Uno su tutti: la linea di pattugliamento. Themis ha come limite tassativo le 24 miglia dalle coste italiane, il che è di fatto un arretramento rispetto a quanto visto in precedenza. Triton, infatti, aveva un raggio d’azione delle operazioni entro le 30 miglia dalla costa, mentre Mare Nostrum si spingeva in acque internazionali e fino alla costa libica per le operazioni di salvataggio. È previsto, però, un meccanismo di rivalutazione ogni tre mesi del limite delle 24 miglia, se i flussi migratori dovessero «subire un cambiamento» (sic!): in quel caso, potranno essere modificate sia l’area operativa sia le regole d’intervento.
Inoltre, Triton aveva ridotto a tre milioni di euro mensili il budget a disposizione, contro i nove messi in piedi dal solo governo italiano all’epoca di Mare Nostrum. Quanto al budget di Themis, ancora non si conosce con esattezza la cifra messa a disposizione.
I dati sulle migrazioni
Si conosce, invece, il risultato dei primi sei mesi del 2017, snocciolato dall’Agenzia Europea per il Sostegno all’Asilo (EASO) che inquadra i trend del fenomeno migratorio verso l’Europa. A quella data, le navi di Triton avevano compiuto appena l’11% dei salvataggi totali di migranti, contro il 34% effettuato dalle imbarcazioni di Ong, il 28% della guardia costiera italiana, il 9% della missione Sofia-EUNAVFOR Med (che si concentrava sulla tratta dei migranti dalla Libia) e il 7% dei piccoli mercantili. Il che ci racconta come ci sia una certa aleatorietà nel potersi dire certi dei successi dell’agenzia europea in materia di migrazioni.
Va detto, però, che il quadro è cambiato, non solo per l’eclissarsi della presenza di Ong, dopo gli scandali seguiti ai dubbi rapporti con le organizzazioni criminali libiche. Nel 2017, infatti, sono anche quasi dimezzate le richieste d’asilo rispetto all’anno precedente. Ue, Norvegia e Svizzera hanno ricevuto complessivamente 706.913 domande, cioè il 43% in meno del 2016. Si tratta del secondo anno consecutivo in cui si registrano dati in calo, dopo il flusso record del 2015. Frontex, perciò, ritiene che la nuova operazione congiunta Themis avrà sufficienti margini per coprire tutte le esigenze del caso.
Il calo degli arrivi, secondo i dati del Viminale al 31 gennaio 2018, indica che il trend prosegue nella direzione auspicata: dall’inizio dell’anno sono 4.081 gli arrivi totali, di cui 3.143 dalla Libia. Queste cifre corrispondono a un calo dell’8,6% rispetto al 2017 (-26% dalla Libia) e del 22,6% rispetto al 2016 (-40% dalla Libia).
L’intelligence e la sicurezza
Di positivo, c’è anche l’orizzonte investigativo che l’UE si è prefissata: «Frontex aiuterà l’Italia a rintracciare attività criminali, come il contrabbando di stupefacenti attraverso l’Adriatico» ha dichiarato l’amministratore delegato dell’agenzia, Fabrice Leggeri. E, almeno su questo, sembrano tutti concordi. Themis, infatti, includerà la raccolta d’intelligence e varie altre misure volte a individuare i combattenti stranieri e le minacce terroristiche alle frontiere esterne.
Perché, citando ancora Leggeri, «dobbiamo essere meglio equipaggiati per impedire che gruppi criminali che cercano di entrare nell’UE non vengano individuati». Il che, tradotto, significa che Frontex manterrà la propria presenza nei punti critici in Italia, con agenti schierati appositamente per assistere le autorità italiane nella registrazione dei migranti, provvedendo al rilevamento delle impronte digitali, alla fotosegnalazione e alla conferma delle loro generalità. Mentre i reparti d’intelligence di ogni paese coinvolto contribuiranno a intensificare rapporti e scambi informazioni, puntando anche allo sviluppo delle vie diplomatiche.
Tutto ciò mentre la Libia resta un’incognita su cui pesa la lotta armata tra fazioni che hanno ormai parcellizzato il potere lungo tutta la costa, mentre Roma ha avviato una discutibile missione militare in Niger al fine di tagliare la principale rotta migratoria, con grossi dubbi circa le modalità d’ingaggio, complici la scarsa trasparenza di rapporti col governo nigerino e con la stessa “mandante”, cioè la Francia di Macron.
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