Tripoli sotto attacco: si complicano le trattative tra Al Serraj e Haftar
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
Scontri nella capitale tra milizie del Governo di Accordo Nazionale e gruppi islamisti. Ansar Al Sharia annuncia lo scioglimento, ma la soluzione politica alla crisi resta lontana
Il 26 maggio, mentre gli imam dalle moschee annunciavano l’inizio del Ramadan, in diversi quartieri di Tripoli le forze armate del GNA sono state improvvisamente attaccate da milizie islamiste che hanno fatto uso di carri armati e di lanciarazzi. Negli scontri sono morti almeno 52 soldati governativi, 17 dei quali, secondo quanto riferito dall’emittente del Qatar Al Jazeera, sono stati fucilati dopo essersi arresi. Il portavoce del governo di Al Serraj ha accusato Khalifa Ghwell – capo del deposto Governo di Salvezza Nazionale che non ha mai riconosciuto la legittimità del GNA – di essere l’ispiratore degli attacchi condotti dalle milizie islamiste di Libya Dawn (Alba Libica), che si oppongono sia ad Al Serraj che all’esercito di Haftar.
L’operazione del 26 maggio, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, è stata annunciata con un post su Facebook pubblicato poche ore prima dell’offensiva dalla nuova sigla Libya Pride (“Orgoglio libico”, oltre 17.000 follower) nel quale si dichiarava: «Con Allah noi lanciamo ufficialmente l’operazione per la conquista di Tripoli Sud». Le operazioni militari sono andate avanti per tutto il week end e le forze del GNA hanno riconquistato alcuni degli isolati occupati dagli islamisti, tra cui l’edificio che ospita la prigione di Al Habda dove sono detenuti molti esponenti del regime di Gheddafi, tra i quali uno dei figli del deposto dittatore.
Gli scontri hanno interessato anche il centro della Capitale, dove è stato dato alle fiamme il palazzo degli uffici della compagnia petrolifera Mellitah Oil and Gas Company, nata da una joint venture tra l’italiana ENI e la libica NOC(National Oil Corporation).
L’inviato speciale dell’ONU in Libia Martin Kobler, principale artefice della costituzione del governo di Al Serraj, ha tentato di riportare la calma con un comunicato nel quale si condanna l’uso della violenza e si auspica che «la ragione torni a prevalere, in quanto gli obbiettivi politici non debbono essere perseguiti con l’uso della violenza». Una dichiarazione scontata che non riesce a nascondere l’imbarazzo delle Nazioni Unite che hanno puntato, insieme all’Italia, con tutto il loro peso politico e diplomatico sulla riuscita dell’“esperimento Al Serraj”. Un esperimento, però, finora fallito visto che il GNA viene preso di mira non solo dalle forze della Cirenaica di Haftar, ma anche nella sua capitale dagli islamisti di Ghwell.
(L’inviato speciale dell’ONU in Libia Martin Kobler)
I raid egiziani
A rendere ancora più precaria la situazione militare in Libia è la notizia dei bombardamenti effettuati il 27 maggio da jet egiziani contro campi di addestramento dei jihadisti libici situati nella parte orientale del paese. L’intervento militare del Cairo è stato lanciato in risposta alla strage di cristiani copti egiziani nell’attentato compiuto dall’ISIS il 26 maggio nella provincia egiziana di Minya in cui erano state uccise 29 persone.
(La strage di cristiani copti egiziani a Minya, 26 maggio 2017)
Lo scioglimento di Ansar Al Sharia
In questa situazione di caos politico e militare, il Libyan National Army del generale Haftar ha segnato un nuovo punto a suo favore. Il 27 maggio la componente libica della formazione Ansar Al Sharia, affiliata ad Al Qaeda, ha annunciato il suo scioglimento. La formazione, responsabile dell’assalto al consolato americano di Bengasi nel 2012 in cui venne ucciso l’ambasciatore americano in Libia Christopher Stevens, è stata decimata pesantemente negli scontri degli ultimi anni contro l’esercito di Haftar nella Libia orientale, con molti dei suoi miliziani confluiti nelle cellule libiche dello Stato Islamico. La sua inconsistenza militare ha spinto il gruppo jihadista a dichiarare la resa.
È indubbiamente un “problema” in meno per quelle forze che stanno tentando di raggiungere un accordo politico per porre fine alla crisi libica. Ma l’instabilità permanente in cui è risucchiata Tripoli, i combattimenti nel Fezzan e le tensioni lungo i confini con l’Egitto, consegnano a chi sta trattando un quadro della situazione per nulla promettente.
Trattative in salita
Dunque, chi pensava che dopo il vertice di Abu Dhabi del 2 maggio scorso tra Al Serraj e Haftar la situazione libica si avviasse verso la pacificazione, è stato deluso dagli eventi degli ultimi giorni. L’annuncio della costituzione, lo scorso 15 maggio, di un’apposita commissione di 15 membri allo scopo di studiare un percorso realista nella ricerca di una stabilizzazione politica interna, non ha frenato in alcun modo la lotta tra le fazioni rivali. Lotta che ha ripreso vigore proprio quando il ministro degli Esteri del GNA, Mohamed Siala, ha annunciato ad Algeri la disponibilità del governo di Al Serraj di nominare il generale Haftar comandante in capo di tutte le forze armate regolari libiche.
Il 18 maggio miliziani della 13° Brigata (ex Terza Forza), formazione militare di Misurata bene armata e formalmente sotto il controllo del GNA, hanno attaccato la base aerea di Brak Al Shati nel Fezzan occupata dalle forze del Libyan National Army, uccidendo oltre 140 persone, tra civili e miliziani di Haftar.
(Un’immagine satellitare della base di Brak Al Shati nel Fezzan)
Al Serraj ha tentato di prendere le distanze dall’iniziativa disponendo la sospensione dall’incarico del suo ministro della Difesa Mahdi Al Barghati (un nemico giurato di Haftar), e del comandante della 13° Brigata Jamal Al Treiki, ritenuti responsabili dell’attacco che di fatto ha riportato in alto mare le trattative per la risoluzione della crisi. Ma, come era prevedibile, la reazione di Haftar non si è fatta attendere. Attraverso il suo portavoce Ahmed Mismari, il generale ha promesso una «dura rappresaglia» per il massacro di Brak Al Shati, annunciando di fatto la rottura della tregua concordata il 2 maggio ad Abu Dhabi. Gli scontri delle ultime settimane dimostrano che in Libia, di fatto, non si è mai smesso di combattere.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-tripoli-combattimenti-ansar-al-sharia-scioglimento/
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