Cosa dicono di noi gli amici tedeschi
di PAOLO DI REMIGIO (FSI Teramo)
Il signor Fleischhauer unisce una disarmante ignoranza dei concetti economici elementari a un livore ingenuo per un popolo che egli conosce solo in cartolina. Debito pubblico e debito estero hanno in comune di essere entrambi debito, certo; mentre però il debito pubblico deve essere stabilizzato per mezzo della crescita economica, il debito estero nell’Eurozona deve essere combattuto con l’aumento delle esportazioni e la caduta delle importazioni, dunque con l’impoverimento indotto mediante soffocamento della crescita economica. All’interno della moneta unica europea, la diminuzione del debito estero comporta quindi l’aumento del debito pubblico – a prescindere dalle virtù e dai vizi nazionali. Nella mente del signor Fleischhauer debito pubblico e debito estero sono però debito e basta, cioè Schuld, colpa. Nulla indigna come la colpa altrui. Nulla distorce la visione sobria come l’indignazione. Così la disoccupazione disperata indotta dalla necessità di svalutare il lavoro in regime di cambio fisso per portare in equilibrio la bilancia dei pagamenti prende, nella mente del signor Fleischhauer, la forma del ‘dolce far niente’ dei milionari a Portofino. Così la richiesta di non considerare i titoli di debito pubblico già ripagati dalla BCE con l’emissione di moneta fiat diventa una bancarotta fraudolenta ai danni dei risparmiatori tedeschi. Così nella mente del signor Fleischhauer gli italiani diventano milionari bancarottieri e finiscono con il dare nuovo corpo a quell’archetipo disperso tra gli incubi della Seele germanica, l’archetipo del popolo parassita che succhia il sangue del popolo laborioso, a cui una ottantina di anni fa hanno dato corpo altri gruppi, prima che il problema che sembravano porre avesse una soluzione definitiva.
L’originale dell’articolo che traduciamo è al seguente indirizzo:
http://www.spiegel.de/politik/ausland/italien-die-schnorrer-von-rom-kolumne-a-1209266.html
Italia paese dei debiti. Gli scrocconi di Roma
Che nome dare a una nazione che prima apre la mano per farsi finanziare la sua bella vita da altri – e poi minaccia i suoi creditori se questi invocano la restituzione dei debiti?
Un editoriale di Jan Fleischhauer
24.05.2018
Editoriale
In un’intervista che il favoloso Sven Michaelsen ha ottenuto di recente da Rem Koolhaas, l’architetto parlava dei disastri combinati sulle montagne svizzere. Spuntano ovunque gli chalet dei ricchi designer milanesi. Non si riesce più a vedere qualcosa di originario. Non c’è più neanche puzza di letame perché non ci sono più vacche.
Questa frase mi ha fatto pensare alla ricchezza italiana mentre lunedì veniva presentato a Roma il futuro primo ministro. Il nuovo governo promette agli italiani il cielo in terra: poche tasse, pensione anticipata e un reddito di base per tutti. Secondo le prime stime le spese per le beneficenze assommerebbero dai 100 ai 125 miliardi di euro l’anno.
Un paese tutt’altro che povero
Poiché non poteva mettersi d’accordo su dove risparmiare, la coalizione ha deciso di passare il conto ai vicini. I partner europei devono annullare 250 miliardi di euro di debiti all’Italia – così è scritto sul testo originale del contratto di coalizione negoziato dai vertici di Lega e Cinque Stelle.
Nel frattempo l’annullamento del debito è migrato nella parte invisibile del contratto. Il presidente della repubblica italiano, che deve ancora benedire il tutto, pare non sia un amico degli accordi a danno di terzi. Ma non per questo, ovviamente, l’idea è fuori discussione. Basta attendere che l’inchiostro tra i documenti di nomina sia asciutto e tornerà alla luce.
L’Italia non è un paese povero. Il nord del paese appartiene alle regioni più ricche del mondo. Uno sguardo alla distribuzione del patrimonio mostra che gli italiani sono decisamente più ricchi perfino dei tedeschi. Secondo la London School of Economics una famiglia media italiana possiede 275.205 euro – che fanno 80.035 euro in più di una famiglia media tedesca. Oggettivamente l’Italia potrebbe ripagare i suoi debiti con le proprie forze, se il governo decidesse di coinvolgere seriamente i cittadini nel risanamento del bilancio statale. Si sarebbe già fatto un grande passo se gli italiani riuscissero a rinunciare alla loro morale fiscale lassista
L’accattone dice almeno grazie
Che nome dare all’atteggiamento di una nazione che prima apre la mano per farsi finanziare dagli altri il suo proverbiale dolce far niente – e poi minaccia di bastonare i creditori se questi insistono sulla restituzione del debito? Accattonaggio sarebbe un concetto sbagliato. L’accattone dice almeno grazie se gli si riempie il sacco. Scroccone violento coglie meglio il bersaglio.
Si va di fatto all’estorsione. O date soddisfazione alle nostre esigenze o mandiamo tutto a monte: questa è la minaccia inespressa dietro la decisione di annunciare la fine di tutte le regole sul debito per l’Italia. Rispetto all’Italia la Grecia era una bazzeccola. L’Italia è la terza economia dell’Eurozona, quasi un quarto dell’indebitamento complessivo dei paesi europei è sul conto dell’Italia. Se gli italiani decidono di non rispettare più i loro obblighi di pagamento, l’euro è finito e i tedeschi hanno perso tutto il denaro che hanno impegnato per salvarlo.
L’uomo che ha consegnato ai socialisti-nazionali romani l’arma con cui ora prendono di mira i vicini siede a Francoforte. Se si accorgono di non poter prendere nulla con i loro titoli di credito, i tedeschi dovrebbero ricordarsi di Mario Draghi che li ha scherniti come conigli quando ha svalutato le loro assicurazioni sulla vita e i loro risparmi.
L’esperimento di una politica post-nazionale
Si sarebbe fatto tutto il necessario per salvare l’euro, aveva promesso Draghi al culmine dell’euro-crisi: “Whatever it takes”. A Roma si sono ricordati della promessa. Il valore dei titoli di Stato italiani che attraverso le vie intricate del sistema monetario hanno trovato accesso alla cantina della Banca Centrale Europea ammonta a circa 390 miliardi. Ora alla BCE non resta altro che proseguire la sua politica, perché ogni aumento degli interessi spingerebbe lo Stato italiano nell’insolvenza.
Non ho nulla in contrario se la gente vive sopra le sue possibilità. Da parte mia in Italia possono continuare a praticare evasione fiscale come sport nazionale. Trovo però indecente che si carichino i costi delle decisioni politiche sugli stranieri che hanno tutt’altra idea della politica e, dove possono scegliere, votano anche in modo corrispondente. Non riesco ad accordarlo con la mia concezione di democrazia.
Ma forse bisogna intendere l’avventura italiana come un esperimento di politica post-nazionale. Nessuna nazione con un po’ di dignità chiede aiuto alle altre se può fare da sé. Chi vuole passare da scroccone? A quanto pare gli italiani hanno superato questa forma di orgoglio nazionale.
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