Dalla pianta all’insetto, la storia inusuale di un gene dirottato
di SCIENZA IN RETE (Paola Bonfante)
Un recente lavoro pubblicato su Cell dimostra per la prima volta il trasferimento genico da una pianta a un insetto: in particolare, la mosca bianca Bemisia tabaci, uno dei principali parassiti delle piante, ha acquisito il gene che le permette di codificare un enzima per detossificare i glicosidi fenolici, che la pianta produce proprio per difendersi dai parassiti. Ma la stessa strategia che la mosca impiega quindi per proteggersi dai glicosidi potrebbe in futuro permetterci di controllare gli insetti, per esempio inibendo il gene “rubato”.
Si sa: gli insetti sono tra gli organismi più di successo presenti sulla terra. Ci sono circa un milione di specie identificate, ma le stime parlano di circa dieci milioni di specie esistenti, con l’impressionante numero di 1,4 miliardi di insetti per ogni essere umano. Gli insetti hanno un duplice ruolo nei confronti delle piante: rappresentano da una parte la base dell’evoluzione delle angiosperme come impollinatori; dall’altro sono tra i patogeni più pericolosi e creano danni cospicui alle coltivazioni, con importanti perdite non solo economiche ma anche di impatto sul benessere della società, perché mettono in pericolo la disponibilità di cibo.
Un gruppo internazionale di ricercatori cinesi, americani, belgi e svizzeri in un lavoro pubblicato su Cell, aggiunge un’altra tessera alle strategie di attacco degli insetti. Gli autori dimostrano che un insetto patogeno polifago e molto diffuso nel mondo, la mosca bianca del tabacco Bemisia tabaci, deve il suo successo successo all’aver “sottratto” alla pianta ospite un gene che permette di detossificare dei glicosidi fenolici, molecole tossiche che appartengono al grande gruppo dei metaboliti secondari delle piante. Sono formate da un gruppo fenolico unito a uno zucchero, e la pianta le produce proprio per difendersi dal suo patogeno. In questo modo Bemisia tabaci può nutrirsi sulla pianta senza correre alcun pericolo.
Trasferimenti inaspettati e prospettive di applicazione
Il lavoro è interessante per molti motivi. Intanto si tratta del primo esempio di trasferimento orizzontale di un gene funzionante da una pianta a un insetto. I trasferimento genici tra procarioti sono numerosi e ben studiati, ma sono anche noti trasferimenti tra eucarioti: è il caso del trasferimento di geni fungini ad alcuni afidi che diventano rossi perchè imparano a codificare per la sintesi di carotenoidi. Ma il trasferimento di un gene funzionante da pianta a insetto non è mai stato segnalato: è davvero eccezionale.
Un altro motivo che rende importante questo studio è la sua ricaduta applicativa: questa piccola mosca bianca – più imparentata con gli afidi che con le mosche – è uno dei più pericolosi parassiti delle piante. Come molti afidi, si nutre della linfa zuccherina delle piante, espellendo nel contempo una sostanza appiccicosa e dolce, chiamata melata, che è un terreno fertile per le muffe, che si insediano velocemente. Inoltre, le mosche bianche sono anche vettori di virus fitopatogeni. Nel loro lavoro, Xia e colleghi dimostrano che se si inibisce l’espressione del gene di origine vegetale BtPMaT1, la mosca bianca del tabacco diventa molto più sensibile alle molecole tossiche naturalmente prodotte dalla pianta. La scoperta apre quindi la strada a nuove tecniche di controllo.
Dopo aver dimostrato che BtPMaT non era un contaminante di origine vegetale ma è inserito nel genoma dell’insetto, dove si esprime nell’intestino, e che origina effettivamente da un trasferimento orizzontale, i ricercatori hanno realizzato una serie di interessanti esperimenti funzionali, sia biochimici che genetici. Hanno dimostrato in primo luogo che l’enzima codificato dal gene “rubato” alle piante permette di trasferire un gruppo chimico sui glucosidi fenolici prodotti dalla pianta, rendendoli innocui. Il silenziamento del gene ha un effetto diretto sulla vitalità di B. tabaci: negli esperimenti in cui l’insetto così modificato era nutrito con i glicosidi fenolici, la mortalità saliva immediatamente. Inoltre, quando si permette alle mosche di attaccare una pianta di pomodoro nella quale è stata introdotta una molecola di RNA a doppio filamento in grado di arrestare l’espressione di BtPMaT, gli insetti muoiono nella maggior parte dei casi.
Domande aperte
Tuttavia la domanda a cui è veramente difficile rispondere è: come ha fatto B.tabaci a “rubare” il gene alla pianta? Alcuni commentatori su Nature suggeriscono che qualche virus abbia funzionato da trasportatore genetico. Anche il nome della pianta donatrice è sconosciuta, così come il momento del trasferimento.
È curioso pensare che la mosca abbia adottato la stessa strategia di difesa che la pianta ha sviluppato proprio per proteggersi dai patogeni, e che questa stessa strategia possa essere adottata da noi per controllare la mosca. Come scrivono gli autori, il meccanismo richiama all’aneddoto narrato da un autore cinese del terzo secolo prima di Cristo, Han Fei: “Attacca il tuo scudo con la tua lancia”.
Questa bella ricerca è anche un esempio straordinario di come lo studio dell’evoluzione e le attuali analisi filogenomiche possano da una parte aprire scenari del tutto nuovo (le piante come riserve genetiche per gli insetti) e dall’altra offrire nuove idee per capire i complicati meccanismi che sono alla base delle interazioni pianta-patogeni, siano essi funghi, batteri o insetti, permettendo di studiare nuove strategie di protezione delle colture.
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