Taiwan: linee rosse e ambiguità strategica
da LA CITTA’ FUTURA (Stefania Fusero)
Mentre continua la guerra per procura a guida Usa-Nato contro la Russia in Ucraina, ci apprestiamo ad aprire un nuovo fronte contro un’altra potenza nucleare, stavolta nel Sudest asiatico? Già la nostra stampa ha cominciato a comparare la situazione in Ucraina con la questione di Taiwan, quindi possiamo aspettarci che fra non molto il grande circo mediatico si sposti sui mari della Cina – la forma narrativa sarà con ogni probabilità analoga a quella a cui ci hanno ormai assuefatti.
Impareremo dunque a riconoscere una nuova gloriosa bandiera da inserire nel fronte dei Paesi democratici, quella di Taiwan? Questa è la parte facile, più difficile sarà capire che cosa sia Taiwan e perché sarà diventata per le democrazie occidentali una questione vitale. Saremo ancora una volta sommersi da una propaganda martellante incentrata sull’epica lotta di democrazia contro autocrazia, libertà contro tirannia, luce contro tenebra, bene contro male?
Brevi cenni storici
Innanzitutto va notato che Taiwan non è uno Stato indipendente, anzi non è nemmeno uno Stato secondo il diritto internazionale.
Dopo la sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, Taiwan tornò ad essere parte integrante della Cina e, di conseguenza, dopo la sconfitta del Kuomintang di Chiang Kai-shek, della Repubblica Popolare Cinese.
Il nome di Taiwan indica un’isola (+ alcuni altri isolotti) a circa 160 km dalla costa sudorientale della Cina, circondata dal Mar Cinese Orientale a nord, dal Mar delle Filippine a est, dallo Stretto di Luzon a sud e dal Mar Cinese Meridionale a Sud Ovest. Gli abitanti sono circa 23 milioni, la capitale è Taipei.
A partire dalla fine del XIII secolo gruppi di cinesi cominciarono ad arrivare dalla terraferma e a stabilirsi sull’isola, ma durante il Seicento Taiwan, a cui esploratori portoghesi avevano dato il nome di Formosa, divenne un polo di attrazione anche per l’Europa: gli olandesi ne colonizzarono la parte meridionale e gli spagnoli quella settentrionale.
Nel 1644 la dinastia Ming fu sconfitta dai Manciù, che fondarono la nuova dinastia Qing, che sarebbe stata l’ultima nella storia imperiale cinese. Il principe di Yanping, conosciuto in Occidente con il nome di Koxinga, non riconobbe l’autorità della nuova dinastia Qing e tentò di restaurare i Ming. Nel 1661 attraversò lo stretto, attaccò i coloni olandesi rivendicando l’isola di Taiwan come proprietà storica della Cina e pose fine alla colonizzazione olandese, durata quasi 40 anni. Taiwan divenne così una base militare da cui Koxinga e in seguito i suoi discendenti tentarono invano di restaurare la dinastia Ming. Dopo averli finalmente sconfitti nel 1683, i Qing integrarono Taiwan nel loro impero.
La Gran Bretagna sconfisse i Qing nella prima guerra dell’oppio nel 1842, inaugurando il cosiddetto “secolo dell’umiliazione” per la Cina, che divenne preda dell’avidità di diversi imperi. Al Giappone, ultimo nuovo arrivato nel club imperiale, la morente dinastia Qing fu costretta con il trattato di Shimonoseki del 1895 a cedere l’isola di Taiwan, che rimase colonia giapponese fino al 25 ottobre 1945, quando il governo della Cina, divenuta una repubblica, riprese finalmente possesso di Taiwan e dell’arcipelago Penghu, riassumendo la piena legittima sovranità.
La vittoria sui giapponesi, però, non significò la fine delle ostilità militari in Cina, dove dal 1927 continuava ad intermittenza la guerra civile fra il Partito Comunista guidato da Mao Zedong e il Kuomintang (Kmt) di Chiang Kai-shek.
La guerra civile si risolse nel 1949 con la vittoria dei comunisti e la sconfitta di Chiang Kai-shek, che proprio come aveva fatto Koxinga qualche secolo prima, abbandonò la terraferma e occupò Taiwan, in cui il suo regime assunse la denominazione di Roc (Repubblica della Cina), lo stesso nome usato dall’entità statale nata dopo la caduta dell’impero Qing nel 1912.
Questa è l’origine della cosiddetta “questione di Taiwan”.
Un’unica Cina o due Cine?
Da parte sua, il giorno stesso della sua fondazione, primo ottobre 1949, il governo della Repubblica Popolare Cinese (Rpc) annunciò al mondo di essere“… l’unico governo legittimo che rappresenta l’intero popolo della Repubblica Popolare Cinese”. Alle Nazioni Unite dichiarò che le autorità del Kmt avevano “perso ogni base, sia de jure sia de facto, per rappresentare il popolo cinese” e quindi non avevano alcun diritto di rappresentare la Cina. Dalla fondazione della Rpc condizione sine qua non per qualsiasi Paese che voglia avere relazioni con la Rpc è che riconosca quello della Rpv come l’unico governo legittimo dell’intera Cina ed interrompa o si astenga dallo stabilire relazioni diplomatiche con le autorità di Taiwan.
Almeno su questo Mao Zedong e Chiang Kai-shek si trovavano d’accordo: la Cina è una sola e ha un unico governo legittimo, che ovviamente per la Rpc è quello di Pechino e per il Kmt quello di Taipei.
Gli Usa, che durante la guerra civile avevano puntato tutte le loro carte sul Kmt, sostenendolo militarmente ed economicamente contro il partito comunista, non si rassegnarono alla vittoria di questo e continuarono ad elargire generosi aiuti al Kmt.
Dopo l’inizio della guerra di Corea nel giugno 1950 il governo statunitense non soltanto inviò truppe a Taiwan, che il generale Mac Arthur aveva definito “portaerei inaffondabile”, ma prese addirittura in considerazione l’eventualità di usare armi nucleari contro la Rpc.
Dal punto di vista diplomatico, intanto, gli Usa misero in discussione lo status di Taiwan e fecero pressioni sulla comunità internazionale perché riconoscesse due Cine separate, mentre il governo della Rpc, per salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale della nazione, sostenne sempre il principio di un’unica Cina: esiste una sola Cina al mondo, Taiwan ne è parte integrante e il governo della Rpc è l’unico governo legittimato a rappresentare l’intera Cina.
Tale principio fu gradualmente accettato dalla comunità internazionale, finché il 25 ottobre 1971 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la Risoluzione 2758, che espulse i rappresentanti del regime di Taiwan e attribuì il seggio alle Nazioni Unite al governo della Rpc.
L’anno dopo, nel febbraio 1972, la storica visita del presidente Nixon in Cina portò alla totale revisione della posizione ufficiale degli Usa nei confronti di Taiwan. Con il celebre comunicato di Shanghai, seguito da altri due nel 1979 e 1982, definiti in seguito “i tre comunicati congiunti”, gli Usa rinunciavano alla dottrina delle due Cine, riconoscevano l’indivisibilità della Cina, affermavano che Taiwan è una provincia della Cina e che la liberazione di Taiwan è un affare interno della Cina; si impegnavano inoltre a ritirare tutte le forze militari Usa di stanza a Taiwan.
Happy ending per la questione Taiwan, dunque? Purtroppo no, come dimostrano le tensioni che oggi, mentre ancora si combatte in Ucraina, si stanno intensificando intorno ai Mari della Cina.
Il principio di un’unica Cina e la cosiddetta ambiguità strategica degli Usa
Se dal momento stesso della sua fondazione nel 1949 la posizione della Rpc su Taiwan è rimasta inequivocabile e costante nel tempo, quella degli Usa si è configurata invece in termini di “ambiguità strategica”.
Già nel 1979 il governo cinese di Deng Xiaoping enunciava la politica della “riunificazione pacifica e un Paese, due sistemi”: la Cina si impegna per ottenere una riunificazione pacifica, ma non esclude l’uso della forza se si dovessero oltrepassare certe linee rosse, se ad esempio Taiwan cessasse di riconoscere il principio che la Cina è una ed indivisibile e/o proclamasse l’indipendenza dalla Rpc oppure venisse occupata da Paesi terzi.
La Rpc vuole raggiungere la riunificazione attraverso negoziati pacifici ed è disponibile a negoziare qualsiasi questione tranne il principio inderogabile della Cina unica. Dopo la riunificazione, verrà praticata la politica di “un paese, due sistemi”: la Cina continentale continuerà con il suo sistema socialista e Taiwan manterrà il suo sistema capitalista per un lungo periodo a venire. Dopo la riunificazione, Taiwan godrà di un elevato grado di autonomia e il governo centrale non invierà truppe o personale amministrativo da stazionare a Taiwan.
Gli scambi economici e culturali e i contatti interpersonali tra le due sponde dello Stretto di Taiwan hanno compiuto rapidi progressi dalla fine del 1987, ed i dati economici dimostrano che le importazioni dalla Rpc e le esportazioni verso la Rpc superano di gran lunga quelle con tutti gli altri Paesi. Nonostante questi dati, l’attuale partito di maggioranza a Taipei, il Ppd (Partito Progressista Democratico) guidato da Tsai Ing-wen, ha aumentato le spese militari, si è avvicinato sempre di più agli Usa e ha accentuato l’ostilità del suo governo verso la Rpc.
Nonostante i principi solennemente enunciati nei tre comunicati fra il 1972 e il 1982, gli Usa ne hanno nei fatti spesso contraddetto lo spirito e la lettera, adottando una posizione rispetto a Taiwan che pudicamente definiscono di “ambiguità strategica”, che non favorisce certo un clima di fiducia e distensione fra Usa e Rpc.
Potremmo dare molti esempi per illustrare l’ambigua politica Usa su Taipei, quali l’aumento della vendita di armi all’isola, le dichiarazioni incendiarie di membri del Congresso in visita ufficiale a quella che ufficialmente gli Usa non riconoscono come nazione, oltre al fatto rivelato lo scorso ottobre 2021 dal Washington Street Journal che almeno da un anno sul suolo di Taiwan si trovavano consiglieri militari Usa, tutto ovviamente in flagrante violazione degli accordi presi con i tre comunicati.
Che dire poi di una legge del 2002 che: “… Taiwan sarà trattata come se fosse stata designata un importante alleato non Nato (come definito nel … Foreign Assistance Act del 1961…)”?
Meglio andare direttamente a fonti ufficiali statunitensi per capire meglio come intendere la loro politica di “ambiguità strategica”. Credo che nulla sia più istruttivo della lettura della scheda informativa di Taiwan sul sito ufficiale del Dipartimento di Stato statunitense, o meglio delle diverse schede apparse fra il 2019 e pochi giorni fa. Per facilitare il confronto a chi le volesse esaminare in dettaglio, ho preparato una scheda con le tre versioni in ordine cronologico evidenziandone le parti più significative (vedi).
8 giugno 2019: la scheda esordisce proprio con il comunicato del 1979 che riconosce la Rpc come unico governo legittimo di un’unica Cina. Dichiara che gli Usa non sostengono l’indipendenza di Taiwan.
8 maggio 2022: colpo di scena! La scheda è impostata in modo totalmente diverso: esordisce dicendo che Taiwan è un partner chiave degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico e che Stati Uniti e Taiwan condividono gli stessi valori. La politica degli Stati Uniti è guidata dal Taiwan Relations Act, dai tre comunicati congiunti Usa-Cina e dalle Sei Rassicurazioni (in quest’ordine).
Al governo della Rpc non sfugge che dalla scheda è totalmente scomparsa la frase chiave: gli Usa non sostengono l’indipendenza di Taiwan. Sono comparse in compenso le cosiddette Sei Rassicurazioni!
Per capire il motivo della ferma e tempestiva reazione del governo cinese a queste modifiche dobbiamo dire almeno due parole sul Taiwan Relations Act e sulle Sei Rassicurazioni. Il Taiwan Relations Act è una legge ispirata dalla lobby pro-Taiwan approvata dal Congresso nel 1979, per controbilanciare gli effetti del riconoscimente da parte del governo Usa della Rpc: “per fornire a Taiwan armi di carattere difensivo” e “per mantenere la capacità degli Stati Uniti di resistere a qualsiasi ricorso alla forza o ad altre forme di coercizione che metterebbero a repentaglio la sicurezza, o il sistema sociale o economico del popolo di Taiwan”.
Il termine “Sei Rassicurazioni” si riferisce invece a sei rassicurazioni in materia di sicurezza dell’era Reagan fornite unilateralmente a Taiwan nel 1982 ma non formalmente rese pubbliche, che gli Stati Uniti hanno declassificato nel 2020. Fra queste: gli Stati Uniti non hanno fissato una data per la fine delle vendite di armi a Taiwan, né sono tenuti a consultazioni preventive con Pechino su tali vendite, né a rivedere il Taiwan Relations Act.
28 maggio 2022: alla chetichella la scheda è stata nuovamente modificata ed è ricomparsa la dichiarazione che gli Usa non sostengono l’indipendenza di Taiwan.
Giocare con i Comunicati Congiunti e leggi e disposizioni che regolano unilateralmente, in modo più o meno manifesto, i rapporti fra Cina e Usa, insistendo ora su gli uni ora sulle altre, è già di per sé sufficiente per trasmettere al mondo messaggi totalmente diversi e francamente destabilizzanti.
Che fa la Cina nel frattempo? La sua politica resta coerentemente la stessa, preparare una riunificazione graduale e pacifica, ma intanto si prepara al peggio. Taiwan, infatti, per la Repubblica Popolare Cinese non è una pedina da utilizzare per destabilizzare paesi distanti migliaia di km dal proprio territorio nazionale, ma “… fa parte del territorio sacro della Repubblica popolare cinese. È dovere inviolabile di tutto il popolo cinese, compresi i nostri connazionali a Taiwan, compiere il grande compito di riunificare la madrepatria.”(dal Preambolo della Costituzione della Rpc)
Fonti:
https://en.wikisource.org/wiki/Shanghai_Communiqu%C3%A9
https://en.wikisource.org/wiki/Joint_Communiqu%C3%A9_on_the_Establishment_of_Diplomatic_Relations
https://en.wikisource.org/wiki/US%E2%80%93PRC_Joint_Communique,_August_17,_1982
https://web.archive.org/web/20190608140339/https://www.state.gov/u-s-relations-with-taiwan/
https://www.state.gov/u-s-relations-with-taiwan/
https://oec.world/en/profile/country/twn#Profile
https://www.mfa.gov.cn/ce/celt/eng/zt/zgtw/t125229.htm
https://uscode.house.gov/view.xhtml?req=(title:22%20section:2321k%20edition:prelim)
http://www.npc.gov.cn/englishnpc/constitution2019/201911/1f65146fb6104dd3a2793875d19b5b29.shtml
FONTE: https://www.lacittafutura.it/esteri/taiwan-linee-rosse-e-ambiguit%c3%a0-strategica
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