L’operazione militare speciale della Russia potrebbe presto trasformarsi in una difesa dei propri confini
di MARX 21 (Andrew Korybko)
da https://korybko.substack.com
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Dopo la battuta d’arresto della Russia nella regione di Kharkov, si è ipotizzato che Mosca possa cambiare la natura della sua operazione militare speciale in Ucraina in qualcosa di più robusto, cosa che potrebbe accadere già la prossima settimana. Dopo il completamento dei referendum previsti nelle aree liberate delle ex regioni sovietiche di Donetsk, Kherson, Lugansk e Zaporozhye sull’adesione alla Federazione Russa, queste potrebbero essere considerate dal Cremlino come proprio territorio sovrano. In tal caso, l’operazione speciale si trasformerebbe in una difesa dei propri confini.
Questo cambierebbe qualitativamente il modo in cui viene combattuta la campagna delle Forze Armate russe, poiché le sue truppe non avrebbero più una mano legata dietro la schiena per ibride ragioni politico-umanitarie, come è avvenuto finora durante la conduzione dell’operazione speciale in Ucraina. Come lo stesso Presidente Putin ha annunciato mercoledì durante il suo discorso televisivo al popolo russo, saranno impiegati tutti i mezzi per difendere l’integrità territoriale del Paese. Ciò suggerisce che non imporrà più alle sue forze di esercitare l’autocontrollo, poiché la continuazione dell’esistenza della Russia sarà la loro unica priorità.
Il conflitto ucraino si trasformerebbe quindi in un vero e proprio conflitto internazionale, non solo tra Russia e Ucraina, ma anche tra la Russia e gli alleati NATO di Kiev. A dire il vero, ha già raggiunto questa fase molto prima dell’operazione speciale, ma ciò che si intende con questa osservazione è che le regole di ingaggio sarebbero completamente cambiate. Questo non significa che la Russia utilizzerebbe il suo diritto all’autodifesa sancito dall’ONU per colpire obiettivi negli Stati della NATO, rischiando così di scatenare la Terza Guerra Mondiale, ma solo che probabilmente farà di tutto per schiacciare i proxy ucraini.
Nel peggiore dei casi, questo potrebbe anche includere l’uso di armi nucleari tattiche, in conformità con la sua dottrina, per difendersi da “un attacco convenzionale che minacci l’esistenza” della Russia come Stato sovrano, come ultima risorsa assoluta se la NATO spingesse Kiev a lanciare un attacco convenzionale schiacciante contro i nuovi confini internazionali del Paese, nel caso in cui i cittadini di queste quattro ex regioni ucraine decidessero di unirsi alla Russia. Per non essere fraintesi e per evitare che la frase precedente venga maliziosamente distorta dalle forze dell’intelligence, Mosca non vorrebbe farlo a meno che non sia letteralmente costretta, ma tutte le opzioni rimangono sul tavolo.
Dopo tutto, l’improvvisa trasformazione dell’operazione speciale in una difesa dei propri confini trasformerebbe anche le regole di ingaggio. Una battuta d’arresto come quella recente nella regione di Kharkov non potrebbe mai essere permessa, poiché sarebbe considerata dal Cremlino come un attacco convenzionale schiacciante nel profondo del territorio della stessa Federazione Russa, che minaccia la sua integrità territoriale e quindi l’esistenza stessa di questa potenza mondiale. È comprensibile che come ultima risorsa in questo scenario le armi nucleari tattiche possano essere usate per autodifesa.
Tuttavia, non potrebbero essere utilizzate se l’operazione speciale dovesse rimanere in vigore. Il motivo per cui potrebbe trasformarsi in una difesa dei confini della Russia sarebbe una reazione diretta alla mosse degli Stati Uniti attraverso il loro proxy ucraino. Se Washington non avesse mobilitato la NATO per rifornire le forze di Kiev e aiutarla a pianificare la spinta di questo mese nella regione di Kharkov, allora le rimanenti aree liberate dell’ex Repubblica Sovietica probabilmente non avrebbero dato priorità all’indizione di referendum per unirsi alla Russia il prima possibile, al fine di proteggere la loro popolazione dalla punizione del regime fascista.
Considerando questa sequenza di eventi, si può quindi concludere che la responsabilità della de-escalation del conflitto ucraino spetta agli Stati Uniti e non alla Russia, poiché i primi controllano le dinamiche che hanno portato la seconda a reagire nel modo più ragionevole e prevedibile. Non è realistico aspettarsi che la Russia ignori la volontà democratica della popolazione di queste quattro ex-regioni ucraine, il che a sua volta rende irrealistico aspettarsi che la Russia non difenda le sue nuove frontiere al momento della loro incorporazione nel Paese come repubbliche autonome come nel precedente della Crimea.
Gli Stati Uniti possono riconoscere de facto questa realtà geopolitica emergente, proprio come hanno fatto ufficiosamente quando si è trattato della riunificazione democratica della Crimea con la Russia, oppure possono scegliere di ripetere lo scenario del Donbass, spingendo Kiev a reclamare militarmente i suoi ex territori, anche se questa volta vorrebbe dire provocare un grande conflitto internazionale, dato che l’obiettivo sarebbe considerato dal Cremlino come territorio russo. Il Presidente Putin ha già promesso che sarà impiegato ogni mezzo per difendere l’integrità territoriale del suo Paese, quindi lo scenario del Donbass può essere giustamente descritto come lo scenario apocalittico per Kiev.
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