Come evitare la catastrofe?
di L’INTERFERENZA (Fabrizio Marchi)
Il sabotaggio del gasdotto North Stream 1 è un atto di guerra aperta alla Federazione Russa. Che poi vogliano farci credere che a sabotarlo siano stati i russi fa parte del bagaglio di imbecillità che il sistema mediatico – che ci considera tutti come dei poveri bambini ritardati – ci riversa addosso senza soluzione di continuità.
Il tutto nello stesso momento in cui la Russia sta annettendo le repubbliche e i territori russi e russofoni del Donbass, con tutto ciò che questo comporta, anche sul piano militare. Perché a quel punto attaccare o bombardare quei territori significa attaccare automaticamente quello russo.
Ho l’impressione che ancora molte persone, direi la maggior parte, non abbiano ancora piena consapevolezza della gravità della situazione, cioè del fatto che siamo già nella terza guerra mondiale, anche se non formalmente dichiarata. Forse perché viene ancora vista e vissuta come qualcosa di lontano dalla nostra realtà quotidiana. E questo è molto preoccupante. Perché se c’è una possibilità di fermare l’escalation, questa sarà solo nella mobilitazione di larghe masse contro la guerra. Non c’è alternativa, e lo dico senza nessuna retorica.
Naturalmente questa mobilitazione non potrà limitarsi a generiche e innocue marce per la pace, magari con le bandiere arcobaleno che sventolano insieme a quelle ucraine. Quelle che ci sono state nei mesi scorsi infatti – peraltro assai scarse anche come partecipazione e promosse dai partiti di governo – non erano manifestazioni pacifiste ma sfilate pro NATO e antirusse.
E’ fondamentale invece che nasca una piena consapevolezza di quanto sta accadendo, e cioè che la guerra in corso non è da addebitare alla mente perversa di un dittatore affetto da manie di grandezza, ma è la necessaria conseguenza del processo storico in corso dagli ultimi trent’anni e più, a partire dal crollo dell’URSS e del muro di Berlino. La guerra in corso è una guerra imperialista, inevitabile conseguenza delle contraddizioni strutturali del sistema capitalista che necessariamente non possono che trovare sbocco nella guerra.
Diversi sono stati i conflitti dal crollo del blocco sovietico ad oggi, e tutti a senso unico, cioè a guida USA e NATO contro stati sovrani; Serbia, Iraq, Libia, Afghanistan, Siria. Queste guerre – diciamola meglio, queste aggressioni imperialiste – sono avvenute in una fase in cui gli Stati Uniti erano ancora egemoni o comunque erano ancora certi di avere l’egemonia sul mondo. Ma la situazione, nel tempo, si è modificata profondamente. Mentre da una parte gli USA proseguivano nella loro strategia di destabilizzazione e di guerra permanente, dall’altra la Russia e soprattutto la Cina continuavano a crescere, a diventare sempre più potenti e ampliando (soprattutto la Cina) la loro sfera di influenza. Pensiamo ai paesi cosiddetti BRICS ma anche a tanti altri che sempre più hanno cominciato a vedere in questi ultimi e nella Cina i loro principali interlocutori, soprattutto dal punto di vista economico e commerciale.
Quindi, come vediamo, siamo di fronte a due processi che hanno marciato in modo relativamente parallelo (con conflitti locali in questo o in quel quadrante geopolitico) per un certo periodo e che alla fine non potevano che scontrarsi.
La vulgata mediatica non può e non vuole spiegarci questi processi nella loro complessità e oggettività e deve naturalmente raccontarci di un paese semi barbaro guidato da un criminale (il giudizio sul regime russo e su Putin obbligherebbe ad un’analisi altrettanto complessa) che ha deciso di attaccare il mondo libero.
Il nostro compito, armati di tanta pazienza, è quello di cercare di spiegare quella complessità, semplificarla quanto più possibile, al fine di creare quel grande movimento di massa contro la guerra, il solo che potrà salvarci dalla tragedia.
Fonte: http://www.linterferenza.info/editoriali/evitare-la-catastrofe/
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