Tutti ne parlano e ancor di più tanti ne sparlano ma del PNRR, a circa due anni dal suo avvio, si ha una unica, inossidabile certezza: il 30 giugno 2026 scade, forse! Cosa stia succedendo sul fronte del monitoraggio dei dati è impresa assai ardua da delineare e, sebbene l’impegno degli ultimi tre Governi sia importante su questo fronte, l’evidenza è che i buchi informativi siano tanti e tali che quello che si riesce a tratteggiare oggi è la brutta copia di un Mondrian, in cui primeggiano le parti in bianco e le linee nere – disegnate da Regis, ANAC, Opencup, OpenBdap, Siope – non consentono di chiudere un solo rettangolo, perché più si va avanti negli incroci e più si assottigliano di spessore.
Chi sta facendo cosa e a che punto siamo è il desiderio proibito di buona parte degli addetti ai lavori ma altresì di chi deve dare seguito alle politiche pubbliche che stanno dietro il complesso disegno del PNRR. È praticamente impossibile avere un quadro certo per tutti i soggetti attuatori e beneficiari ma, almeno per i comuni (e sostanzialmente solo per loro), si può procedere per caparbietà e fede come per il cammino di Santiago. E così, secondo i dati al 13 giugno 2023 pubblicati su Italia Domani, il portale del Governo italiano dedicato al monitoraggio del PNRR, si conterebbero nel nostro Paese 197mila progetti PNRR del valore di 105,7 miliardi di euro (al netto di cofinanziamenti).
Al comparto dei comuni, infatti, composto da amministrazioni comunali, unioni di comuni, comunità montane e città metropolitane, con riferimento alle assegnazioni PNRR tratte da decreti e graduatorie pubblicati dalle amministrazioni titolari alla data del 31 maggio 2023, sono assegnati 36,3 miliardi di euro[1], il 91% della dotazione finanziaria prevista per tali enti, che è pari a 40 miliardi complessivi (Figura 1). A tutti gli altri soggetti beneficiari sono stati assegnati 69,4 miliardi di euro, il 46% della dotazione finanziaria prevista.
Figura 1 Incidenza percentuale delle assegnazioni PNRR sulle dotazioni finanziarie previste, giugno 2023
*Amministrazioni comunali insieme ad unioni di comuni, comunità montane e città metropolitane.
Fonte: elaborazione IFEL-Fondazione ANCI su Italia Domani e decreti e graduatorie PNRR pubblicati dalle Amministrazioni Titolari, 2023
Attenzione, stiamo solo dicendo che sulle spalle dei comuni stanno poco più del 20% dei 191,5 miliardi delle risorse PNRR ma fanno tanto rumore. Di qui la grande attenzione; e dell’altro 80% che sappiamo? Poco o nulla; qui, per rimanere in tema, ci troviamo di fronte ad un’imitazione da marché aux puces di un Kandinsky prima maniera. Una narrazione di una progettualità che dalla tavolozza viene spiaccicata direttamente sulla tela (Terza Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) con una scarsa struttura ontologica e un lessico operativo, quando si riferisce ai grandi interventi, incerto e stocastico.
Continuiamo allora a guardare in casa dei comuni. Analizzando la distribuzione a livello territoriale e per Missione dei 36,3 miliardi di euro di assegnazioni al comparto comuni è interessante notare innanzitutto come il 44,9%, ossia 16,3 miliardi di euro, sia destinato al Mezzogiorno. Tale dato testimonia nel comparto comunale il rispetto della “clausola 40%”, che consiste nella destinazione territoriale specifica alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40% delle risorse del Piano. Lato Missioni, invece, l’indirizzo principale delle risorse del comparto comuni riguarda la rivoluzione verde e la transizione energetica (40%), seguita dalla coesione e l’inclusione (31%). La Missione 4 per istruzione e ricerca concentra un quinto delle assegnazioni per i comuni ed infine la Missione 1 per la digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e la cultura il 9%.
I comuni sembrano giocare a rubamazzo portando a casa quasi per intero le risorse assegnate e avviando, con inusitata celerità, anche le procedure di pubblicazione dei bandi di cui sono committenti per realizzare le opere previste dal Piano. E in effetti, le amministrazioni comunali hanno bandito gare PNRR/PNC con un trend sempre in crescita: basti pensare che nel primo semestre 2023 il numero di gare bandite dai comuni è più che raddoppiato, passando da circa 24mila di gennaio 2023 a circa 52mila di metà giugno 2023 (Figura 2).
Figura 2 Le gare PNRR/PNC bandite da comuni committenti (cumulata), gennaio 2023-15 giugno 2023
Fonte: elaborazione IFEL-Fondazione ANCI su dati ANAC, 2023
Di fatto, secondo i dati ANAC, le gare bandite con risorse PNRR e/o PNC da luglio 2022 fino a metà giugno 2023 sono circa 102mila, di cui il 51%, ossia le suddette 52mila, a titolarità comunale (Figura 3). I comuni appaiono come la prima categoria di committenti per numero di gare bandite PNRR/PNC, seguiti da società/aziende/consorzi e scuole/università/enti di ricerca, a quota 16mila e 14mila gare rispettivamente.
Figura 3 Le gare PNRR/PNC bandite, composizione % per soggetti committenti, luglio 2022-15 giugno 2023
Fonte: elaborazione IFEL-Fondazione ANCI su dati ANAC, 2023
Qual è il segreto di questa crescente celerità nell’impegnare e pubblicare i bandi? Probabilmente la principale critica che viene mossa in questo momento un po’ a tutto il mondo PNRR: la microprogettualità. Quella microprogettualità che ha già caratterizzato gli ultimi due cicli di programmazione dei Fondi strutturali della politica di coesione e che, sebbene non sembra abbia generato una riduzione dei divari territoriali, almeno – in assenza di risorse ordinarie – non li ha ulteriormente acuiti. Viene da chiedersi se veramente qualcuno pensava che il PNRR, da solo, avrebbe dovuto sostenere una crescita strutturale del Paese dopo oltre tre lustri di tagli alla spesa pubblica? Anni durante i quali il solo pensare di alimentare un’economia della manutenzione dei beni pubblici ti faceva risucchiare nell’imbuto cosmico del patto di stabilità anche se presentavi avanzi di cassa.
Il PNRR sta facendo il suo recondito lavoro: era ed è una iniezione di fiducia verso il sistema economico; una sorta di neo-monetarismo in salsa europea. Un intervento anticiclico per comunicare a tutti, in un momento di fortissima crisi economica mondiale dovuta alla pandemia prima e alla guerra russo-ucraina dopo, che i soldi ci sono e ci saranno. Si tratta, però, prevalentemente di spesa in conto capitale a cui quasi nessuno sta pensando come fare per sostenere poi gli interventi finanziati in termini di spesa corrente, tranne qualche inguaribile ottimista che si appella a strumenti di ingegneria finanziaria o di partenariato pubblico locale. Spesa che soprattutto le amministrazioni comunali sembrano stiano utilizzando per finanziare quegli interventi di ordinarietà che, sebbene inseriti nei vari piani triennali delle opere pubbliche, giacevano lì da decenni per mancanza di fondi. Non deve sorprendere allora se nella progettualità PNRR, nonostante i roboanti proclami di transizioni epocali – digitale, tecnologica, amministrativa – i titoli della stragrande maggioranza degli interventi banditi appaiono paleolitici. Del resto, la stagione delle grandi opere, per lo più incompiute, mal si sposa con i tempi di scadenza delle opere PNRR. Le prime hanno una scadenza temporale da “quota cento”; le seconde hanno i tempi di scadenza di uno yogurt.
*Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza
[1] Per consultare i dati relativi alle assegnazioni al 31 maggio 2023 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a comuni, città metropolitane, unioni di comuni e comunità montane: https://easy.fondazioneifel.it/ifel-easy/apps/pnrrincomune
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