Ci sono almeno due domande cruciali che si pone chiunque si avvicini all’economia. Cosa può spiegare una teoria se le sue ipotesi si verificano raramente nella realtà? Un modello “semplice” non rischia di ignorare la complessità del reale? A queste domande cerca una risposta “L’economia nuova”, libro di Steve Keen da poco pubblicato in Italia.
Avete presente l’immagine fantasiosa dell’elicottero che lancia denaro dal cielo? Se avete studiato economia, sicuramente vi sarà stata proposta durante una delle vostre lezioni, o potresti averla incontrata prima o poi nelle vostre letture. Di solito si usa questo celebre esempio di Milton Friedman (la helicopter money) per spiegare gli effetti che un’iniezione di liquidità improvvisa può avere nell’economia.
Ma ci sono varie questioni che l’immagine della helicopter money ignora del tutto. Ad esempio: quale ruolo hanno i soldi già presenti nell’economia? Che validità ha la valuta? Qual è la funzione dell’autorità emittente?Generalmente non si approfondiscono molto tali questioni. Semplicemente, si prendono come date alcune assunzioni volte a semplificare il modello e “spiegare” più chiaramente il concetto a cui si vuole arrivare. Così, si finisce per fare propria una visione limitata della moneta. D’altronde, il ruolo della moneta è molto spesso ignorato nell’economia neoclassica, che nei modelli la considera quasi solo come un mezzo per facilitare gli scambi, e nient’altro.
Ciò non accade solo con il famigerato esempio della helicopter money. Lo stesso procedimento (caso immaginario > semplificazione > irrigidimento > estensione del modello) è comune a molte delle teorie affrontate in un corso tradizionale di economia, anche le più complicate. L’applicabilità delle assunzioni al reale è un tema poco trattato. Anzi, si potrebbe dire che diventa una questione irrilevante: l’obiettivo è prima comprendere il concetto centrale dietro il modello, per poi rilasciare a mano a mano alcune delle assunzioni fatte.
Il problema è che non si discute a sufficienza di come si scelgono gli elementi da includere e quelli da escludere. E seguendo il procedimento descritto prima (caso immaginario > semplificazione > irrigidimento > estensione del modello) si perdono elementi essenziali della realtà che poi, man mano che il modello si complica, non riemergono più. Con effetti disastrosi sulla comprensione della realtà.
Hanno questa sorte problematiche di primaria importanza. Vi siete mai chiesti come modelli lineari così semplici da prevedere un singolo punto di equilibrio possano esser utili a predire il funzionamento di un sistema economico in un mondo complesso? Oppure come sia possibile che il cosiddetto premio Nobel per l’economia sia stato assegnato a William Nordhaus, per un modello che prevede che un aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali pari a 6°C farebbe calare il Pil globale solo dell’8,5% rispetto a uno scenario senza alcun cambiamento climatico?
Contro questo quadro di fondo, Steve Keen propone un’economia nuova, che parte dalla necessità “non di gestire l’economia, bensì di salvare il salvabile dopo che sui nostri sistemi economici e sociali si sarà abbattuta la furia devastatrice di questo Prometeo scatenato con la complicità degli economisti neoclassici”. Steve Keen propone allora di guardare al ciclo economico o al cambiamento climatico con maggiore realismo, attraverso modelli dinamici che evitino il riduzionismo neoclassico.
Al centro dell’economia nuova vi è il ruolo della moneta, spesso considerata come neutrale e irrilevante nei modelli neoclassici da manuale, nei quali le banche giocano unicamente il ruolo di intermediari finanziari. Anche il ruolo del debito privato è ignorato da tali modelli. Come spiega Keen, questi presupposti errati influiscono in modo decisivo sulle politiche economiche. Ancor più rilevante è il fatto che la vecchia visione neoclassica non ha permesso di anticipare o rendere meno probabili tali crisi finanziarie, ma solamente di agire a seguito di esse, cercando di ammortizzarne gli effetti.
“Spesso mi viene chiesto cosa conserverei di buono del paradigma neoclassico in un nuovo paradigma alternativo. La mia risposta è che ne conserverei tanto quanto l’astronomia contemporanea ha conservato dell’astronomia tolemaica: nulla.
(…)
Tutte le idee degli economisti neoclassici a proposito della moneta sono sbagliate: non c’è nulla da conservare”.
Keen critica anche la continua ricerca dell’esistenza di un equilibrio nei modelli neoclassici. Il mondo in cui viviamo è un sistema complesso, in cui modelli lineari non sono sufficienti per capire e predire correttamente l’andamento del nostro sistema economico. Keen mostra come l’adozione di sistemi dinamici potrebbe ovviare a questo problema e propone alcuni esempi attraverso l’applicazione su Minsky, programma informatico costruito appositamente dall’autore stesso per programmare modelli economici.
Ecco allora che potremmo dire che l’obiettivo di Keen è quello di aiutarci a schematizzare la complessità del sistema economico senza però cadere in quello che l’autore chiama il morbo neoclassico.
“Chiamo questa patologia della scienza economica ‘il morbo neoclassico’, che consiste, in ultima analisi, nella pratica di trattare assunzioni cruciali per la solidità e la rilevanza della teoria come mere ‘assunzioni semplificatorie’, senza sottoporle al necessario, rigoroso, attento esame.”
Qual è l’utilità effettiva dei modelli se partono da assunzioni così irrealistiche che la probabilità che siano verificate è praticamente nulla?
“L’economia nuova” affronta anche la relazione tra economia, energia e ecosistema, sottolineando che sia gli economisti neoclassici sia i post-keynesiani giungono a conclusioni erronee. Keen ritiene che in entrambi i casi manchi la considerazione del ruolo esplicito dei fattori produttivi esterni alla sfera economica strettamente intesa, e in particolare del mondo naturale. La produzione, infatti, richiede risorse fisiche dall’ambiente e comporta necessariamente la generazione di scarti, che di solito non vengono considerati nei modelli. Le conseguenze di tali omissioni sono catastrofiche:
“Posso solo spendere una parola in favore del lavoro degli economisti neoclassici riguardo al cambiamento climatico: è di una qualità così pessima che, non appena sarà del tutto evidente la portata della minaccia esistenziale rappresentata dal riscaldamento globale, la repulsione per tutto quanto hanno pensato e fatto gli economisti neoclassici sarà tale da determinare, finalmente, l’abbandono definitivo delle loro teorie”.
Keen invita allora i giovani economisti, curiosi e appassionati a costruirsi una formazione economica che sia molto più ampia, completa e variegata rispetto alle tradizionali proposte universitarie. Oggi, di solito, gli studenti che scelgono di seguire un corso in economia incontrano durante gli studi quasi esclusivamente teorie neoclassiche, spesso senza nemmeno la consapevolezza che queste teorie appartengono a una specifica corrente di pensiero e che esiste la possibilità di avere opinioni differenti. Il libro di Keen, in tale contesto, è una guida utile a comprendere la dinamicità, la complessità e il caos del capitalismo e allo stesso tempo riscoprire la scienza economica come una disciplina necessariamente politica.
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