COMMENTO (Simone Garilli)
LA DISOCCUPAZIONE REALE È IL TRIPLO DI QUELLA UFFICIALE
Articolo semplice e definitivo sulla disoccupazione reale in Italia.
Se aggiungiamo al dato ufficiale (11,2%) chi è disponibile a lavorare ma non cerca lavoro (perché scoraggiato) il tasso di disoccupazione si attesta sopra il 20%.
Se includiamo anche i sotto-occupati, cioè coloro che vorrebbero un lavoro a tempo pieno ma lavorano solo poche ore (part-time involontario) il tasso di disoccupazione reale è sopra il 30%. Va notato infatti che l’Istat conteggia tra gli occupati anche chi lavora 1 sola ora a settimana (UNA!)
Una seconda analisi, de lavoce.info (*) dimostra che la lieve ripresa dell’occupazione dell’ultimo triennio è fondata quasi esclusivamente sulla sotto-occupazione, dato che abbiamo recuperato il numero di posti di lavoro del 2008 ma le ore lavorate sono 680 milioni in meno rispetto a quell’anno.
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Il tasso di disoccupazione è una delle misure sintetiche rilevanti – insieme al tasso di crescita del PIL reale – sullo stato di salute del sistema economico. La sua definizione precisa è basata su accordi internazionali, per consentire la comparabilità dei dati tra diversi Paesi, e i questionari della Indagine trimestrale sulle Forze di Lavoro includono delle domande standardizzate, sulla base degli accordi presi.
Tuttavia, si può discutere su quanto la attuale definizione di “occupato” e “disoccupato” sia efficace per descrivere lo stato di salute del mercato del lavoro, e la possibilità di allargare o restringere la definizione dei due aggregati ha portato ad includere nei questionari ulteriori domande (in Italia dal 2004), che consentono di calcolare indicatori alternativi dei livelli di occupazione e disoccupazione.
Allo stato attuale è classificato come “occupato” chiunque, di età superiore ai 14 anni, abbia lavorato almeno un’ora nella settimana di riferimento, a fronte di una retribuzione.[i] È invece considerato “disoccupato” chi soddisfa tutti i seguenti requisiti:
- non è “occupato” in base alla definizione precedente;
- ha cercato attivamente lavoro nelle quattro settimane precedenti la settimana di riferimento dell’indagine;
- è disponibile a lavorare nelle due settimane successive alla settimana di riferimento.
Le “forze di lavoro” sono date dalla somma degli occupati e dei disoccupati, mentre tutti quelli che non rientrano in queste due categorie sono definiti “inattivi”.
Il tasso di disoccupazione ufficiale è calcolato dal rapporto tra i disoccupati e le forze di lavoro: nel secondo trimestre del 2017, il tasso di disoccupazione risultava pari all 11,2%.
Dalle definizioni sopra riportate, risulta evidente che la definizione di “occupato” tende ad essere molto ampia, mentre la definizione di “disoccupato” piuttosto ristretta, e questo può implicare che il tasso di disoccupazione sottostimi lo stato di salute del mercato del lavoro. Dalle informazioni disponibili nelle indagini è possibile disaggregare ulteriormente le categorie degli inattivi e degli occupati, offrendo una visione più dettagliata del mercato del lavoro.
In Tabella 1 riportiamo una possibile scomposizione della popolazione italiana, come risulta dai dati Istat relativi al secondo trimestre del 2017.
Tabella 1. Popolazione per condizione lavorativa al 2° trimestre 2017 (migliaia) | ||||
P1. Popolazione di età inferiore a 15 anni | 8,185 | |||
P2. Popolazione di 15 anni e più | 52,072 | |||
F. Forze di lavoro | 25,895 | |||
– F1. Occupati | 22,985 | |||
– – F11. Occupati “veri” | 20,400 | |||
– – F12. Part-time involontario | 2,586 | |||
– F2. Disoccupati | 2,909 | |||
I. Inattivi | 26,177 | |||
– I1 Forza lavoro potenziale | 3,236 | |||
– I2 Pensionati ed altri inattivi | 22,941 | |||
P. Popolazione totale | 60,258 | |||
Fonte: dati.istat.it |
Negli “indicatori complementari” sul mercato del lavoro, l’Istat pubblica, dal 2004, una statistica sui “sottoccupati” ed una sugli “occupati con part-time involontario”. Nella prima categoria (pari a 763,972 persone nel secondo trimestre 2017) rientrano quelli che hanno un impiego part-time, e sarebbero disposti a lavorare più ore nelle due settimane successive a quella di riferimento. Nella seconda categoria rientrano invece coloro che lavorano a tempo parziale perché non hanno trovato un lavoro a tempo pieno.[ii] Le due categorie si sovrappongono almeno in parte, presumibilmente, e il calcolo dell’unione dei due insiemi richiederebbe un lavoro sui microdati che esula dagli scopi di questo articolo. Abbiamo quindi deciso di includere solo il secondo gruppo in Tabella 1.
Inoltre, l’Istat rileva, tra gli inattivi, coloro che sono disponibili a lavorare ma non hanno svolto azioni di ricerca, oppure sono disponibili a lavorare, ma non nelle due settimane successive a quella di riferimento, ecc. Questa categoria di persone, formalmente inattive ma disponibili al lavoro, sono definite “forza lavoro potenziale”.
E’ quindi possibile calcolare ulteriori indici del tasso di disoccupazione, estendoli alla forza lavoro potenziale e ai lavoratori in part-time involontario. Utilizzando le definizioni proposte dal Bureau of Labor Statistics,[iii] possiamo calcolare il tasso di disoccupazione U5, che si ottiene aggiungendo – al numeratore e al denominatore del tasso di disoccupazione ufficiale U3 – le forze di lavoro potenziali, e il tasso di disoccupazione U6, ottenibile aggiungendo al numeratore i lavoratori in part-time involontario. Utilizzando la classificazione di Tabella 1, abbiamo in simboli:
Riportiamo l’andamento dei tre tassi in Figura 1, per il periodo in cui sono disponibli dati (2004-2017).
Nella sua definizione più estesa, il tasso di disoccupazione – che alcuni propongono di definire “tasso di non-occupazione” era al secondo trimestre 2017 al 30 percento.
La crisi economica iniziata nel 2007 ha comportato un aumento dei disoccupati (F2) di 1,8 milioni di unità tra il minimo nel secondo trimestre 2007 al picco nel 2014, ma utilizzando la definizione più estesa (F2+I1+F12) l’aumento nel numero dei non-occupati è stata, nello stesso periodo, di 4,2 milioni di unità.
Il grafico mostra che, dal 2014, le tre misure di disoccupazione si vanno riducendo (di 345mila unità per F2, e di 723mila unità per la misura estesa, al secondo trimestre 2017), ma ad un ritmo blando per far sperare in un ritorno rapido alla situazione pre-crisi.
Inoltre, l’analisi svolta mostra che, se per ridurre la disoccupazione “ufficiale” si fa un ricorso sempre più massiccio a forme di sottoccupazione, lo stato di salute del mercato del lavoro, e quindi degli italiani, non migliorerà in modo sensibile.
* Dipartimento di Economia e Giurisprudenza, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale; Levy Institute of Economics.
NOTE
[i] E’ classificato anche come “occupato” chi era assente dal lavoro per ferie o malattia nella settimana di riferimento. Chi ha svolto lavoro non retribuito non è invece classificato come occupato. Si veda EU labour force survey – methodology: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/EU_labour_force_survey_-_methodology.
[ii] Ringrazio Claudio Ceccarelli dell’Istat per avermi fornito le definizioni esatte.
[iii] Si veda https://www.bls.gov/fls/flscomparelf/technical_notes.pdf.
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