Sovranismo finito prima di cominciare
di COMIDAD
Il nesso causale tra la sconfitta della Lega in Emilia-Romagna e la sua vittoria in Calabria era sfuggito ai tifosi di Matteo Salvini, che avevano addirittura svillaneggiato chi aveva cercato di farglielo notare. A farglielo invece rilevare è arrivato nientemeno che il padre nobile della Lega, Umberto Bossi, il quale ha rilasciato un’intervista in cui accusa Salvini di aver rischiato di compromettere l’obbiettivo dell’autonomia delle Regioni del Nord. La tesi di Bossi è che mentre il candidato del PD in Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha puntato senza mezzi termini sull’autonomia, al contrario Salvini avrebbe creato confusione facendo passare la Lega come partito nazionale. Secondo Bossi la commistione della Lega con le clientele meridionali avrebbe creato diffidenza al Nord, con una conseguente apertura di credito nei confronti del PD. Bossi conclude che per realizzare l’autonomia non si può fare a meno di un’interlocuzione-collaborazione col PD.
La ricostruzione dei fatti da parte di Bossi può essere precisata su qualche dettaglio. L’establishment del Nord aveva sicuramente compreso che la Lega “partito nazionale” era una finzione; ciononostante ha avvertito il pericolo che la sceneggiata potesse diventare in parte realtà, proiettando i baroni del voto meridionale verso il potere nel partito di Salvini. Bossi sorvola sul fatto che clientelismo e baronie del voto organizzato non sono appannaggio del Meridione ma riguardano anche il Nord; ricorre però anche ad un argomento solido, come quello demografico. La stragrande maggioranza degli Italiani è al Nord ed è lì che stanno i voti, mentre il Sud demograficamente è poca cosa. L’argomento demografico demolisce però anche la gran parte della mitologia leghista. Il “Mezzogiorno” raggiunge i venti milioni di abitanti (meno di un terzo della popolazione italiana) solo piazzandoci una Regione come la Sardegna, che col Meridione non ha niente a che fare, né geograficamente, né storicamente. La pochezza demografica del Meridione smentisce di fatto il mito del Sud idrovora delle risorse nazionali e toglie alle velleità autonomiste del Nord Italia ogni sostanza che non sia quella di aspirare a diventare una colonia della Baviera, cioè a fare i Meridionali della Germania.
Bossi conclude ammonendo i suoi a non fossilizzarsi sulla dicotomia tra destra e “sinistra”, ma di puntare tutto sul partito trasversale dell’autonomia differenziata. Il siluro del padre nobile non è solo contro Salvini ma anche nei confronti della minoranza antieuropeista della Lega, che, dopo aver gestito al meglio il momento di gloria della denuncia della resa del governo alla riforma del MES, aveva pensato di adattarsi allo schema destra-“sinistra”, assumendo persino il titolo di “conservatori” ad imitazione dell’eroe della Brexit, Boris Johnson.
In questa circostanza il machiavellismo degli antieuropeisti della Lega appare ingenuo e infondato. La Brexit non è stata un’operazione di Boris Johnson ma dell’oligarchia britannica e del suo establishment. In quanto laburista, Jeremy Corbyn non avrebbe mai potuto impugnare la bandiera della Brexit e non per motivi ideologici. Una Brexit da sinistra avrebbe comportato automaticamente la conseguenza di rimettere in discussione i vincoli salariali che l’adesione alla UE garantiva. Per l’oligarchia e per l’establishment britannici la Brexit non può e non deve comportare effetti del genere. Non c’è bisogno di pensare a complotti: Corbyn è un leader di “sinistra” e quindi sa di cavalcare una materia incandescente come la distribuzione del reddito, perciò si è guardato bene dallo sfidare i rapporti di potere vigenti guidando una Brexit che sarebbe stata interpretata dalle masse come una possibile riapertura dei conflitti salariali.
L’establishment controlla la “sinistra” con un guinzaglio molto più corto di quello della destra; ma ciò non vuol dire che la destra non abbia anch’essa il suo guinzaglio al collo e un guinzaglio bello solido. Destra e “sinistra” non sono alternative in alcun modo, sono entità complementari e spesso è proprio il “politicorretto” della “sinistra” a porre le condizioni degli sbracamenti della destra. Alla destra sono concesse trasgressioni e parolacce inibite alla “sinistra”, ma dietro a tutto ciò non c’è nulla di sostanzioso. Per quanto risulti sgradevole il personaggio di Salvini, egli comunque non è un “alieno” o un corpo estraneo rispetto al dibattito “democratico” in auge, tanto che ha aderito persino allo slogan della “governabilità” che ci affligge da quasi mezzo secolo. Salvini oggi è impacciato e confuso ma, da bravo leader di destra, può mascherare la propria goffaggine con le trasgressioni.
Si è voluto spacciare la pagliacciata della citofonata di Salvini come un “attacco alla democrazia” ma, in termini più realistici, occorrerebbe convenire che altri avevano già fatto trenta e Salvini si è limitato a fare trentuno. Chi è che ha accreditato l’idea delle Regioni meridionali in mano al crimine organizzato? Chi è che ha reso “politicorretto” il razzismo antimeridionale? Chi è che ha trasformato in senso comune quell’autorazzismo meridionale che ha veicolato indirettamente anche l’autorazzismo italiano?
A fare tutto ciò è stata la “sinistra”, compreso quel Roberto Saviano che oggi si scandalizza per le buffonate di Salvini. Ma l’acqua torbida in cui ora sguazza il pesce Salvini, l’aveva scaricata anche Saviano.
Salvini può permettersi di essere esteriormente spregiudicato sino all’insolenza. Di fronte ad un Fondo Monetario Internazionale che addita l’Italia come “minaccia” per l’economia mondiale, Salvini ritorce l’accusa contro lo stesso FMI. Per gli affamati di “sovranismo” queste esternazioni risultano irresistibili, perciò non ci si rende conto di quanto la polemica di Salvini sia superficiale poiché omette dettagli decisivi. Non è che il FMI dia ricette sbagliate, al contrario sono ricette pertinenti e funzionali all’obbiettivo che si propongono.
Il FMI è un’agenzia di lobbying finanziario e tutta la dottrina liberista di cui il FMI è custode, rappresenta solo una mistificazione che serve a dissimulare le pratiche di finanziarizzazione forzata. Le ricette economiche del FMI creano stagnazione, ma la stagnazione economica serve ad azzerare il potere contrattuale del lavoro e ad impedire le rivendicazioni salariali. La povertà rende gli Stati e gli individui sempre più dipendenti dal credito per poter sopravvivere. Capire che la povertà non è un “problema” ma un business è uno di quei passaggi logici che la destra non può permettersi di fare, poiché metterebbe in discussione l’intero sistema delle gerarchie sociali.
Il microcredito ai poveri è un affare attorno al quale si è costruito un interesse dell’establishment. In Asia, Africa e America Latina il business del microcredito è promosso dalle ONG connesse con multinazionali finanziarie. In Italia il business coinvolge non solo banche come Intesa-San Paolo, ma anche la Conferenza Episcopale e la Caritas per un grande “Prestito della Speranza” che solleciti i poveri alla “libera iniziativa”, cioè a mettersi nei guai. Speranze a vuoto per i poveri e profitti certi per chi gli presta i soldi. Mentre Fausto Bertinotti va in brodo di giuggiole per papa Bergoglio, la Chiesa Cattolica santifica il liberismo, cioè l’indebitamento dei poveri.
Ci sono anche agenzie di volontariato come la Vobis, composta da ex bancari che si attivano per immettere i poveri nel circuito finanziario e bisogna dire che fanno un buon lavoro (dipende dai punti di vista). L’indebitamento dei poveri viene ovviamente spacciato come un soccorso caritatevole nei loro confronti. Prove tecniche di finanziarizzazione di massa o, se si preferisce, di debitocrazia.
Il fatto che la “sinistra” sia sempre timida e autodisciplinata, mentre la destra appare spregiudicata sino allo sbracamento, non implica affatto che la destra sia in grado di forzare i voleri dell’establishment, quindi il salvinismo che ha contagiato una parte dell’area degli aspiranti alla “Sovranità” si basa su illusioni. Dal punto di vista politico il sovranismo non è mai nato, ma puntando su Salvini finisce prima ancora di essere cominciato.
FIl nesso causale tra la sconfitta della Lega in Emilia-Romagna e la sua vittoria in Calabria era sfuggito ai tifosi di Matteo Salvini, che avevano addirittura svillaneggiato chi aveva cercato di farglielo notare. A farglielo invece rilevare è arrivato nientemeno che il padre nobile della Lega, Umberto Bossi, il quale ha rilasciato un’intervista in cui accusa Salvini di aver rischiato di compromettere l’obbiettivo dell’autonomia delle Regioni del Nord. La tesi di Bossi è che mentre il candidato del PD in Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha puntato senza mezzi termini sull’autonomia, al contrario Salvini avrebbe creato confusione facendo passare la Lega come partito nazionale. Secondo Bossi la commistione della Lega con le clientele meridionali avrebbe creato diffidenza al Nord, con una conseguente apertura di credito nei confronti del PD. Bossi conclude che per realizzare l’autonomia non si può fare a meno di un’interlocuzione-collaborazione col PD.
La ricostruzione dei fatti da parte di Bossi può essere precisata su qualche dettaglio. L’establishment del Nord aveva sicuramente compreso che la Lega “partito nazionale” era una finzione; ciononostante ha avvertito il pericolo che la sceneggiata potesse diventare in parte realtà, proiettando i baroni del voto meridionale verso il potere nel partito di Salvini. Bossi sorvola sul fatto che clientelismo e baronie del voto organizzato non sono appannaggio del Meridione ma riguardano anche il Nord; ricorre però anche ad un argomento solido, come quello demografico. La stragrande maggioranza degli Italiani è al Nord ed è lì che stanno i voti, mentre il Sud demograficamente è poca cosa. L’argomento demografico demolisce però anche la gran parte della mitologia leghista. Il “Mezzogiorno” raggiunge i venti milioni di abitanti (meno di un terzo della popolazione italiana) solo piazzandoci una Regione come la Sardegna, che col Meridione non ha niente a che fare, né geograficamente, né storicamente. La pochezza demografica del Meridione smentisce di fatto il mito del Sud idrovora delle risorse nazionali e toglie alle velleità autonomiste del Nord Italia ogni sostanza che non sia quella di aspirare a diventare una colonia della Baviera, cioè a fare i Meridionali della Germania.
Bossi conclude ammonendo i suoi a non fossilizzarsi sulla dicotomia tra destra e “sinistra”, ma di puntare tutto sul partito trasversale dell’autonomia differenziata. Il siluro del padre nobile non è solo contro Salvini ma anche nei confronti della minoranza antieuropeista della Lega, che, dopo aver gestito al meglio il momento di gloria della denuncia della resa del governo alla riforma del MES, aveva pensato di adattarsi allo schema destra-“sinistra”, assumendo persino il titolo di “conservatori” ad imitazione dell’eroe della Brexit, Boris Johnson.
In questa circostanza il machiavellismo degli antieuropeisti della Lega appare ingenuo e infondato. La Brexit non è stata un’operazione di Boris Johnson ma dell’oligarchia britannica e del suo establishment. In quanto laburista, Jeremy Corbyn non avrebbe mai potuto impugnare la bandiera della Brexit e non per motivi ideologici. Una Brexit da sinistra avrebbe comportato automaticamente la conseguenza di rimettere in discussione i vincoli salariali che l’adesione alla UE garantiva. Per l’oligarchia e per l’establishment britannici la Brexit non può e non deve comportare effetti del genere. Non c’è bisogno di pensare a complotti: Corbyn è un leader di “sinistra” e quindi sa di cavalcare una materia incandescente come la distribuzione del reddito, perciò si è guardato bene dallo sfidare i rapporti di potere vigenti guidando una Brexit che sarebbe stata interpretata dalle masse come una possibile riapertura dei conflitti salariali.
L’establishment controlla la “sinistra” con un guinzaglio molto più corto di quello della destra; ma ciò non vuol dire che la destra non abbia anch’essa il suo guinzaglio al collo e un guinzaglio bello solido. Destra e “sinistra” non sono alternative in alcun modo, sono entità complementari e spesso è proprio il “politicorretto” della “sinistra” a porre le condizioni degli sbracamenti della destra. Alla destra sono concesse trasgressioni e parolacce inibite alla “sinistra”, ma dietro a tutto ciò non c’è nulla di sostanzioso. Per quanto risulti sgradevole il personaggio di Salvini, egli comunque non è un “alieno” o un corpo estraneo rispetto al dibattito “democratico” in auge, tanto che ha aderito persino allo slogan della “governabilità” che ci affligge da quasi mezzo secolo. Salvini oggi è impacciato e confuso ma, da bravo leader di destra, può mascherare la propria goffaggine con le trasgressioni.
Si è voluto spacciare la pagliacciata della citofonata di Salvini come un “attacco alla democrazia” ma, in termini più realistici, occorrerebbe convenire che altri avevano già fatto trenta e Salvini si è limitato a fare trentuno. Chi è che ha accreditato l’idea delle Regioni meridionali in mano al crimine organizzato? Chi è che ha reso “politicorretto” il razzismo antimeridionale? Chi è che ha trasformato in senso comune quell’autorazzismo meridionale che ha veicolato indirettamente anche l’autorazzismo italiano?
A fare tutto ciò è stata la “sinistra”, compreso quel Roberto Saviano che oggi si scandalizza per le buffonate di Salvini. Ma l’acqua torbida in cui ora sguazza il pesce Salvini, l’aveva scaricata anche Saviano.
Salvini può permettersi di essere esteriormente spregiudicato sino all’insolenza. Di fronte ad un Fondo Monetario Internazionale che addita l’Italia come “minaccia” per l’economia mondiale, Salvini ritorce l’accusa contro lo stesso FMI. Per gli affamati di “sovranismo” queste esternazioni risultano irresistibili, perciò non ci si rende conto di quanto la polemica di Salvini sia superficiale poiché omette dettagli decisivi. Non è che il FMI dia ricette sbagliate, al contrario sono ricette pertinenti e funzionali all’obbiettivo che si propongono.
Il FMI è un’agenzia di lobbying finanziario e tutta la dottrina liberista di cui il FMI è custode, rappresenta solo una mistificazione che serve a dissimulare le pratiche di finanziarizzazione forzata. Le ricette economiche del FMI creano stagnazione, ma la stagnazione economica serve ad azzerare il potere contrattuale del lavoro e ad impedire le rivendicazioni salariali. La povertà rende gli Stati e gli individui sempre più dipendenti dal credito per poter sopravvivere. Capire che la povertà non è un “problema” ma un business è uno di quei passaggi logici che la destra non può permettersi di fare, poiché metterebbe in discussione l’intero sistema delle gerarchie sociali.
Il microcredito ai poveri è un affare attorno al quale si è costruito un interesse dell’establishment. In Asia, Africa e America Latina il business del microcredito è promosso dalle ONG connesse con multinazionali finanziarie. In Italia il business coinvolge non solo banche come Intesa-San Paolo, ma anche la Conferenza Episcopale e la Caritas per un grande “Prestito della Speranza” che solleciti i poveri alla “libera iniziativa”, cioè a mettersi nei guai. Speranze a vuoto per i poveri e profitti certi per chi gli presta i soldi. Mentre Fausto Bertinotti va in brodo di giuggiole per papa Bergoglio, la Chiesa Cattolica santifica il liberismo, cioè l’indebitamento dei poveri.
Ci sono anche agenzie di volontariato come la Vobis, composta da ex bancari che si attivano per immettere i poveri nel circuito finanziario e bisogna dire che fanno un buon lavoro (dipende dai punti di vista). L’indebitamento dei poveri viene ovviamente spacciato come un soccorso caritatevole nei loro confronti. Prove tecniche di finanziarizzazione di massa o, se si preferisce, di debitocrazia.
Il fatto che la “sinistra” sia sempre timida e autodisciplinata, mentre la destra appare spregiudicata sino allo sbracamento, non implica affatto che la destra sia in grado di forzare i voleri dell’establishment, quindi il salvinismo che ha contagiato una parte dell’area degli aspiranti alla “Sovranità” si basa su illusioni. Dal punto di vista politico il sovranismo non è mai nato, ma puntando su Salvini finisce prima ancora di essere cominciato.
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=941
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