Contrordine camerati. La destra tedesca rinuncia al radicalismo, Salvini non ha capito che la pacchia è finita
di Flavia Perina – 30 novembre 2020
Il Congresso dell’Afd, partito alleato della Lega, abbandona l’oltranzismo xenofobo e riconosce che senza un profilo credibile e istituzionale sarà spazzato via dagli elettori. I leghisti avranno lo stesso coraggio?
Soltanto un paio di anni fa i congressi dell’ultradestra tedesca facevano più notizia per gli scontri tra dimostranti e polizia all’esterno che per i discorsi all’interno. Il Covid ha cambiato il vento anche per le vele della più oltranzista, xenofoba, antieuropea delle forze continentali: le ultime assisi dell’Afd hanno segnato un vigoroso “contrordine camerati” da parte del presidente Jorg Meuthen, che ha stangato e irriso l’ala fondamentalista («Dittatura sanitaria? Se ci fosse davvero non staremmo riuniti qui») e avvisato la platea: senza un profilo più credibile e istituzionale, alle prossime elezioni nel 2021 saremo spazzati via.
La rettifica politico-semantica del messaggio sarà uno dei grandi temi del 2021 per le destre sovraniste. In Germania è facilitata dal succedersi delle leadership (l’Afd ha avuto tre diversi segretari in pochi anni), in Italia e Francia è oggettivamente ostacolata dalla loro persistenza e indiscutibilità. Marine Le Pen ha annunciato poche settimane fa che sarà di nuovo lei, fra due anni, la candidata del RN per l’Eliseo: è difficile immaginare scelte diverse dalla continuità, anche se il suo ruolo rischia di risolversi nella pura testimonianza. Matteo Salvini resta arbitro quasi assoluto del mondo leghista ed è ovvio che faccia fatica a rinnegare se stesso, imboccando strade diverse da quelle che lo hanno reso potentissimo.
E tuttavia il mutare dei tempi ha un peso, anche da noi. Anche da noi è chiaro a tutti che “la pacchia è finita”. Senza questa convinzione, il voto unanime sullo scostamento di bilancio non sarebbe stato possibile, così come tutti i precedenti accomodamenti del centrodestra sui decreti Covid (sì, ci sono stati, anche se nessuna delle parti ha voluto pubblicizzarli troppo). La sensazione è che l’idea di “normalizzare” le destre tenti tutti i soggetti che le compongono, ma che nessuno abbia ancora trovato l’animo di esprimerla pubblicamente per timore di vedersi rubare dagli altri lo spazio dell’estremismo.
D’altra parte, per compiere questo tipo di svolte serve un coraggio speciale. I vecchi leader, quelli della Bolognina, del Midas, di Fiuggi, in qualche modo lo trovarono, correndo i loro rischi, compreso quello delle inevitabili scissioni. I nuovi stentano, prendono tempo: forse aspettano che gli eventi decidano per loro, sottraendoli alla responsabilità di argomentare un cambio di passo. O forse non sono così decisionisti e impavidi come li abbiamo immaginati finora…
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