Essere gay, ad Arezzo
da IL FARO DI MAX DEL PAPA (Max Del Papa)
Una notiziola in cronaca mi riporta vecchi fantasmi: un ristoratore napoletano trapiantato ad Arezzo, Mariano Scognamiglio, rischia di chiudere perché il locale, che gestisce col compagno, viene boicottato. Anni fa, partecipando ad un programma di cucina, fece, come si dice, coming out e da allora, sostiene, ha perso tutti i clienti. Lì per lì, lo confesso, ho pensato a una boutade: non è possibile che nell’Italia del 2023, dove si parla solo di fluidità, non binario, gender e uno con una sessualità tradizionale viene considerato un paria, ci sia ancora chi si ritrova additato in fama di cuoco gay. Poi mi sono detto che un conto è l’ideologia alla moda, un altro la realtà che è sempre dura a morire, specie in provincia. Ci sono passato: una ventina d’anni fa strinsi amicizia con una coppia che aveva una libreria ed erano viste come le streghe del villaggio. Poi le cose finiscono, ma io in quella Libreria Arcobaleno ricordo le occasioni più belle della mia vita fatta di parole scritte, lette, recitate. Quanti eventi, quante occasioni! E, pian piano, quanti amici, ciascuno la sua stranezza che portava in dote. Anni di commozioni e di promesse, di spettacoli e di abbracci, di pienoni nella piccola libreria fragrante, ci portai anche Paolo Benvegnù: un reading insieme, lui con la chitarra acustica faceva gli effetti lacerando, schiacciando fogli di carta, pestando i piedi sul pavimento. E non bastava lo spazio e la gente ascoltava dalla strada. Mi immagino la pena dei due ristoratori, l’amore con cui ogni giorno aprono il locale, che si trasforma in delusione, in disperazione, mi immagino i tentativi per inventarsi sempre qualcosa e i sabati sera disertati, e le lacrime e la rabbia, perché?, perché?, e la risposta non viene perché non c’è, fa troppo male, è assurda e allora l’estrema decisione, una lettera aperta per un miracolo che non arriverà. Quella sconfitta è anche la mia, che da trent’anni mi batto per sopravvivere e non le conto le volte che “non è venuto nessuno”; è quella di mio padre, costretto a portarci via da Milano dopo aver perso tutto per errori mai davvero compresi al punto da volersi uccidere lentamente. Il figlio oggi è come il padre, fa di tutto per distruggersi perché le colpe mai commesse sono quelle che bruciano di più. Le colpe degli altri, che dobbiamo scontare. O la colpa se vuoi di essere diverso, di fare le cose a modo tuo rifiutandoti di essere gestibile, di venire deciso. Io non lo so se le cose stanno come dice il ristoratore, mi rifiuto di pensare che ad Arezzo siano così provinciali, così gretti. Ma conosco i miei polli, il paese reale l’ho battuto mille volte e non cambia, forse non sarà solo la matrice sessuale ma ci scommetterei che pesa e allora il mio è un rifiuto che mi vede sempre meno convinto, forse una dissonanza, una rimozione forzata, certo posso capire come si sente questa coppia, costretta a morire ogni giorno. Ne usciranno, in un modo o nell’altro, ma stanno accumulando vecchi fantasmi che non li lasceranno, che non potranno lasciare.
FONTE: https://ilfarodimaxdelpapa.altervista.org/essere-gay-ad-arezzo/
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