Auto elettriche, Bruxelles in retromarcia: l’addio alla benzina è un miraggio
di L’INDIPENDENTE (Dario Lucisano)
Le vendite crescono a rilento, le colonnine di ricarica sono poche e maldistribuite, la capacità di reagire ad eventuali blackout di rete non adeguata, la catena di approvvigionamento delle batterie del tutto dipendente dalle importazioni: questo l’impietoso quadro sullo stato delle auto elettriche in Europa dipinto dagli stessi funzionari della direzione generale Mercato interno e industria della Commissione Europea. L’avvertimento è chiaro e getta un’ombra dinnanzi all’entusiasmo “green” sbandierato fino ad oggi dalle autorità europee: l’Europa è lontana dall’essere pronta per vietare i motori a combustione. Secondo quanto stabilito dal “Green Deal” in tutta Europa l’addio ai veicoli a benzina e diesel è fissato per il 2035, ma l’allarme lanciato dalla Commissione lascia presagire che il termine fissato potrebbe tornare in discussione.
A segnalare il sostanziale ritardo nei tempi di sviluppo della cosiddetta Route35 è il Commissario francese della direzione generale Mercato interno e industria Thierry Breton, che con un post su X fa notare polemicamente come gli obiettivi del «Green Deal non verranno raggiunti con la bacchetta magica», ma con i necessari aggiustamenti di sorta. Breton e la direzione generale hanno a tal proposito redatto un breve documento che ruota su cinque diversi punti chiave con l’ausilio di tabelle grafiche per mostrare le diverse carenze che devono obbligatoriamente venire colmate se si vuole davvero arrivare a raggiungere l’obiettivo zero auto a benzina-diesel entro il 2035. Il primo grafico mostra l’evoluzione delle vendite delle auto elettriche nel mercato europeo, e riporta come nel 2023 siano stati venduti circa 1,5 milioni di veicoli contro gli 1,1 milioni del 2022; eppure, per raggiungere l’obiettivo 2035 e soddisfare la richiesta, le vendite dovrebbero “aumentare di sette volte”, raggiungendo quota 10 milioni; il tutto senza considerare che la percentuale di veicoli cinesi venduta è aumentata esponenzialmente passando dall’1% del 2021 al 20% del 2023, a testimonianza della arretratezza del mercato europeo anche nella produzione di automobili a batteria. Il secondo punto rimane all’interno dell’orizzonte delle vendite, e rileva la sostanziale insostenibilità dei prezzi per le famiglie che non sono dotate di reddito alto. Le macchine elettriche europee, insomma, non solo sono poche e poco vendute, ma anche troppo costose.
Altra carenza rilevata dal rapporto è quella della mancanza delle infrastrutture e delle colonnine di ricarica. Sebbene infatti la commissione accolga con approvazione l’incremento nel numero delle stazioni di ricarica, cui aumento è in linea con gli standard di regolazione di Route35, il 61% di esse si trova in soli tre Paesi dell’Unione, e per giunta mancano i dati relativi alla capacità della rete elettrica di sostenere il carico dei veicoli a batteria. Il quarto punto problematico è relativo al settore lavorativo, e nonostante riconosca la validità del progetto di riqualifica dei lavoratori lanciato da Automotive Skills Alliance, denuncia la attuale mancanza di lavoratori qualificati nel settore, che pare stia vivendo un forte calo. Ultimo, ma non meno importante, l’accesso alle risorse. All’Unione Europea manca infatti una filiera di produzione delle batterie che, nonostante in crescita, necessita di accelerare i tempi di costruzione, e che soprattutto deve far fronte alla strutturale insufficienza della catena di approvvigionamento dei materiali, per la quale il rischio di dipendenza dall’estero risulta elevatissimo.
La transizione alle auto elettriche, pur problematica di suo in fatto di sostenibilità, rientra all’interno del Green Deal europeo, il patto tra Paesi membri che prevede la stipula di una serie di obiettivi da raggiungere entro determinate date limite fissate nell’ottica dello scopo ultimo delle zero emissioni entro il 2050. La transizione del settore automobilistico sarebbe da raggiungere entro il 2035. Per farlo, tuttavia, sono necessari interventi strutturali e investimenti mirati, che come ha rilevato il rapporto redatto dal gruppo di Breton sono ancora ben lontani dalla realizzazione.
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