La caduta di Bollorè
di ALDO GIANNULI (Andrea Muratore)
La notizia che il tycoon francese Vincent Bolloré è attualmente in stato di fermo per le conseguenze di un’inchiesta riguardante le sue attività in Africa ha avuto grande risonanza. Scrive l’Huffington Post: “I giudici si chiedono se il gruppo Bolloré non abbia usato Havas, la sua filiale pubblicitaria, per ottenere nel 2010 la gestione dei porti di Conakry, in Guinea e Lomé, in Togo. L’ipotesi è che Havas abbia fornito consulenze e consigli per sostenere l’arrivo al potere di alcuni dirigenti africani in cambio delle concessioni sui porti. Già nel 2016, la sede del gruppo Bolloré Africa Logistics era stata oggetto di una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta aperta nel luglio 2012”.
La penetrazione estensiva del finanziere francese, azionista di maggioranza di Vivendi, nelle dinamiche economiche dell’Africa occidentale un tempo facente capo all’Impero coloniale di Parigi segnala come sia oramai l’iniziativa privata degli imprenditori a guidare l’approccio tra la madrepatria e l’ex Françafrique. Forte del potere di fuoco della sua corporation e del sostegno mediatico della sua controllata Havas, Bolloré ha sviluppato sul suolo africano una strategia di espansione che, molto spesso, è andata in controtendenza con le linee guida geopolitiche di Parigi.
“Lo sguardo con cui i dirigenti francesi osservano l’Africa procede più dalle realtà culturali e geopolitiche che dai meri appetiti geoeconomici”, ha scritto Jean Duforcq sull’ultimo numero di Limes: in altre parole, a Parigi sanno che l’epoca dei regimi satelliti post-coloniali e delle dittature alleate è finita per sempre, e che l’influenza francese in Africa potrà accrescersi solo sulla base di un rafforzamento del soft power, fatto che Emmanuel Macron sembra aver capito stante le sue politiche per l’incentivazione della lingua francese.
L’affaire Bolloré insegna che, in ogni caso, il grande business francese punta su strategie ben più tradizionali per espandersi in Africa, sfruttando le debolezze ataviche del continente.
Così Bolloré controlla la logistica portuale dell’Africa occidentale
Bolloré Africa Logistics è la filiale del gruppo francese che opera in 46 Paesi africani e ha il centro della sua attività nell’area occidentale del continente, proprio nella regione oggigiorno epicentro dello scandalo di corruzione.
A partire dall’annuncio dello sviluppo del porto di Abdijan, in Costa d’Avorio, nel 2011, il gruppo Bolloré ha messo le mani su una catena strategica di basi poste in uno snodo cruciale dell’Oceano Atlantico e che presto potrebbero diventare appetibili per gli interessi della Cina in Africa: Pechino punta a strutturare, nell’ambito della “Nuova via della seta”, rotte commerciali avvolgenti l’Africa e imperniate, sul fronte atlantico, su un collegamento manifatturiero ed energetico tra Mar Mediterraneo e Golfo di Guinea.
Grandi affari si prospettano, in questo settore, per Bolloré, che ha in concessione scali ad Abdijan, a Tema (Ghana) e Cotonou (Benin), oltre agli incriminati Lomé e Conakry. E non solo: un recente accordo prevede una massiccia espansione delle attività in Camerun, mentre le filiali del gruppo ammontano a circa 250 in tutta l’Africa e il fatturato supera abbondantemente i 2,5 miliardi di dollari.
La boucle Bolloré non decolla
Al contempo, Bolloré Africa Logistics controlla significative porzioni del traffico merci su rotaia dell’Africa occidentale: la volontà di integrare lo sviluppo dei collegamenti ferroviari nella regione con il controllo oligopolistico sui porti, tuttavia, sta procedendo a rilento negli ultimi tempi. Il progetto di una ferrovia da Cotonou, in Benin, a Niamey, capitale del Niger, è arenato a 140 km da quest’ultima, mentre proprio la Repubblica Popolare potrebbe rilevare il gruppo Bolloré nella partnership pubblico-privato per il completamento.
La Cina potrebbe quindi completare il grande sogno di Bolloré in Africa: una grande boucle dalla stessa Cotonou ad Abdijan, passante per il Niger e attraversante le aree più profonde dell’Africa occidentale ex francese, centro di attrazione della logistica di un continente che prova, lentamente, ad aprirsi economicamente al mondo.
Gli scandali che potrebbero mettere a rischio un consolidato impero economico in Africa partono, come visto, da lontano e sono il riflesso di una volontà di egemonia che Bolloré ha dimostrato di possedere più volte nella sua carriera affaristica e che si riflette in un’ingordigia di ampia portata. L’impero del Tycoon francese è costruito sull’incentivazione del male endemico dell’Africa postcoloniare, la venalità dei governanti: che si parli di tangenti o concessioni, fondamentalmente, non fa molta differenza.
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/la-caduta-di-bollore/
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