La democrazia rinasce dai partiti
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Se il compito della politica fosse il mero assecondamento del sentimento popolare del momento, allora non avremmo bisogno della democrazia. Basterebbe un dittatore che agisse esercitando il potere autoritario senza intermediazioni e comunicando al popolo i messaggi rassicuranti, autoassolutori e consolatori che la psiche di ognuno di noi è predisposta ad accogliere, perché accarezzano il nostro orgoglio e ci sollevano dal peso della responsabilità individuale.
La verità è che questo metodo di governo, quello del dittatore che dice alle masse ciò che le masse vogliono sentirsi dire, lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Le condizioni di vita degli italiani non sono migliorate, anzi, ma le masse erano comunque sazie di rassicurazioni. Mio nonno paterno, bracciante agricolo, aveva un giudizio complessivo positivo di Mussolini, così come lo avevano gran parte dei suoi coevi, perché una propaganda efficace lo rappresentava come un uomo del popolo, vicino alle esigenze del popolo, che si sporcava le mani col popolo. Mussolini era un contadino con i contadini, un funzionario pubblico coi funzionari pubblici, un muratore al cospetto di un pubblico di muratori, e così via. Molti italiani vivevano condizioni di povertà estrema e l’analfabetismo era diffuso, ma Mussolini era osannato.
Nel dopoguerra una classe dirigente di elevata caratura ha educato il popolo alla democrazia. Il parlamento e il governo erano espressione di quella generazione di uomini che avevano combattuto il fascismo e redatto una Costituzione avanzatissima nel riconoscimento dei diritti individuali e sociali e nella dotazione degli strumenti di applicazione reale di quei diritti, che senza le istituzioni preposte a garantirne l’esercizio, sarebbero rimasti solo belle parole su un foglio di carta.
Quegli uomini e quelle donne erano espressione anche delle classi popolari. Alcuni di loro non avevano avuto la possibilità di portare avanti gli studi e conseguire titoli che attestassero la loro preparazione, ma tutti i rappresentanti del popolo erano dotati di un livello culturale superiore alla media.
Non si adoperavano per apparire ciò che non erano, né per comunicare alla masse ciò che volevano sentirsi dire, ma lavoravano per promuovere ideali, modelli alternativi di futuro, visioni del mondo talvolta contrapposte e talaltra sovrapponibili. Non erano ossessionati dai sondaggi, non parlavano per slogan, non si truccavano per comparire più giovani o gradevoli di fronte l’obiettivo della macchina da presa. Non imbracciavano la zappa per fingersi contadini agli occhi dei contadini, non indossavano grembiuli da panettieri per accattivarsi la simpatia dei panettieri, non prendevano in giro il popolo. Erano la migliore espressione della società civile, formati e selezionati dai partiti di massa, che svolgevano il compito di intermediazione democratica assegnatogli dalla Costituzione.
Quel sistema, certamente perfettibile, ha garantito pluralismo, rappresentanza degli interessi diffusi, massima partecipazione democratica e un’elevata qualità del meccanismo di selezione della classe dirigente e quindi della produzione legislativa e dell’azione di Governo. Tanti partiti con tante idee, che si presentavano alle libere elezioni esibendo le loro idee, senza l’ossessione di esprimere idee necessariamente conformi alle idee di massa. Questo garantiva anche l’emergere di istanze nuove e letture alternative alle idee dominanti.
Oggi l’assenza di veri partiti che esprimano categorie valoriali definite e l’affermazione di un sistema maggioritario che impone di raccogliere il maggior numero di consensi per esercitare il potere evitando il confronto e la negoziazione quotidiana con gli altri portatori d’interesse ha generato mostri che lavorano quotidianamente per raccogliere fette di consenso targettizzando l’elettorato con i medesimi metodi che adoperano le imprese commerciali per conquistare quote di mercato adattando la pubblicità alla tipologia di consumatore.
Questa non è più democrazia, ma una riproposizione della più becera propaganda che convinceva mia nonno di vivere la migliore delle vite possibili.
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