Continente Euroasiatico. Tra nuova guerra fredda e prospettive di integrazione.
di MARX XXI
(Giambattista Cadoppi)
Il libro di Marco Pondrelli direttore di Marx 21 è uno di quei testi pieni di spunti che servono come base per sistematizzare il nostro pensiero. Per questo lo considero la base fondamentale da cui far partire una serie di spunti personali.
L’autore fa bene a separare il concetto di Eurasia dal pan-russismo neozarista che combattendo il concetto di Eurasia socialista rimette al centro l’idea della Grande Madre Russia monarchica staccata però dall’Europa. L’Occidente in questo contesto è percepito come base della decadenza russa che ha aperto le porte alle rivoluzioni guidate dai comunisti! Insomma quando si sente puzza di Aleksandr Dugin si sente l’odore un po’ nauseabondo della politica reazionaria che già il buon Gramsci condannava ai suoi tempi.
Dal libro viene fuori l’immagine degli Stati Uniti come di un Impero che fatica a mantenere il passo con le forze in ascesa sulla scena mondiale. Ma non è necessariamente in crisi terminale e può essere imprevedibile e pericoloso come nella versione Trump-Pompeo. La guerra calda e diretta, oggi, è improbabile ma si sostituisce ad una guerra asimmetrica giocata sia su conflitti locali, sanzioni unilaterali, ma soprattutto come guerra tecnologica. Gli USA accusano la Cina di pratiche commerciali scorrette ma sono i primi a sanzionare la concorrenza vedi il caso del 5G, di Tik Tok, Huawei e Xiaomi quando non sono in grado di vincere sul piano tecnologico e commerciale. Il problema è che la Cina ha saputo ribaltare a suo favore la globalizzazione pensata per l’egemonia del sistema occidentale e che i cinesi con la genialata del socialismo di mercato hanno sfruttato a loro favore. Proprio sul piano della globalizzazione hanno saputo vincere e ora tentano di estendere la loro egemonia con un sistema non più basato sulla prevalenza del capitalismo finanziario ma sull’economia reale che ha bisogno di infrastrutture moderne come il pane. Sulle infrastrutture infatti si basa proprio la Belt and Road Initiative dei cinesi che vuole ricostruire i fasti della vecchia Via della Seta. Forse non è del tutto chiaro ai popoli che l’alternativa posta dai cinesi è un’alternativa di sistema: non solo finanza contro economia reale ma anche stabilità contro caos. Ovunque è intervenuto l’Occidente NATO-americano è arrivata l’instabilità: Libia, Afghanistan, Siria, Ucraina, Caucaso. L’instabilità favorisce governi deboli e remissivi nei confronti dei diktat occidentali. Pace contro guerra offre l’Impero di mezzo. L’egemonia occidentale si è costruita con la guerra. Un esempio per tutti Hong Kong dove un Impero fondato sul libero spaccio della droga ha imposto il proprio volere e i propri costumi a una civiltà millenaria. Il liberismo è poi l’ideologia che i dominatori cercano di imporre ai dominati. Una ideologia che si guardano bene di seguire in patria. Gli americani sono di fatto uno stato “socialista” fondato sulle commesse dell’apparato militar-industriale. In molti, di fatto, vivono delle commesse dello stato anche se tutto è privatizzato. Questa caratteristica “socialista” e keynesiana li ha salvati, come molti altri, negli anni di Roosevelt dal fallimento del capitalismo “libertarian” che data dal 1929. Eppure gli americani cercano di contrabbandare a tutti la loro merce avariata già fallimentare in patria.
Se i paesi occidentali sottolineano sempre di essere strategicamente avversari della Cina e la loro ostilità nei confronti della Russia, tra questi due paesi si va sempre più delineando una alleanza strategica, sottolineata anche dai leader dei due paesi, che spazia dal livello energetico, commerciale fino a quello militare. Il nucleo dell’Eurasia si rinsalda sempre di più come alleanza strategica. I cinesi preferiscono un mondo pacifico mentre gli USA non sembrano capaci di vivere senza seminare il caos nel pianeta. La deterrenza Russia-Cina sarà sempre più necessaria per fare crescere il mondo e farlo uscire dall’unilateralismo.
Un’arma fondamentale dell’Impero è anche quella finanziaria già usata contro Russia e Turchia. “Gli Usa sono i grandi burattinai di questa nuova guerra, aiutati da una moneta, il dollaro, che è al contempo nazionale e mondiale”. Ma se gli americani con gli accordi del Plaza sono riusciti ad imporre il loro diktat al Giappone, mettendo all’angolo il loro principale avversario commerciale ma alleato strategico, sarà diversa la musica con la Cina, ben più solida e con un sempre più robusto mercato interno.
La Via della Seta destabilizza l’ordine unilaterale fondato su caos e guerra per stabilizzare il mondo attraverso la pacifica competizione e collaborazione commerciale.
Un libro. dunque, indispensabile per la formazione dei militanti ma fortemente consigliato anche a chi voglia semplicemente informarsi da una fonte indipendente dal mainstream ormai saldamente posizionato dalla parte dei cold warrior di Washington.
Termino con le parole dell’ambasciatore Alberto Bradanini, autore della prefazione, e uno dei pochi diplomatici che a Pechino erano nel posto giusto per le loro competenze: “Con tutti i limiti, figlie di percorsi storici diversi, le nazioni sfidanti tengono però in vita la possibilità di un’alternativa, opponendosi alla normalizzazione nichilista nell’imbuto di Fukuyama, democrazia liberale ed economia di mercato. Il mantenimento del sogno in un mondo privo di sfruttamento e alienazione resta fondamentale”.
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