L’articolo che qui vi propongo può legittimamente suscitare sgomento. Non sono un catastrofista, ma ciò che gli autori sostengono è difficilmente contestabile. Si tratta di dati di fatto, a fronte dei quali risulta incomprensibile, per non dire folle, la letargia della politica nostrana ed europea o, peggio ancora, l’adesione a certe propensioni guerresche.
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di C.A. Agnoli e P. Taufer
Con una Russia impegnata ad allontanare militarmente la Nato dall’Ucraina assumendo una posizione fortissima nel campo della dissuasione nucleare e il mondo anglosassone e i suoi satelliti sull’altra sponda, decisi a non cedere una regione chiave, come è appunto l’Ucraina, nell’ormai secolare Grande Gioco – fondato sulle teorie di Mackinder che vedono la terra, individuata nell’Eurasia, contrapposta al mare, cui è vocato dalla geografia il mondo anglosassone –, il pericolo attuale di un allargamento delle ostilità all’Europa sta assumendo connotati credibili e reali.
Se osserviamo la geografia dell’Europa balza subito all’occhio il ruolo assolutamente peculiare e strategico della portaerei allungata nel Mediterraneo che l’Italia rappresenta, con ottomila chilometri di coste frastagliate ideali per ospitare ogni tipo di arma acquea e subacquea e relative infrastrutture. E a ragione: le potenze talassocratiche, vincitrici del secondo conflitto mondiale, dispongono da allora di oltre centoventi fra basi e insediamenti militari nella Penisola, inclusi gli armamenti strategici nucleari. Ci limitiamo qui a citare solo le più rilevanti: la base di Aviano in Friuli che ospita stormi di cacciabombardieri Usa accreditata di un deposito – a quanto è dato di sapere – di cinquanta testate nucleari trasportabili dagli stessi. Da maggio 2022 questi ordigni saranno disponibili in nuova versione con capacità distruttiva maggiorata e possibilità di lancio a distanza dagli obiettivi. È la maggiore base aerea Usa del Mediterraneo, con competenze che si spingono molto a Est. Vicino a Brescia c’è Ghedi, con un deposito di poco inferiore ad Aviano di bombe nucleari (oltre quaranta, si dice) e un cospicuo schieramento di F-35 e Tornado con la stessa missione di penetrazione in profondità nel territorio nemico. Il maggior arsenale d’Europa, fatto di armi, bombe, missili e quantità ingentissime di esplosivo si trova a Camp Darby vicino a Pisa; vi è di che equipaggiare una brigata corazzata ed è stata la fonte logistica offensiva della guerra di Jugoslavia del 1999. La Sesta Flotta Usa è ancorata a Gaeta, con comando operativo a Napoli, si parla di quaranta navi, mentre la città di Vicenza ospita la 173ma divisione aerotrasportata Usa, cinquemila uomini di pronto impiego. La Sicilia riveste un’importanza anche maggiore: Sigonella, in provincia di Catania, è la principale base terrestre Usa del Mediterraneo, da cui partono i droni per i rilevamenti nei cieli ucraini e i giganteschi aerei radar Awacs, ma Sigonella spicca anche per essere una delle cinque stazioni satellitari al mondo (cosiddette Jtags) della rete antimissile, finalizzate anche a condurre operazioni militari prossime alle zone di conflitto. A una cinquantina di chilometri di distanza, in provincia di Caltanissetta, a Niscemi, qualche anno fa è stato installato uno dei quattro sistemi di comunicazione satellitare, chiamato Muos, che su scala planetaria struttura un’unica rete di comando, controllo e comunicazioni fra i componenti della macchina bellica Usa. E Niscemi è direttamente collegata a un altro polo simile, in Virginia, via fibra ottica.
Arrestiamoci qui e configuriamo uno scenario possibile: quello di un paese Nato che venisse infaustamente coinvolto nella guerra Ucraina-Russia. In virtù dell’articolo 5 del Trattato nordatlantico tutta la Nato dovrebbe entrare compatta in guerra contro la Russia. Lo scontro potrebbe tuttavia assumere repentinamente connotati estremi: la corrente dottrina nucleare Usa prevede infatti di sferrare un primo colpo di massima distruzione preventivo (first strike) col ricorso ai missili balistici a carico dell’arsenale nucleare russo e delle sue infrastrutture. In ogni caso risulta chiaro che l’Italia è strumentalmente utilizzata dagli Usa come, appunto, portaerei in funzione eminentemente antirussa e che la sua sovranità è solo apparente. Dal momento che la totalità delle basi e relative infrastrutture è comunque certissimamente nota ai russi, è evidente che gli stessi, a minuti di distanza da un potenziale first strike, per scongiurare la propria distruzione saranno di fatto obbligati a colpire almeno le basi più importanti con un’arma nucleare che possiamo credere già puntata allo specifico obiettivo.
È sgomentevole considerare la mancanza di consapevolezza da parte degli italiani e in particolare di tutti i partiti politici, sedicente opposizione inclusa, a fronte della minaccia della distruzione fisica totale del Paese. Gli analisti concordano infatti sul rischio quotidiano che lo scontro possa celermente degenerare in catastrofico confronto nucleare e Biden lo ha apertamente minacciato come riporta il Wall Street Journal del 25 marzo scorso. Alla luce di questa spaventevole prospettiva, ancor più sgomenta l’azione di coloro che mirano, mediante fornitura di armi e di mezzi, a prolungare e a inasprire la guerra con innalzamento delle tensioni e del correlativo pericolo nucleare.
Va infine considerata la posizione degli Usa che, usciti indenni da due conflitti mondiali, confidano che anche un eventuale, ancorché massivo, confronto nucleare possa scaricarsi in massima parte lontano dal proprio territorio, sacrificando, una volta di più, la sola Europa.
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