Politica da gabinetto
di IL SIMPLICISSIMUS (Anna Lombroso)
Da più di 70 anni abbiamo introiettato un binomio indissolubile e imprescindibile. Fascismo uguale ignoranza esibita fieramente come una virtù, destra uguale a volgarità becera, triviale brutalità, perfino a una somatica più che una fisiognomica, inanellata e incollanata, ipertatuata con simbologie che per qualche mese siano stati costretti a sdoganare perché ornavano colli taurini e epidermidi di coraggiosi eroi pronti a immolarsi per l’Occidente.
Ed è comprensibile. Non c’è attività che si svolga ai margini della società che in qualche modo non sia infiltrata da “elementi” appartenenti a schiere di nostalgici del ventennio, quello duro nel quale le cene eleganti si tenevano in regime di monopolio nelle ville di famiglia del duce, che si facevano arrivare i dischi jazz e i romanzi dagli Usa, ballavano danze negroidi legittimati dall’appartenenza a un ceto disincantato e sofisticato, a differenza del ventennio della Milano da bere popolato di parvenu e coatti rifatti.
E poi non ci sono stati spalti dove non si consumassero i riti feroci della tifoseria dove non campeggiassero gagliardetti, svastiche, dove non girassero e circolino droghe e mancette fornite premurosamente dalla malavita che in queste cerchie reperiscono manovalanza e clientela.
Per uno strano fenomeno di scissione abbiamo sempre immaginato che le loro facce rubizze si sollevassero da crapule di fagioli co le cotiche, che non ci fosse profumo d’Arabia che coprisse gli afrori maturati in palestre per spaccaossa e tirapollici (pseudonimi cari a Mafia Capitale), mentre intanto una loro scrematura veniva invitata con tutti gli onori ai festival dell’Unità in veste di autorevole interlocutore, godeva di palazzetti nel centro storico negati ai pericolosi centri sociali, per svolgere attività di carattere umanitario.
Il tutto con la clemente comprensione di forze dell’ordine e magistratura da sempre restie ad applicare leggi esistenti, mentre la pensosa ma irresoluta sinistra caldeggiava la promulgazione di provvedimenti ancora più rigidi e, naturalmente, più inapplicabili.
E tanto per non sbagliare gli habitat delle specie più marginali, dei brutti, sporchi e cattivi, erano obbligate a ospitare convivenze difficili che noi aborrivamo: altri disperati, altri ancora più diseredati, pronti a entrare in conflitto in crudeli guerre tra poveri.
A ogni tenzone elettorale, poi, qualche riflessivo pensatore si interrogava sull’opportunità di rivedere le regole del suffragio elettorale, preoccupato di affidare in quelle mani un bene delicato come la democrazia, mentre intanto i capibastone percorrevano le periferie a caccia di consensi secondo le auree procedure valide dai tempi di Lauro e mai interrotte, stupendosi che comunque fosse solo la destra a fare presa in tanto malcontento.
Nulla accade per caso: in efficace combinazione con il sopravvento del politicamente corretto, bisognava delegittimare qualsiasi componente e qualsiasi spazio politico a fermenti dei margini così preoccupanti per l’establishment, dove potevano trovare un humus favorevole populismo, sovranismo, antieuropeismo.
E a aiutare questo processo si è impegnato un ceto politico che se non ci fosse stato si sarebbe dovuto inventare per aiutarci a distinguere il Bene dal Male, il Giusto dall’Ingiusto, l’Educato dal Buzzurro, il laureato dalla Bocconi e il Diplomato all’Istituto Alberghiero di Massa Lubrense.
Non era stato previsto che il dominio della teocrazia del profitto e dello sfruttamento avrebbe abbassato per tutti il livello delle qualità e delle caratteristiche del capitale umano, che l’avidità e la smania di accumulazione avrebbe posseduto la stessa violenza ferina della lotta per la sopravvivenza di cafoni disposti a tutto per restare a galla.
E neppure si immaginava che vizi e trasgressioni un tempo annoverate tra i caratteri aberranti di ceti e individui che sotto la bandiera di Dio Patria e Famiglia, agivano contro l’interesse generale, diventassero virtù inderogabili del personale politico, in particolare di quello ormai impegnato a erogarci elargizioni arbitrarie in cambio di diritti e garanzie, addetto a distrarci dalle battaglie di classe e di liberazione, per offrirci militanze di superficie e di facciata: antifascismo, ambientalismo da giardinieri, femminismo neoliberista. In modo che le aspettative si abbassassero, che ci si accontentasse di imitazioni della vita e della dignità, che fosse rassicurante in tempi difficili affidarsi a uomini di regime, decisori autoritari in grado di provocare emergenze che non sanno e non vogliono risolvere.
Deve aver pensato così anche il fumantino capo di gabinetto del Sindaco di Roma, sorpreso durante un violento alterco con altri due figuri e scaturito a suo dire per divergenze calcistiche che da anni sono diventate anche quelle validi sostituti dell’homo homini lupus.
Vi faccio capire io, ha lasciato intendere, com’è un uomo forte sia pure con i tratti del progressista al servizio della causa riformista e in azione per salvare la città dal fallimento e dalla cattiva reputazione! Invitandoli a mettersi in ginocchio come per un’esecuzione li minacciava in pieno ristorante e al cospetto della sua stessa signora di abbatterli sul posto.
Ma i capi di gabinetto, i burosauri addetti a sbrigare le faccende dei potenti eletti, non erano il personale inamovibile e irrinunciabile per la gestione della cosa pubblica, non dovevamo a loro negoziati, accordi, procedure speciali che oliavano e permettevano di condurre in porto le navicelle sbattute dal vento dell’ardua governabilità?
Ci hanno perfino scritto un libro per magnificarne le doti vitali a sostegno di chi sceglie la strada impervia di gestire il bene comune (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2021/02/16/la-giostra-degli-insostituibili/) e che non possono cavarsela senza chi mette la manina misteriosa che scioglie un nodo, aggiunge o toglie una parola fatale, con solenne quanto severo e lungimirante senso della misura.
Invece eccolo qua, dimissionario ma non pentito mentre pare che il povero interlocutore di allora che rischiò l’incaprettatura, si sia pentito delle sue velleità a abbia ritirato una spericolata candidatura alle Politiche. Tra qualche giorno calerà l’oblio, anzi è già calato: cosa vuoi che sia rispetto al pericolo della sgangherata Meloni, al rischio del tanghero Salvini, quello che al momento buono deve prestarsi a dismettere il pareo per sostenere i governi progressisti? Quello si che è Fascismo.
Fonte: https://ilsimplicissimus2.com/2022/08/20/politica-da-gabinetto-165492/amp/
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