Legislative francesi: tutto resta da fare, tranne due cose
di DOPPIOZERO (Andrea Inglese)
Si temeva, come scenario peggiore, una maggioranza assoluta in Parlamento del Rassemblement National. Ma c’era la speranza che, grazie a un gioco responsabile dei dirigenti di sinistra e quelli della uscente maggioranza, confermato da un gioco altrettanto responsabile degli elettori dell’uno e dell’altro schieramento, funzionasse uno sbarramento nei confronti delle candidature RN nel paese, tale da confinare il partito di Bardella a una maggioranza relativa. Non è andata né nell’uno né nell’altro modo. Nonostante il linciaggio mediatico, durato mesi, della sua componente più radicale (La France Insoumise), la sinistra francese si è unita, ha formulato un proprio programma, ha fatto una campagna su di esso, ha accettato di appoggiare, al secondo turno, candidati della maggioranza uscente di governo in funzione antifascista, e al secondo turno delle elezioni legislative più drammatiche della storia repubblicana ha ottenuto il maggior numero di seggi, rovesciando tutti pronostici. Non ha la maggioranza assoluta, ma 178 seggi (+ 47 rispetto alle legislative del 22), contro i 159 dei macronisti (– 86 rispetto al 22) e i 142 del Rassemblement National (+ 53 rispetto al 22) [fonte “Mediapart”].
Il Nouveau Front Populaire è un’alleanza delle sinistre francesi. Raccoglie, dopo il secondo turno, ben cinque componenti: le quattro della precedente alleanza (la Nupes, creata in occasione delle legislative del 2022), ossia La France Insoumise, i comunisti, i socialisti, i verdi, a cui si è aggiunta quella più moderata di Raphaël Glucksmann. Ancora qualche giorno prima delle elezioni europee, le sinistre francesi sembravano irriducibilmente divise, e non solo in virtù della propaganda filogovernativa, cavalcata ovviamente dai portavoce del Rassemblement National, ma da importanti dissidi interni, in buona parte creati dalla leadership autoritaria e presenzialista di Mélanchon. La loro repentina riunione è stata senz’altro sorprendente, ma di certo non insperata. Appena è circolata la notizia che i dirigenti delle sinistre si univano in un nuovo Fronte popolare, la gente, nelle grandi città, è andata in piazza a sostenere la loro decisione. E li ha sostenuti non solo in chiave repubblicana e antifascista, ma perché raccogliessero il frutto di tutte quelle lotte sociali, ecologiste e femministe che, dall’inizio del primo mandato Macron (2018), si sono succedute in Francia, fino alle manifestazioni dell’anno scorso contro l’innalzamento dell’età pensionabile. L’attuale programma delle sinistre, infatti, è stato scritto “sotto dettatura” di tutte quelle lotte.
È troppo presto per dire che cosa di questo programma sarà realizzabile nella situazione attuale, come non è facile prevedere la tenuta di un’alleanza che include soggettività politiche anche molto diverse. Ma due cose importanti e per nulla scontate questo Fronte Popolare è stato in grado di farle: ha permesso allo sbarramento antifascista di costituirsi – qui in Francia lo chiamano “repubblicano”, ma per amore degli eufemismi politici – e ha ottenuto la maggioranza relativa in parlamento, soppiantando il favoritissimo (nei sondaggi) Rassemblement National. Il primo risultato è da condividere con la maggioranza uscente, ma se si aspettavano i macronisti per fare blocco contro l’estrema destra, campa cavallo. Ho già ricordato qui (Elezioni europee: tragicommedia alla francese | Andrea Inglese) quale sia stato il calcolo di Macron: il fronte repubblicano, nelle sue aspirazioni ben poco realistiche, avrebbe dovuto essere confinato alla sola forza di governo, che era immaginata in un roseo scenario di trionfo tecnocratico, e non di crollo elettorale, quale si è dato con le elezioni europee. Naturalmente questi due successi delle sinistre unite non vanno giù a una gran quantità di persone, e non sto parlando ovviamente dei dirigenti e degli elettori dell’estrema destra. La stampa, le televisioni filogovernative, e legioni di opinionisti e opinioniste di ogni sfumatura moderata o conservatrice, avevano scommesso, giurato, brindato anticipatamente, sull’autodistruzione delle sinistre o sulla loro semplice incapacità di mobilitare un numero consistente di elettori. Quindi ora assistiamo a un lavoro per minimizzare la sorpresa generale grazie a grandissime dosi del senno di poi, ma tutto ciò con lo scopo di posticipare la data del fallimento politico e dell’implosione fratricida. Non ho bisogno di verificarlo, ma questo sarà anche il ritornello più diffuso sui media italiani, che devono comunque spandere un po’ di balsamo sulla cocente delusione della nostra Presidente del Consiglio. Io, invece, proprio in quanto espatriato, senza diritto di voto in terra francese, ho goduto per procura. Lo ammetto senza vergogna. Anche perché, per la prima volta dopo un bel po’ di tempo, ho visto in TV esponenti politici del Fronte Popolare dire “cose di sinistra”. E dirle nonostante, ad ogni frase, i loro interlocutori sbiancassero come davanti alle peggiori bestemmie. Per la prima volta, ho avuto l’impressione che degli esponenti della sinistra non passassero il tempo a giustificarsi di essere di sinistra. Diciamo pure che negli ultimi anni, in occasioni di prese pubbliche di parola, sudavo freddo, ascoltando dirigenti di sinistra francesi o italiani. E la questione non riguardava neppure i “contenuti” astrattamente intesi (“le cose di sinistra”), ma il modo, il tono, la mimica, la prossemica, lo spirito santo, quello che volete voi. Insomma, quelli o quelle parlavano, ma così poco convinti e convincenti, che neppure io, loro pedissequo elettore, ne uscivo minimamente persuaso. Il mio godimento per procura, però, è anche legato a un sollievo più intimo e diretto. Un RN che non fosse uscito, dopo l’euforia delle europee, strategicamente sconfitto da queste elezioni legislative, avrebbe implicato un pericolo diretto per alcune persone che mi sono particolarmente care in Francia. Si tratta di amiche e amici molto giovani, in gamba e coraggiosi, che però non hanno (ancora) la nazionalità francese, sono di origine africana o comunque extraeuropea, e studiano o lavorano con permessi di soggiorno limitati nel tempo. Per loro la vita sarebbe stata più dura, più minacciata, e questo sul piano dell’atmosfera sociale, ancor prima che su quello delle norme amministrative.
Quanto detto finora non vuole sottovalutare minimamente il pericolo in cui la Francia (e con lei l’Europa) si trova oggi. Non a caso sui social, tra gli elettori di sinistra, ha cominciato subito a circolare uno slogan: “Tout reste à faire”, tutto è ancora da fare. Ma riconosciamo quando qualcosa ha funzionato. E quello che secondo me ha funzionato non è stata solo l’unione delle sinistre, né gli appelli a creare nuovamente un fronte antifascista, ma il fatto di proporre un programma di cambiamento e di rottura con le politiche neoliberiste, raccogliendo il mandato delle proteste di strada degli anni precedenti. Non è più possibile dire: difendiamo la democrazia così com’è; è necessario chiedere una democrazia maggiore e migliore, più avanzata socialmente, più responsabile nei confronti dell’ambiente, ecc. Non si tratta di resistere al fascismo, ma di creare delle riposte alle sofferenze di cui esso è sintomo.
Coda: ideologia reazionaria e cronaca nera
I nuovi fascismi sono delle potentissime macchine, in quanto si alimentano di due materie prime che abbondano nell’universo collettivo delle società democratiche, ossia la paura e il risentimento (vedi l’articolo di Marco Belpoliti qui). Le ideologie progressiste e persino quelle conservatrici implicano un lavoro di raffinamento di queste emozioni politiche elementari, in vista di un allargamento dell’autonomia dei governati le prime, e in vista di un attivo mantenimento delle vecchie istituzioni e dipendenze le seconde. Le macchine neofasciste di captazione del consenso, invece, prendono per buone le emozioni di paura e risentimento, e anzi le alimentano senza metterle in discussione, ossia senza sottoporle ad analisi, confronto, prova di realtà. Lungo le faglie di tutte le maggiori divisioni sociali, di classe, razza, genere, le macchine della reazione nutrono tutti i fantasmi di declassamento, detronizzazione del maschio, snaturamento delle identità culturali, e relative pulsioni di rivalsa. Ogni processo di modernizzazione, allora, per i conflitti e le ambivalenze reali che genera, diventa l’occasione di sognare una configurazione sociale da ristabilire, ma attraverso una drastica riduzione della complessità e dell’autonomia sociali. I nuovi fascismi chiedono fede, adesione cieca, eventualmente azione immediata e violenta, non processi di “formazione” della soggettività, e infatti non hanno mai “quadri” sufficienti, in quanto si costruiscono in modo estremamente verticistico. Fino a qui elementi di analisi che ci sono ormai familiari, e che si attagliano perfettamente all’RN francese, ma anche all’insieme delle estreme destre occidentali (passando per Salvini e Meloni). A ciò vorrei aggiungere un solo punto: il nesso non occasionale, ma strutturale tra ideologia reazionaria e mondo visto sub specie della cronaca nera.
Le forze politiche democratiche devono in qualche modo prevedere l’elaborazione di una visione del mondo, attraverso quella che Cornelius Castoriadis chiamava la paideia del cittadino. Per l’estrema destra, invece, l’essenziale è connettere il cittadino il più direttamente e continuativamente possibile con la cronaca, e più vi è distanza tra quanto il cittadino vive e i fatti di cronaca a cui è confrontato, meglio si alimenta la macchina della paura e del risentimento. Da questo punto di vista il controllo dei media vecchi (stampa, radio, TV) e nuovi (piattaforme e social network) è strategico per le forze della reazione. L’orizzonte di realtà del cittadino non deve mai oltrepassare il fatto di cronaca. In Francia, la crescita costante dell’elettorato RN è andata di pari passo con l’estensione dell’impero mediatico di Vincent Bolloré, miliardario e fervente cattolico, che possiede Canal Plus, CNews, C8, Europe 1, “Le Journal de Dimanche”, “Paris Match”. Ma nel momento in cui l’estrema destra, in modo stabile, costruisce il suo discorso pubblico sulla captazione della cronaca nera, qualsiasi canale d’informazione, anche il più ideologicamente neutro, contribuirà a fornirgli inesauribili prove di una realtà caotica, sregolata, violenta, che solo l’imposizione di un ordine nuovo, altrettanto se non più violento, sarà in grado di sanare.
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