Taylor Swift e l’Impero Americano
DA LA FIONDA (Di Alfonso Moura)
La cantante americana sarà a Milano per il suo tour europeo. Un’icona della musica statunitense, Taylor Swift fa molto di più che riempire enormi stadi; è un elemento chiave del Soft Power a stelle e strisce.
Figlia della fine della Storia
Nata nel 1989, lo stesso anno della caduta del muro di Berlino, Swift incarna una generazione che non ha conosciuto la Guerra Fredda. Cresciuta negli anni novanta, anni in cui l’idea che la storia fosse finita era il mantra permanente delle élite in Occidente.
L’ottimismo americanocentrico si irradiava su tutto il globo. Nella visione statunitense, l’ultima battaglia della Storia dell’Umanità era stata disputata e vinta. Dopo la sconfitta del Nazionalsocialismo, era arrivato il crollo dell’Unione Sovietica; la polarità duale tra Washington e Mosca era stata trasformata in un dominio unilaterale degli Stati Uniti.
L’errore cruciale del nostro secolo fu pensare che la competizione geopolitica tra attori diversi fosse finita – che il terrorismo sarebbe stato il problema principale. Il terrorismo, che ha avuto una consacrazione con gli attacchi del 2001 negli Stati Uniti, è un elemento importante per capire il nostro mondo, ma non è il più importante.
Parlare alle masse nell’era di internet
Il secolo scorso ha trasfigurato le forme della politica. L’uso crescente dei giornali e la nascita della radio e della televisione hanno cambiato il rapporto fra governanti e governati. I nuovi media hanno permesso anche un rapporto inedito fra i fan e gli artisti. Taylor Swift fa parte del mondo di internet, un altro sviluppo tecnologico che ha riorganizzato la nostra vita collettiva ed ha aperto una finestra per rapporti ancora più intimi fra le persone. L’immediatezza di internet e la sua natura decentralizzata hanno ristrutturato il legame sociale. I giornali, le radio e le televisioni sono un tipo di mediazione fra il reale e la sua comprensione; internet, invece, è spesso immediato, una manifestazione di purezza che rifiuta le mediazioni. Molti individui – isolati o alienati – sono riusciti a tornare alla politica grazie a internet; in questo senso, internet è stata una manifestazione dell’elementarità del politico, nel suo senso più nobile.
Nel 2017 Swift ha rimosso i post di tutti i suoi social. Questo ha provocato una vera e propria incomprensione ed eccitazione tra i suoi follower. Tutti ne parlavano e i media tradizionali hanno dovuto seguire questa storia. C’è un legame tra i grandi leader carismatici del secolo scorso – e di questo secolo – e i grandi artisti. Loro stabiliscono un rapporto – anche se falso o artificiale – tra le masse e il personaggio che incarnano. Giocano sul bisogno di riconoscimento delle persone.
Questo colpo di scena di Swift fu una strategia per creare entusiasmo per il suo nuovo album, appunto nominato Reputation. Il web ha consentito all’artista di avere meno necessità di cercare un compromesso con i media tradizionali per migliorare e lanciare la sua immagine pubblica. In questo senso, internet è lo strumento che agevola il disincagliamento degli artisti dai media ufficiali come il liberalismo ha permesso il disincagliamento dell’economia dai poteri pubblici.
La manipolazione ha funzionato perfettamente, l’album fu un successo. Il processo fa sì che la persona abbandoni la sua individualità per fondersi in un magma collettivo indifferenziato, diventando un Swiftie, e la cosa più importante è recuperare il sentimento di far parte di qualcosa di più grande, come quando gli elettori si riuniscono per diventare i sostenitori di qualche politico, in qualche piazza.
La bellezza e il potere
Gli imperi non vivono solo di materialità, hanno anche bisogno di metafisica. Ma la materialità ha un ruolo importante. E tra la materialità abbiamo anche l’esteriorità, l’aspetto. Taylor Swift è l’incarnazione di un fenotipo celto-germanico, visibile essenzialmente nell’Europa nordoccidentale e nei discendenti di quella parte del mondo.
L’America non è mai stata solo WASP – White Anglo-Saxon Protestant. È stata però protestante e celto-germanica; ridurla a una realtà solamente anglosassone è pura propaganda, neanche l’Inghilterra fu solo anglosassone. Il fenotipo, comunque, non basta. Susan Boyle è una brava cantante, ma ha dovuto attendere il 2009 per conquistare le masse. Fosse stata più bella, la storia avrebbe potuto essere diversa. Comunque, Susan Boyle non avrebbe mai potuto raggiungere Taylor Swift. E non parliamo solo di bellezza: nel nostro secolo, il Regno Unito non ha la capacità di proiezione di potere degli Stati Uniti…
L’ambiguità di Taylor sul suo posizionamento politico ha lasciato spazio a molta speculazione. Dopo l’elezione di Donald Trump nel 2016, molti commenti online hanno scritto che lei aveva votato per Trump e che era una trumpiana di cuore. C’è anche stato un periodo in cui frasi di Adolf Hitler circolavano con immagini di Swift, come se lei le avesse dette. L’Alt-Right era dietro tutto questo, utilizzando la sua bellezza e il suo fenotipo per attrarre più dissidenti.
L’incarnazione femminile della nazione nordamericana – Columbia – oggi potrebbe essere solo Taylor Swift, nessun’altra potrebbe competere con la Miss Americana…
Gramsci supera Nye
Il Soft Power teorizzato da Joseph Nye prova a dare senso a quelle realtà che vanno oltre cose più concrete come la capacità economica di una nazione o la potenza del suo esercito. L’entrata di questo vocabolario inglese nelle nostre vite è una conseguenza chiara della vittoria statunitense nella seconda guerra mondiale. Tanti autori europei sono stati dimenticati, tra loro Gramsci.
Pensiamo che il pensatore sardo abbia teorizzato questa questione prima di Nye, con il suo concetto di egemonia culturale. Certo, Gramsci parlava di due culture, una proletaria e una borghese; per la vittoria del proletariato era necessario far vincere le idee del proletariato, solo a quel punto la borghesia poteva essere sconfitta. Lui capovolgeva un assioma marxista: per il fondatore del Partito comunista italiano le idee cambiavano la materialità, e non la materialità le idee.
Costruendo un altro concetto partendo da Gramsci, abbiamo concettualizzato la dominazione culturale –cultural sway in inglese. L’obiettivo era capire le battaglie delle civilizzazioni e delle idee senza restare prigionieri della lotta di classi. Gramsci ha superato Marx, noi abbiamo dimenticato Gramsci.
La musica di Taylor Swift è un alleato imprescindibile all’egemonia della lingua inglese. Sempre la lingua fu compagna dell’impero, ha detto Nebrija alla regina Isabella. Aggiungeva che fiorivano insieme e che crollavano insieme. Un impero è una lingua. In Italia l’impatto dell’inglese è ancor più grande che in altri paesi europei, per esempio con la parola privacy – che gli Italiani normalmente non traducono.
Le masse non leggono Marlowe, Disraeli o Tolkien, ma ascoltano Swift.
Un’alienazione felice
Taylor Swift ci permette anche di capire la politicizzazione e la spoliticizzazione. Le élite sono spesso interessate a un popolo docile e sottomesso; per raggiungere questo obiettivo hanno bisogno di panem et circenses. Gli artisti in generale, e i grandi artisti in particolare, giocano un ruolo assolutamente centrale. Spoliticizzano le masse divertendole. Queste abbracciano l’alienazione per dimenticare le loro fatiche, sempre più dense e ignobili. Dimenticano la dimensione politica, pubblica, delle loro vite e restano chiuse nel divertimento puerile. Gli spettacoli di Taylor Swift non sono solamente un’esperienza musicale, sono opere delle masse. Ci sono luci, esplosioni, balli, movimenti, anche dialoghi o monologhi. Gli Swifties entrano in uno stato di euforia, gli spettacoli potrebbero essere paragonati a movimenti protestanti americani dove c’è un rapporto intenso tra la gente e la divinità. Swift non è Dio, è Dea – God is a woman.
L’Impero Americano perderebbe una delle sue più efficaci armi senza Swift. Le bombe atomiche, la blue water navy, Wall Street, i cowboy, la Silicon Valley, tutto questo è cruciale. Ma senza Taylor Swift il dominio culturale nordamericano sarebbe chiaramente minore.
Ma, qualche volta, bisogna riattivare il corpo spoliticizzato. Siamo forse di fronte a una di quelle volte. Il primo dibattito presidenziale nordamericano tra Joe Biden e Donald Trump è stato una sconfitta per il primo. Trump non ha vinto il dibattito, Biden lo ha perso da solo. Le capacità cognitive dell’attuale presidente statunitense sono declinanti, cosa normale per la sua età, ma possibilmente non accettabile per un candidato presidente.
Il New York Times ha chiesto a Biden di farsi da parte, per permettere la vittoria democratica contro Trump. La rivista Time ha scritto in copertina una sola parola: panico. Democratici eletti e non eletti chiedono in coro che Biden lasci il posto e permetta a un altro di essere il candidato.
Molti speculano su chi potrebbe essere quest’altro: una donna come la vicepresidente Kamala Harris, un uomo come Gavin Newsom, governatore della California, o altri. Biden resiste e dice di essere convinto di poter continuare la campagna e vincere a novembre. Ho i miei dubbi.
Nondimeno, le élite proveranno a politicizzare la folla per evitare una seconda presidenza Trump. Ma non utilizzeranno Biden, la loro arma segreta è una cantante.
La politica americana del 2024 gira intorno a una donna, e non è la vicepresidente. Taylor Swift è l’ultimo bastione tra Trump e la Casa Bianca.
FONTE: https://www.lafionda.org/2024/07/12/taylor-swift-e-limpero-americano/
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