NORD E SUD DELL’EUROPA, L’UNIFICAZIONE IMPOSSIBILE
Giampiero Marano ARS
Il filosofo Oswald Spengler, che pure non amava Hitler, considerava gli europei del Sud una razza inferiore e gli italiani un popolo di colore. Da più di trent’anni il settimanale più venduto in Germania ripete periodicamente, con qualche ovvia cautela, lo stesso concetto. L’ultima volta è avvenuto dopo il tragico incidente dell’isola del Giglio: non c’è da meravigliarsi, ha scritto infatti “Der Spiegel”, che il capitano della Costa Concordia fosse italiano, un tedesco o un inglese non si sarebbero comportati allo stesso modo.
Il meridionale è vile e corrotto, il nordico ha etica e senso del dovere: questi luoghi comuni, anche se banali, esercitano ed eserciteranno un’influenza enorme nei rapporti fra i popoli europei. La storia, del resto, racconta molte cose a chi abbia orecchie per intendere. Vale la pena soffermarsi su due di esse in particolare.
La prima: ogni volta che il continente ha conosciuto periodi più o meno duraturi di unità politica, ciò è accaduto con la forza delle armi. Non c’è di che stupirsi. Anche oggi sarebbe ingenuo pensare che innumerevoli differenze di qualsiasi genere siano eliminabili con un colpo di spugna dal comune sentire democratico (affermatosi soltanto in tempi recenti ma ormai messo a dura prova dall’autoritaria, fanatica oligarchia di Bruxelles) oppure dalla presunta e più prosaica necessità di fare blocco per reggere il peso della competizione globale: il risveglio dal sonno dogmatico è quanto mai penoso. Lo stiamo sperimentando in questi anni decisivi, per riprendere il titolo di un libro di Spengler messo al bando dal regime nazista.
La seconda: un solco incolmabile separa i paesi atlantici e settentrionali dal mondo mediterraneo. Il mainstream ci ha ormai assuefatti alla celebrazione retorica delle magnifiche sorti e progressive dell’Unione, in costante espansione come l’universo, ma è buffo scoprire che la realtà è rimasta ferma… all’Impero romano. Come venti secoli fa, il Reno e il Danubio continuano a segnare il confine fra due civiltà estranee (ma non per questo, sia chiaro, fatalmente ostili): due universi paralleli, incapaci di comunicare e di comprendersi perfino nell’epoca dell’omologazione e dell’appiattimento planetario.
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