Amartya Sen, il colonialista
di Claudio Martini
Nel brano che segue, Amartya Sen sta parlando del Myanmar, che ovviamente chiama Birmania. Se cogliete i riferimenti in grassetto avete compreso i tempi in cui vivete. Se no, no.
Ho capito, non siete capaci. Lo faccio io.
"Che cosa può fare la comunità internazionale (prima chicca: India, Giappone, Cina, Russia, tutto il sud america e l'intero mondo arabo non sono ostili al Myanmar.Di che comunità sta parlando? C'è un mondo oltre alla NATO!)? Molti analisti di questioni birmane chiedono da tempo l'invio di una commissione di indagine internazionale, se possibile guidata dalle Nazioni Unite. Le motivazioni per svolgere un'inchiesta sono solide e molteplici, soprattutto dopo la manipolazione delle recenti elezioni (MASTERPIECE: di solito le indagini sevono ad appurare se le elzioni sono state manipolate. Qui invece si è già deciso che lo sono, dopodichè si mandano gli ispettori a convalidare ciò che già si sa. Presuinzione di colpevolezza senza prove. Applausi). Vi sono in ogni caso alcuni provvedimenti immediati che possono essere varati allo scopo di esercitare maggiori pressioni sul regime.
Prima di tutto occorre delineare ex novo l'insieme di sanzioni ed embargo in vigore al momento. Sanzioni generiche che colpiscono la popolazione birmana – per esempio ponendo restrizioni alle esportazioni di capi di abbigliamento (qui si riconosce con precisione il committente di questo articolo: il settore dell'abbigliamento in Myanmar è controllato da società occidentali, soprattutto degli US. Le sanzioni le danneggerebbero) – possono essere sostituite da sanzioni che prendano invece di mira direttamente il regime, colpendo per esempio le attività alle quali si dedica preferibilmente chi ne fa parte. In cima all'elenco delle possibili sanzioni occorre naturalmente concordare un embargo su armi e armamenti di ogni tipo, e vi sono ottimi motivi per approvare sanzioni su alcuni prodotti – dai minerali alle pietre preziose, dal petrolio al gas – che assicurano consistenti guadagni al regime. (finalmente si fa chiarezza! E io che pensavo che servisse un governo disarmato non in grado di difendere le sue risorse naturali!)"
"Infine, dobbiamo iniziare a riflettere su come un governo post-giunta militare dovrebbe occuparsi dei colpevoli del passato, sia perché questa sarà una questione assai importante in uno scenario non-disfattista (leggi: adatto agli investimenti esteri diretti), sia perché rientra tra le considerazioni che gli odierni personaggi di regime si staranno facendo in merito a ciò che possono ragionevolmente attendersi, qualora dovessero rinunciare al potere. In questo caso possono tornare utili e d'esempio le leadership illuminate di Desmond Tutu e di Nelson Mandela, che non minacciarono sanguinose vendette, ma scelsero in modo perspicace di offrire protezione in cambio di pentimento (geniale: i due nobel sono famosi per aver salvato la vita, con la commisione di riconziliazione degli anni '90, ai bianchi assassini, per poi consegnare loro il paese con le privatizzazioni. Non stupisce che Sen abbia simili riferimenti). Perfino i più sanguinari devono poter trovare una loro via di uscita, se non intendono andare avanti a lottare e tiranneggiare il prossimo fino alla fine."
"Durante le recenti elezioni in Birmania abbiamo assistito a quella che Vaclav Havel ha definito «una scimmiottatura della libera espressione popolare, nella quale la popolazione in realtà ha votato per paura e senza speranza»( Vaclav Havel, dissolutore della Cecoslovacchia, il vecchio cocco di Reagan! Chissa qual'è la speranza di cui parla. La speranza che arrivino le multinazionali al potere?).
Con fermezza e saggezza anche i tiranni potranno essere costretti a farsi da parte. Il popolo birmano potrà tornare alla libertà" (last but not least, come si dice fra le persone colte. Passaggetto decisivo. Tornare: perciò un tempo il Myanmar ce l'aveva, la libertà. Ora, siccome questo paese è una repubblica socialista dal 1949, sinonimo per Sen di male assoluto, quell'"un tempo" non può che essere la dominazione britannica. E tutto torna.).
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