Libia: Russia ed Egitto prendono in mano i negoziati
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
Il premier del Governo di Accordo Nazionale Serraj scampa a un attentato a Tripoli. Intanto il Cremlino e il Cairo si posizionano sempre più al centro delle trattative per il raggiungimento di un accordo con il generale Haftar.
Il 20 febbraio a Tripoli si è verificato il primo attentato alla vita di Fayez Al Serraj, il premier del Governo di Accordo Nazionale (GNA) che da poco più di un anno tenta, sotto l’egida delle Nazioni Unite, di riportare l’ordine in un Paese che dalla caduta del regime di Muhammar Gheddafi nel 2011 resta in preda dell’anarchia.
Un convoglio di macchine blindate a bordo delle quali viaggiavano oltre al capo del GNA, anche il presidente del Consiglio di Stato Abdel Rahman Al Swehli e il responsabile della Guardia Presidenziale Najm Al Nakou, è caduto in un’imboscata mentre attraversava il quartiere di Abu Slim, nella parte orientale della capitale.
Il convoglio presidenziale è stato attaccato da miliziani armati mentre passava nelle vicinanze del Rixos, un complesso di edifici che da tre anni è il quartier generale di Khalifa Ghwell, il capo del deposto Governo di Salvezza Nazionale che risponde al Congresso Generale Nazionale, il parlamento di Tripoli che finora si è rifiutato di riconoscere il governo di Al Serraj. I tre esponenti del GNA sono rimasti illesi, mentre due delle guardie di scorta sono state ferite. Anche se l’identità degli assalitori è ancora sconosciuta, i sospetti si appuntano sui miliziani fedeli a Ghwell, il quale si rifiuta di sciogliere il suo esecutivo per cedere il potere ad Al Serraj.
L’incontro fallito tra Al Serraj e Haftar
Dopo mesi di trattative, e nonostante gli sforzi dell’inviato delle Nazioni Unite Martin Kobler, la crisi libica sembra ancora irrisolvibile: Al Serraj non è riuscito ad avviare un dialogo costruttivo né con il parlamento di Tripoli né con il gruppo di potere raccolto intorno al generale Khalifa Haftar, il capo della Libyan National Army che controlla la Cirenaica e risponde alla Camera dei Rappresentanti di Tobruk.
Il 14 febbraio al Cairo si è tenuto un incontro, fortemente voluto e organizzato dal presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, tra Serraj e Haftar. Ma nonostante quanto sostenuto in un comunicato ufficiale del governo egiziano, secondo cui l’incontro tenuto «per accorciare le distanze tra le opposte fazioni in conflitto e risolvere la crisi libica […] è stato un successo», in realtà i problemi restano tutti sul tappeto. Al Serraj non è infatti riuscito a trovare un accordo con Haftar, e l’attentato di ieri dimostra che anche il dialogo con l’esecutivo di Ghwell a Tripoli appare lungi dall’essere promettente.
Poche ore prima di finire sotto il fuoco dei miliziani probabilmente fedeli a Ghwell, Al Serraj aveva preso pubblicamente atto dell’impossibilità di arrivare a un accordo con il generale Haftar in un’intervista alla Reuters, nella quale ha ammesso il sostanziale fallimento dei colloqui del Cairo. Nella capitale egiziana, ha affermato, «non si è raggiunto un accordo perché sfortunatamente l’altra parte in causa (il generale Haftar, ndr) rifiuta ostinatamente il dialogo». Per questo motivo, secondo Al Serraj sarebbe auspicabile un intervento della Russia nelle vicende libiche e, in particolare, sarebbe utile che Mosca fungesse da intermediaria tra lui e Haftar prendendo direttamente in mano le redini del processo di pace.
Scendono in campo Tunisia e Algeria
Dunque, mentre Al Serraj guarda al Cremlino come possibile nuovo protagonista del processo di riconciliazione nazionale, ammettendo di fatto la scarsa efficacia delle iniziative dei suoi sponsor internazionali, primi tra tutti l’ONU e l’Italia, anche i Paesi che confinano con la Libia si stanno muovendo per cercare vie di uscita alternative alla crisi libica.
Il 20 febbraio, a ventiquattr’ore dall’attentato contro Al Serraj, il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, e il suo collega algerino, Ramtane Lamamra, si sono incontrati a Tunisi con il presidente tunisino Beji Caid Essebsi per affrontare insieme la ricerca di un percorso politico che riporti stabilità in Libia e in tutta la regione, evitando «interferenze straniere».
Il meeting di Tunisi conferma che l’Egitto, che non ha mai nascosto il suo appoggio ad Haftar, ambisce ad assumere un ruolo guida nella soluzione dei problemi del Paese confinante prima che uno stato di guerra civile permanente minacci di diffondere le sue tossine politiche e religiose in tutto lo scacchiere nordafricano.
Nella stessa giornata del 20 febbraio, al Cairo il capo di stato maggiore dell’esercito egiziano Mahmoud Hegazy si è incontrato con Kobler per sottolineare l’impegno diretto del suo Paese nella ricerca di una soluzione al disordine libico che «porti a una riconciliazione tra le fazioni e garantisca l’unità della Libia».
A sei anni dall’inizio della rivoluzione libica – l’anniversario è caduto lo scorso 17 febbraio – nonostante gli sforzi, finora rivelatisi vani, delle Nazioni Unite e delle diplomazie occidentali, in Libia scendono in campo nuovi protagonisti internazionali: la Russia, l’Egitto, la Tunisia e l’Algeria. Ma l’obiettivo che si sono prefissati, vale a dire lasciarsi alle spalle gli ultimi anni di infruttuosi e negoziati aprire una nuova fase delle trattative, non sarà affatto facile da raggiungere.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-russia-egitto-haftar-serraj-negoziati/
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