L’Unione fa la forza?
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
L’aspetto più controverso e sotto un certo punto di vista ridicolo dell’unionismo oltranzista è la responsabilizzazione degli outsider e la deresponsabilizzazione dei leader. Se stati diversi decidono di sottoscrivere accordi, che possono esplicitarsi nella forma di patti commerciali e/o doganali, di accordi di cambio o, come nel nostro caso europeo, di un’unione monetaria che doveva coadiuvare il perseguimento di una effettiva federazione, questi lo fanno con l’intenzione e nella convinzione di incrementare l’utilità dei singoli stati considerati come entità individuali, cioè con l’obiettivo di ottenere reciproca utilità.
Dunque “l’unione fa la forza” e, in ossequio al principio di convergenza implicitamente assunto in questa visione, i forti traineranno i deboli, che a loro volta miglioreranno le proprie condizioni traendo giovamento dall’aiuto, in termini di iniezione di capitale finanziario (grazie lala credibilità ereditata), di “spillover” di conoscenza, di travaso di capitale umano, di governance più matura delle politiche pubbliche, delle strategie industriali e commerciali. Insomma secondo questa teoria chi sta peggio starà necessariamente meglio, perché i forti aiuteranno i deboli col buon esempio, non si discute!
Secondo questa logica se i deboli arrancano la colpa è solo e soltanto loro, perché non sanno sfruttare i consigli e la vicinanza dei fratelli virtuosi.
Appare evidente a questo punto che il ragionamento non fila, infatti:
- Se in un’unione c’è chi peggiora è pacifico che l’unione non funzioni, perché come detto l’obiettivo di unire le forze era quello di migliorare le condizioni di tutti;
- Se contemporaneamente i peggiori peggiorano e i migliori migliorano, non solo l’unione non sta sortendo gli effetti positivi di convergenza promessi e dunque non ha senso di esistere, ma è opportuno osservare le dinamiche dei miglioramenti e dei peggioramenti per identificare le cause della disfunzione e studiare soluzioni, perché è evidente che, se si manifestano degli squilibri crescenti, potrebbe essere la stessa unione una concausa del peggioramento;
- Se dall’analisi delle dinamiche emerge che i migliori stanno migliorando grazie allo sfruttamento dei peggiori (e questo spiegherebbe anche perché i migliori continuino a persuadere i peggiori che è meglio stare insieme) allora andrà rielaborata un’analisi costi-benefici che tenga conto dei dati empirici che evidenziano le divergenze e non solo della teoria di partenza che preconizzava una convergenza;
- Se dall’analisi aggiornata emerge che i migliori godono di notevoli benefici dall’unione senza affrontare costi, mentre i peggiori affrontano costi notevoli senza trarre i benefici sperati, allora non solo sarà conveniente risolvere l’unione, ma sarà altresì opportuno capovolgere le valutazioni “moralistiche” dell’assunto di partenza, che vede nell’arrancamento degli ultimi una colpa che questi devono darwinianamente espiare in quanto incapaci di trarre vantaggio dallo scambio di utilità.
In sintesi, se l’unione facesse la forza come auspicato dagli unionisti oltranzisti, oggi starebbero tutti meglio, ma non è evidentemente così e questo è tautologico. Non solo: si è evidenziato che alcuni stanno meglio sulle spalle di quelli che stanno peggio. Se un’unione fosse un gioco win-win come prefigurato dagli unionisti oltranzisti, allora quella che stiamo sperimentando non sarebbe chiaramente un’unione. C’è chi perde da una parte, cioè milioni di persone che vivono la quotidiana erosione della qualità della loro vita e l’orizzonte futuro in peggioramento. E chi vince dall’altra, ottenendo utilità dal peggioramento degli altri, in particolare vantaggi nella guerra commerciale che si è scatenata in questa “unione” che nasceva sulla carta sulla spinta di valori “solidaristici”. Assistiamo a politiche già viste in passato, di competizione ostile “beggar-thy-neighbor” e non di cooperazione solidaristica e questo non ci porterà a nulla di buono. Se guardiamo al passato non troppo remoto, i due conflitti mondiali sono scoppiati da risposte estreme ai tentativi di sanare questi squilibri.
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