Partiamo da una cosa: il 4 marzo non si disputa la partita ma, si e no, il suo primo tempo. Poi ci sarà il secondo tempo con le europee e magari i tempi supplementari delle politiche anticipare. E speriamo di non arrivare ai rigori. Quindi la campagna elettorale riprenderà 1minuto dopo i risultati, ma con in più la notte dei lunghi coltelli del dopo voto.
Il vero vincitore di questo turno sarà il partito del 5 marzo, che ha come simbolo il rasoio e come slogan: “vieni qui che facciamo i conti”. Non escludo fraterni accoltellamenti in ascensore.
Vediamo area per area: il centro destra sarà relativamente pacificato ma restano da regolare i conti:
a. del derby Fi-Lega
b. l’eventuale rissa Salvini /Bossi.Maroni
c. gli strascichi della formazione delle liste in Fi che hanno lasciato troppi scontenti.
Il centro destra farà il governo, non ho dubbi, ma quanto durerà? Se pure riusciranno a non farlo crollare in tre settimane, oltre le europee non andrà e sarà una turbolenza continua. Durante la quale bisognerà stare attenti agli assalti stranieri al nostro asset nazionale, a cominciare dalle banche : i servizi lo hanno già segnalato.
Il Pd: data la più che probabile sconfitta, direi che si apre una triforcazione: Renzi sarà processato, ma, si difenderà dicendo che non è lui che ha sbagliato ma era il partito da ad essere sbagliato: troppo vecchio, rissoso, inaffidabile, che lo ha tradito nel Referendum. E, forte dei deputati amici piazzati, tenderà a farsi un suo partito con altra sigla, spostandosi verso Fi.
Gentiloni e Franceschini cercheranno di proseguire l’esperienza del Pd, o comunque si chiamerà il nuovo partito presentato come rappresentante della sinistra riformista, magari cercando confluenze con la Bonino.
Orlando ed Emiliano cercheranno sponde in Leu, Pap e magari 5 stelle. La notizia buona è che ragionevolmente tutti tre insieme non arriveranno al 13-14%.
5 stelle: anche se dovesse andar bene e prendere il 31% il cielo sarebbe grigio scuro: in un raro momento di onestà intellettuale, Di Maio lo ha detto: “se non andiamo al governo ora, altri 5 anni all’opposizione non reggiamo”. E c’è un fondo di verità: la retorica del M5s ha premuto sull’acceleratore del governismo. La fregola di andare al governo è stato il carburante che ha alimentato la sua scalata, ma anche il sentire comune dei suoi militanti. Il M5s, in questi 5 anni, non è riuscito a darsi un progetto di lunga durata e altri 5 anni appaiono come una traversata del deserto senza sapere bene dove andare. Magari la speranza potrebbe essere quella di elezioni anticipare ma nessuno potrebbe assicurarle, e comunque, non è detto che vadano meglio. Un risultato sotto il trenta sarebbe una doccia fredda che gelerebbe molti entusiasmi. Il M5s non è il Pci che poteva restare all’opposizione per 30 anni, accontentandosi di un passetto alla volta ed in grado di strappare risultati importanti anche stando all’opposizione. E in più c’è un problema: se, dopo un risultato politico mediocre, il M5s, alle europee dovesse calare magari in modo vistoso, ci sarebbe una spinta immediata alle elezioni anticipate per assestargli il colpo decisivo. Attenti amici!
Nel complesso credo che saranno 5 anni sprecati (che ci siano o no elezioni anticipate) che segneranno l’ulteriore decadenza di questo paese che non ha più una classe dirigente degna di questo nome. Dobbiamo vedere se Draghi dovesse decidere di scendere in campo. Ma la sinistra non ha nessun Draghi e deve pensare a come costruire una cosa accettabile nei prossimi anni.
Auguri!
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