• Gli Stati Uniti vogliono sfasciare la World Trade Organization (Wto) per far fronte al “problema da svariate migliaia di miliardi di dollari” rappresentato dalla Cina e impedire che il paese asiatico conquisti così la supremazia economica; l’ha dichiarato a Business Insider un ex diplomatico che ha curato per anni i rapporti con l’organizzazione mondiale del commercio. 
  • Il presidente Trump probabilmente, prima delle elezioni di midterm del prossimo novembre, incasserà 200 miliardi di dollari (171 miliardi di euro) grazie ai nuovi dazi doganali imposti nei confronti della Cina, ha detto Hosuk Lee-Makiyama a Business Insider, violando così gli accordi della Wto e ponendo di fatto fine a un’era improntata al libero scambio che è durata 23 anni.
  • Europa, Giappone e Stati Uniti stanno attualmente collaborando per affrontare il “problema” cinese che incombe su tutti e tre.
  • Vogliono risolvere la questione della “mancata parità di condizioni competitive”, una situazione che è stata creata dalle politiche economiche della Cina, mentre il Pil della nazione asiatica sta lievitando al di sopra degli 11.600 miliardi di dollari.

Gli Stati Uniti hanno intenzione di sfasciare la World Trade Organization (Wto) per risolvere il “problema da svariate migliaia di miliardi di dollari” rappresentato dalla Cina; l’ha dichiarato a Business Insider un ex diplomatico che ha curato per anni i rapporti con l’organizzazione mondiale del commercio.

L’amministrazione statunitense è passata all’offensiva per spingere la Cina ad accettare le proprie regole del gioco allo scopo di “creare pari condizioni competitive” sul mercato e ha ormai ingaggiato una vera e propria guerra commerciale che potrebbe di fatto, secondo il diplomatico, annullare l’organizzazione mondiale del commercio (Wto).

 

Le sanzioni da 200 miliardi di dollari (171 miliardi di euro) che gli Stati Uniti hanno minacciato di emettere contro la Cina, in aggiunta ai dazi già esistenti, neutralizzerebbero del 50% circa il valore delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti. Se la Cina dovesse ricorrere a delle rappresaglie, il loro valore dovrebbe coprire quasi interamente quello delle esportazioni statunitensi in Cina.

“A quel punto, in sostanza, si potrebbe dire che gli Stati Uniti abbiano espulso la Cina dalla Wto e stiano per uscirne essi stessi” ha detto Hosuk Lee-Makiyama, direttore dell’European Centre for International Political Economy ed ex delegato svedese alla gestione dei rapporti con l’organizzazione mondiale del commercio. “E non penso che questo preoccupi più di tanto l’attuale amministrazione, perché essa pensa che fondamentalmente il sistema che abbiamo adesso per lei ormai non stia più funzionando”.

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Se le cose andassero in questo modo anche i paesi più piccoli dovrebbero incrementare i propri dazi doganali, ponendo fine a un’era di libero scambio e di controllo da parte della Wto che è durata per oltre 23 anni.

L’Europa, il Giappone e il “Global Level Playing Field”

Il 31 maggio, lo stesso giorno in cui Trump ha imposto i dazi doganali sull’acciaio nei confronti dell’Unione Europea, l’Europa ha aderito alla disputa degli Stati Uniti con la Cina, ponendo l’enfasi sulla condivisione impari delle tecnologie.

Europa, Giappone e Stati Uniti hanno instaurato un dialogo trilaterale chiamato “Global Level Playing Field” (che significa “ambiente globale con pari condizioni competitive”) per far fronte alla Cina e allo status quo preservato dalla Wto.

“Malgrado tutto ciò che vedete succedere fra Trump e gli europei, in realtà stanno dialogando sul problema comune che hanno nei confronti della Cina” ha detto Lee-Makiyama.

“Se considerate i dazi sull’acciaio, ne vale la pena, perché valgono solo un paio di miliardi [mentre] la Cina è un problema da svariate migliaia di miliardi di dollari”.

La politica di Trump, improntata alla guerra commerciale

Donald Trump, venuto a West Columbia per manifestare il suo supporto nei confronti di Henry McMaster, governatore della Carolina del Sud, parla alla folla presso la Airport High School, 25 giugno 2018. Richard Shiro/AP

Il presidente Trump è stato fortemente criticato per la sua offensiva commerciale, ma in base a quanto è stato riportato alcuni consiglieri dell’amministrazione Obama stavano lavorando sul “dossier cinese” da anni ma si sono ritrovati senza opzioni.

“La guerra commerciale attualmente in corso, in realtà, è stata inizialmente intentata dall’amministrazione Obama” ha detto a Business Insider Lee-Makiyama.

“Ho molti amici nell’amministrazione statunitense che appartenevano al Partito democratico e lavorano sul ‘dossier cinese’ da decenni, che mi hanno ribadito: ‘sentite, abbiamo provato qualunque cosa, abbiamo provato la politica degli incentivi, abbiamo cercato di fare un po’ di pressione, a questo punto potremmo benissimo provare la guerra totale perché è l’unica alternativa che ci rimane”.

Lee-Makiyama crede che Trump annuncerà i nuovi dazi da 200 miliardi di dollari (171 miliardi di euro) contro la Cina prima delle elezioni di midterm che si terranno il prossimo novembre, effettuando così una mossa che sarebbe apprezzata dalla sua base di elettori e cementerebbe il suo potere sia all’interno del Partito repubblicano che alla Casa Bianca.

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La misura è anche piuttosto logica. La Cina per gli Stati Uniti è un “problema da svariati miliardi di dollari” a causa del suo Pil che è lievitato fino a 11.200 miliardi di dollari e della sua economia supportata dallo Stato, che ha arrecato al paese un vantaggio a cui gli Stati Uniti ma anche l’Unione Europea e il Giappone, vogliono porre fine.

Il presidente Obama aveva cercato di far leva sulla partnership transpacifica (Tpp) per convincere gli alleati dell’area del Pacifico a fare fronte comune contro la Cina dal punto di vista economico, mentre Trump, per conseguire un vantaggio, sta sperimentando un diverso approccio bilaterale.

“Questa politica è un’estensione dell’idea che l’ordine multilaterale non stia funzionando più per gli Stati Uniti, perché non possono più cambiare le regole a proprio vantaggio o nel proprio interesse” ha detto Lee-Makiyama.

“Gli Stati Uniti hanno semplicemente elevato la questione a un livello superiore”.

La mossa di Trump contro la Cina sembra funzionare. Il 27 giugno l’indice Shanghai Composite ha evidenziato una flessione del 22% dei titoli cinesi da gennaio 2018 e il 10 aprile 2018 il presidente Xi Jinping ha ammesso che i dazi cinesi sulle automobili sono troppo alti.

Gli osservatori critici nei confronti della politica di Trump ritengono però che questa stia accelerando il declino degli Stati Uniti, favorendo l’ascesa della Cina.

L’Ascesa della Cina

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente cinese Xi Jinping chiacchierano mentre camminano lungo il patio anteriore della tenuta del presidente americano a Mar-a-Lago dopo l’incontro bilaterale che si è tenuto a Palm Beach, in Florida, il 7 aprile 2017. REUTERS/Carlos Barria

Craig VanGrasstek, professore di politica pubblica a Harvard ed ex consulente della Wto e della World Bank, ha detto a Business Insider: “Stiamo allontanando i nostri alleati, stiamo irritando paesi che, se prima non si identificavano come nostri alleati, erano almeno nostri partner commerciali”.

“Il risultato definitivo dell’amministrazione Trump, indipendentemente da quanti anni durerà, sarà probabilmente un’accelerazione del declino degli Stati Uniti e un’accelerazione di pari entità dell’ascesa della Cina”.

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Il fatto è che la Wto e gli Stati Uniti non avevano previsto la virata cinese verso il capitalismo statale della “China Inc.”, ha detto Lee-Makiyama, che prevede per il futuro ulteriori sussulti politici.

“È positivo per gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone che la Cina stia crescendo e che si stia arricchendo” ha detto. “L’economia europea, così come quella americana, dipende dal fatto che i cinesi crescano e si arricchiscano”.

“L’unico problema sorge se non hai accesso a tale crescita”.