Dopo le Europee il nulla
di STEFANO D’ANDREA
Dunque, immaginiamo che i sovranari italiani, i liberal-etnicisti ungheresi, Alleanza confindustriale per la Germania, i comunisti e i socialisti portoghesi, Alba Dorata in Grecia, i nazionalisti svedesi e danesi, l’alleanza di sinistra e il Front National in Francia, i liberali non cosmopoliti austriaci, gli opportunisti (sedicenti sovranisti) reazionari polacchi, e alcuni altri gruppi politici variamente critici nei confronti dell’Unione Europea, ottengano il 35% dei seggi nel Parlamento europeo. Poniamo pure che ottengano il 45% e persino il 50 o il 55%.
Si tratterebbe di un 55% complessivo che – secondo analisti ingenui, privi di realismo – unificherebbe numericamente forze politiche molto diverse tra loro, per certi versi opposte, soltanto perché ogni gruppo non accetta uno o due profili dell’Unione europea, diversi da quelli non accettati dagli altri. In che modo una simile accozzaglia potrebbe servire, non dico al progetto sovranista – estraneo ai sovranari che sono al Governo in Italia – ma a riformare l’Unione Europea dall’interno?
Fateci caso. Tutti dicono: il momento decisivo sarà il 26 maggio. Ma poi nessuno precisa cosa accadrebbe dopo il 26 maggio, nell’ipotesi in cui tutti i partiti variamente critici nei confronti dell’Unione Europea avessero più seggi o anche la metà dei seggi o addirittura una maggioranza relativa dei seggi nel Parlamento Europeo. Nessuno lo dice, perché nessuno ci ha nemmeno pensato. Sarebbe un bene perché… sarebbe un bene. Io non dico che sarebbe male. Dico che non sarebbe nulla.
Senza precisi fini e senza precise strategie, domina il nulla, viene sempre fuori il nulla. Il nulla, infatti, non è altro dall’assenza di fini: è mancanza di fini e null’altro.
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