L’elusione della morte nella cultura americana
di ROGER CAILLOIS
In nessun altro paese la morte occupa così poco spazio nell’immaginazione collettiva come negli Stati Uniti, così come esistono pochi paesi in cui occupi tanto posto come in Messico. Il contrasto fra i due paesi limitrofi è impressionante. In uno la morte è un problema ossessivo che sembra occupare il pensiero di ognuno. Nell’altro sembra quasi completamente escluso dalle preoccupazioni abituali. Al punto che tutto ciò che viene designato altrove col nome del tutto appropriato di pompe funebri” qui è sconosciuto. La veglia funebre, la rimozione della salma, l’inumazione sono operazioni effettuate con una discrezione eccezionale. La spoglia viene affidata a una compagnia specializzata che si occupa di tutto e che la sistema in una stanza adibita allo scopo perché la famiglia e i conoscenti possano renderle omaggio nelle migliori condizioni.
Perlopiù l’aspetto di queste estreme dimore è più attraente che deprimente: sono talvolta illuminate da lampade al neon che al profano le fanno apparire come locali notturni e comprendono salotti per fumatori e “boudoir”che consentono in qualche modo uno svago a coloro che vengono ad assolvere un obbligo sociale poco gradevole, di cui ci si è adoperati per far sparire il carattere funebre. I viaggiatori europei sono stati in genere molto colpiti da questa istituzione e ne hanno fatto descrizioni particolareggiate. La loro prima sorpresa riguarda sempre l’aspetto accogliente e familiare di questi luoghi. L’atrio è rallegrato da una gran quantità di piante verdi; un salotto gradevolmente se non lussuosamente arredato accoglie il visitatore. Arazzi, statue, soprammobili, fiori freschi nei vasi sembrano avere il compito di rassicurarlo e di metterlo a suo agio: si tratta, dicono, di vincere il dolore con l’ammirazione.
Si cerca di distogliere i presenti da ogni sensazione di tristezza e di macabro. Un’impresa di pompe funebri di Buffalo così vanta i propri meriti sulle scatole di fiammiferi che distribuisce a scopo pubblicitario: “Il ricorso a una delle nostre succursali assicura il massimo confort e il piacere dell’atmosfera familiare”. Il più delle volte il tono viene forzato. Si accentua la sfarzosità dell’ambiente perché il defunto sembri essersi improvvisamente innalzato di qualche gradino nella scala sociale. Un’opera scientifica e meticolosa ha d’altra parte trasformato la sua spoglia. Il corpo è stato dapprima imbalsamato grazie a un liquido sotto pressione iniettato nelle arterie. “Così gonfiato” nota un osservatore, “non ha il viso diverso e così impressionante del dormiente che non si sveglierà più, ma quell’aria pensierosa del signore che cerca di dormire su una panchina della stazione in attesa della coincidenza”. Poi la salma viene lavata, rasata, pettinata, se necessario truccata. Alla fine viene vestita. Il “funeral parlour” [“salotto funerario”, ndr] dispone di un guardaroba ben fornito: abiti di buon taglio e di colore chiaro completano l’opera conferendo al defunto l’aspetto di un vivo.
Così acconciato, il cadavere è posto dentro una bara imbottita di seta o di raso, adornata di nastri di tulle e di balze di mussolina che la fanno assomigliare a una bomboniera. Ѐ in questo scrigno che il defunto assiste a una specie di ricevimento mondano dato in suo onore. I suoi conoscenti vengono a rendergli l’ultima visita, in un ambiente che ricostruisce l’atmosfera domestica in occasione di un avvenimento della sua vita, un avvenimento come un altro della sua vita.
Dopo questo ricevimento, un’automobile trasporta il feretro al cimitero. Soltanto i parenti più stretti l’accompagnano e si ritirano subito senza assistere all’inumazione. I cimiteri, e in particolare il famoso Forest Lawn di Los Angeles, sono concepiti anch’essi nello stesso spirito. Le tombe sono decorate con copie di statue dell’antichità. Apolli e Veneri di marmo sono destinati a rendere meno austera l’idea della morte, mentre brani famosi di grandi musicisti echeggiano al di sopra delle tombe.
Gli osservatori si trovano d’accordo sullo scopo perseguito, che è quello di eludere la morte, non insistere sul dolore e sul mistero, eliminare il rito, conferire a tutto un carattere innocente e piacevole, in una parola aiutare i vivi a essere felici nonostante la morte, nonostante gli scomparsi. Il trapasso non deve essere temuto, e questo non per un obbligo morale che impone di superare la paura che esso suscita nell’uomo, ma perché è inevitabile e perché in realtà non esiste alcun motivo per temerlo. Semplicemente, non bisogna pensarci e, ancora meno, parlarne. Ѐ particolarmente indecente attribuirgli un senso di sacro terrore, chiaramente superstizioso e anacronistico, assolutamente fuori luogo in un paese razionale e progressista, in cui l’ottimismo rappresenta una virtù cardinale.
In questo senso, la mitologia rassicurante della morte che è abbozzata nei film, risulta esattamente coerente con la cultura americana. L’immagine che essa offre di un aldilà familiare, amministrativo, secolarizzato al massimo, in cui l’uomo non ha ragione alcuna di sentirsi esiliato o infelice, non è gratuita, ma costituisce un reale valore di civiltà.
[da Istinti e società, 1964, trad. it. Guanda 1983]
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