La Bekaert e il destino dell’Italia: intervista del FSI-RI a Marcello Gostinelli
di FSI-RI TOSCANA
Lo scorso 18 giugno 2018 i proprietari della Bekaert (ex Pirelli), situata a Figline Valdarno (Fi), venduta alcuni anni fa ad una società Belga, annuncia la chiusura dello stabilimento senza accettare nessun confronto e mediazione con le parti sociali, venendo meno così inoltre alle promesse riguardanti un imminente progetto di investimenti.
La notizia è scioccante, tanto per cominciare perché la fabbrica si trova in attivo. Ma si fa presto a scoprire che le intenzioni dei proprietari sono quelle di delocalizzare gli impianti in Romania col fine di trovare una manodopera locale a basso costo, in modo da accumulare un profitto ancora maggiore rispetto a quello attuale. Marcello Gostinelli, ex operaio Bekaert, ci racconta così la lotta di questi lavoratori per ottenere almeno il ripristino della cassa integrazione per cessazione di attività grazie al “Decreto Urgenze” del 22 giugno, dopo che tale diritto era stato invece abrogato dal “Jobs Act”; così come la richiesta alle attuali forze politiche di procacciare nuovi investitori per un’ipotesi di re-industrializzazione della zona a cui ancora si sta lavorando con la sinergia dei sindacati e le istituzioni.
Per quanto riguarda la prima richiesta, gli operai stanno cercando di ottenere la cassa anche a favore dei lavoratori dell’indotto, situazione per la quale il banco di prova cade proprio il 21 di questo mese in attesa, appunto, della firma degli attori coinvolti. A quanto sembrerebbe, per la seconda ipotesi ci sarebbero tre soggetti industriali interessati, pronti a recuperare gli impianti e rimettere le persone a lavoro.
COMMENTO
In base a questo particolare episodio, così come ne sono accaduti però molti altri simili ormai da decenni, a causa dei quali è stato annientato il tessuto industriale del nostro paese, secondo la prospettiva del FSI, l’Europa politica (ovvero la UE) non sembra trovarsi a fronteggiare una semplice anomalia scaturita da imprevedibili circostanze economiche. Siamo piuttosto al cospetto di un progetto sistemico e deliberato, il cui scopo è stato fin dal principio quello di smantellare le protezioni del lavoro realizzate con molti sforzi da ciascun popolo dei paesi industrialmente avanzati a partire dai conflitti sociali degli anni ’60. Dunque, grazie alla via delle istituzioni sovrannazionali, ogni volta il Capitale è in grado di spostarsi indisturbato da un luogo all’altro in cerca di profitti più allettanti, e di rubare il know how prodotto dai lavoratori come gli imprenditori Belgi hanno fatto con l’ex Pirelli.
Se le cose stanno così, da qui ai prossimi anni, qualsiasi paese europeo sarà ancora in grado di mantenere investimenti privati e industria sul proprio territorio solo al caro prezzo di buttare via 60 anni di conquiste sociali. In breve, si dovranno ridurre i salari, dai 1500-2000 euro, che ancora venivano elargiti durante gli anni ’90, fino agli attuali 300 della Romania, dell’Ungheria, della Serbia, della Polonia, e simili; e che inoltre si dovranno abbassare progressivamente le tasse ai ceti benestanti per alzarle invece a quelli popolari, come ad esempio intende promuovere la Flat Tax, sempre per lo stesso motivo, per cui si dovrebbe riuscire a scoraggiare il trasferimento di ricchezze e di impianti da un’area all’altra del continente.
Questo significa, in sintesi, che l’adesione politica del gruppo dirigente della 2° Repubblica alla UE, sancita nel 1992 per mezzo del Trattato di Maastricht, si traduce quindi in un feroce attacco del Capitale contro il Lavoro su scala continentale. Di conseguenza, il destino della Bekaert non costituisce un caso isolato ma potremmo definirlo come uno dei simboli contemporanei più significativi del regresso che sta travolgendo le condizioni lavorative in Italia e il tramonto dell’industria in questo paese.
Perciò, l’unica soluzione plausibile per qualsiasi soggetto politico che abbia intenzione di riportare seriamente l’attenzione di tutti sulle politiche sociali consisterà, per prima cosa, nella recessione dai Trattati UE, e nel ritorno ad un controllo da parte dell’Italia sulla circolazione dei capitali (come ancora avveniva fino al 1990), così da impedire l’attuale e violentissimo dumping salariale intra-europeo: operazione politica impraticabile in assenza di un vasto consenso popolare che dovrà includere, appunto, il mondo del lavoro.
(Intervistatore – testi intervista e resoconto: Jacopo D’Alessio; Riprese audio-video e montaggio: Tommaso Franucci; Aiuto regia: Luca Russi)
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