Senza critica all’Unione Europea, nessuna critica al regionalismo differenziato ha senso
di INDIPENDENZA
Tra le voci critiche del regionalismo differenziato e del conseguente processo disgregativo in atto, condivisibilmente si rimarca la necessaria centralità della normativa statale nel fissare princìpi e criteri fondamentali nelle prestazioni e nei servizi in maniera uniforme su base nazionale. Ciò che invece sovente si rimuove è che la gran parte delle competenze legislative statali (art. 117 lett. a-s Costituzione) è demandata all’Unione Europea.
Insomma, se è corretto criticare l’erosione delle competenze a favore delle regioni in maniera ulteriormente pervasiva rispetto a quanto già previsto dalla sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione varata nel 2001, altrettanto si deve fare con la comunitarizzazione di snodi irrinunciabili per qualsiasi struttura statuale: la politica monetaria (lett. e) è il caso più eclatante, ma altrettanto si può dire della politica doganale o di profilassi internazionale (lett. q).
La critica al regionalismo differenziato deve cioè essere complementare alla critica all’Unione Europea, visto che si tratta dell’altra faccia della medaglia di un processo di svuotamento dell’entità-Stato come spazio dei diritti e della legalità costituzionale. In altri termini: riuscire a riportare sotto il controllo statale un ambito come la sanità è sicuramente un passo essenziale, ma senza liberarsi dalla gabbia eurounionista e dai suoi vincoli alle politiche sociali, nessun fattivo miglioramento su larga scala sarà mai percorribile.
Condividiamo il video della manifestazione di protesta contro il regionalismo differenziato organizzata da Unione Sindacale di Base.
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