Poema della fame
di LE PAROLE E LE COSE (Fabrizio Bajec)
« Noi che avremmo voluto essere gentili,
a noi non fu concessa gentilezza »
Barbara Balzerani
Della primavera del 2016 non dimenticherò una frase udita durante una delle manifestazioni più commentate a Parigi contro la riforma del lavoro, quella in cui le vetrine dell’ospedale Necker (dei bambini malati) furono infrante da un solo individuo, mentre poi il governo ne approfittò per rimettere in discussione la legittimità stessa delle proteste. Fu come un grido incongruo, dal tono quasi scandalizzato di un membro della CGT (sindacato ancora maggioritario nel settore privato) e diretto alle brigate della polizia che impugnavano pistole Flash Ball (LBD 40) e granate (Gli-F4): « State colpendo la classe operaia! Non vi vergognate? ». Sembrava uscire dal secolo scorso e mi fece più effetto per il tono disperato che per il messaggio.
Da allora, la repressione del popolo manifestante ad opera della polizia e dei gendarmi non ha fatto che aumentare, suscitando le critiche di varie ONG e del consiglio di sicurezza dell’ONU. Ma si è intensificata anche la risposta dello stesso cordone sindacale, i cui responsabili erano stufi di essere confusi con gli autonomi o gli infiltrati, spediti dal governo per lasciar distruggere il mobilio urbano e caricare meglio i manifestanti più rumorosi, senza privarsi di colpirne molti altri. Un giorno i sindacalisti si sono difesi sparando a loro volta lacrimogeni sui celerini. E i famosi portuali di Le Havre hanno respinto uno squadrone trovatosi ad un dato momento in minoranza numerica. Con l’insorgere dei gilet gialli, due anni dopo, il numero delle mutilazioni subite e dei soprusi è in ascesa: ferite di guerra, un omicidio di Stato, una scolaresca messa in ginocchio, mani dietro alla nuca, e una ventina gilet gialli travolti e ammazzati da automobilisti spazientiti ai posti di blocco. Si è dunque arrivati a repliche più offensive, come l’irruzione di un gruppo di gilet gialli del segretario del Governo messo in fuga, con tanto di portone sfondato da un montacarichi, o i proiettili spediti a diversi deputati della maggioranza.
Senza dimenticare, un anno prima, il tentativo di omicidio di due poliziotti in una vettura incendiata nel bel mezzo di un corteo. Più di recente, il lancio di slogan che invitavano le forze dell’ordine a suicidarsi, poi ripresi e lasciati sui muri di una gendarmeria in Bretagna, con allusione al reale aumento di suicidi nelle caserme del paese. Non riuscendo a discutere di tutto ciò in un articolo, visti i continui aggiornamenti e la varietà dei reati in corso, ho preferito farlo con i versi, seguendo un’idea di fondo in preoccupante sviluppo, e cioè che la politica della violenza possa, al di là delle aspettative, pagare più del pacifismo, o comunque riproporsi come una soluzione in fin dei conti accettabile per le diverse componenti del movimento.
I.
solerti restarono in piedi
nella loro miseria belavano
contro la nebbia avvelenata
che il governo faceva piovere
sulle teste calde e canute
dei suoi sudditi ora insorti
dalle campagne e periferie
lungo le autostrade e rotatorie
riuniti intorno a un fuoco la notte
e il giorno sotto la neve
raccolti dentro una baracca
le capanne del loro Natale
ma che le ruspe dei gendarmi
spazzano insieme ai lunghi sforzi
poi tornano i recalcitranti
riedificano sempre una base
per quanto precaria e aperta
mai resistente a sufficienza
per traversare il gelido inverno
e accogliere nuovi affamati
nuova rabbia e braccia disponibili
ora trascinano ferraglia
nei viali delle città legna
macchine a qualsiasi prezzo
con ogni mezzo le barricate
si ergono tra la vita e la morte
la santissima morte cantata
da altri cittadini in rivolta
un tiro squarcia la mascella
polverizza l’occhio di un ragazzo
fora il seno di un’infermiera
che non ha mai perso un corteo
né un treno della dignità
per sputare sulla capitale
i suoi straordinari week-end
quanti storpi sfigurati orbi
sfileranno il sabato seguente
senza dire una parola
saranno visti con bende
e fasce sanguinanti eloquenti
volete decimarci o cosa?
noi che mangiamo una volta al giorno
piangiamo tra i debiti dormiamo
anche in macchina per lavoro
se non rende abbastanza per stare
dalla parte di chi grida al caos
chi recrimina i danni pubblici
e si chiede perché distruggiamo
perché domanda una principessa
con le scarpe da ginnastica
all star converse o adidas
perché mai prendersela col lusso
che non vi ha fatto nulla e brilla
in quartieri che non sono i vostri
come potete punire così
il commercio che in fondo è la vita
ne converrete sfama i piccoli
imprenditori come può darsi
tra voi si nascondano e sfasciano
tutto quello che non possiedono
al che risposero irati
venite dalle nostre parti
venga principessa e apra
il suo indispensabile negozio
poiché è dotata non chiuderà
e risero svergognandola
come fosse l’ultima cagna
di un villaggio fantasma accorsa
per un pasto che non s’è mai visto
II.
sabato avremo l’esercito
per tenerci buoni e cauti
riserve antiterroristiche
giovani impreparati all’uopo
e che ieri badavano al popolo
ma potrebbero sparare se
provocati o in pericolo
la donna dal seno bucato
è pronta a tornare in trincea
perché sa di aver ragione
non teme più nulla ma che orrore
le fa questo dispositivo
quando basterebbe rimettere
la tassa ai più ricchi il rialzo
del salario minimo e basta
ce ne torneremmo a casa
con un po’ di giustizia in tasca
mentre contiamo i nostri morti
dall’inizio di questo conflitto
sappiamo che voi non ne avete
perché il monopolio delle armi
e della brutalità è vostro
allora torno con mio marito
sabato prossimo marcerò
in mezzo a tutto quel giallo
adesso mi sono svegliata
se assaltano un ministero
o vi introducono una bomba
io giuro non mi stupisco
avete i fucili da assalto
le granate antisommossa
la polvere paralizzante
gli elicotteri e ora i soldati
io non riesco a sfamare mia madre
né a spedirla dove sgobbo
nei nostri centri inoperanti
si sviliscono i più vecchi
perciò cosa avrò da perdere
così parlò la donna ferita
III.
ah maledetti l’avete fatto
avete spinto in rianimazione
una settantenne attivista
che non costituiva un ostacolo
e oggi il presidente le augura
pronta guarigione e saggezza
che resti a casa se è fragile
in fondo non esiste violenza
poliziesca né repressione
in uno stato di diritto
la Repubblica è buona
non importa se in passato
un ministro inviò l’esercito
a domare gli scioperanti
mietendo morti e feriti
non importa se varie entità
non governative vi accusano
di smisurata forza ai danni
della società che vi elesse
ah maledetto il vostro nome
e il giorno in cui foste scelto
dalle classi più abbienti
a costo di svenare le altre
IV.
abbattono un edificio
tra boati esplosivi fracassi
gli operai dell’azienda pubblica
tornano al lavoro scherzando
e puzzano di fumo e caffè
comunque vedendoli passare
si vorrebbe salutarli
perché indossano il colore
che ci è entrato nel cervello
ora vediamo cospiratori
sparsi per l’intera città
con le stesse casacche fluo
mentre quelli veri si radunano
in qualche remota landa
e stilano dichiarazioni
articoli costitutivi
si mettono ai voti azioni
di disobbedienza e si canta
la canzone dei partigiani
l’uomo dall’occhio solo afferma
togliete il casco e perdete il posto
meglio non farlo meglio scappare
o estrarre l’arma e puntarla
due secondi e mezzo su di noi
se lasciate che veniamo avanti
fino alle nostre istituzioni
invaderemo le redazioni
gli studi televisivi
democrazia è il possesso
comunitario dei giornali
a morte la stampa di caserma
a morte i privilegi risorti
abbasso il sondaggio l’opinione
ci è favorevole badate
ma l’avrete già notato
nella palude sono tornate
belle e pronte all’attacco
le ruspe comunali
Fonte: http://www.leparoleelecose.it/?p=35820
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