Sempre la solita solfa
di GILBERTO TROMBETTA (FSI-Riconquistare l’Italia Roma; candidato sindaco di Roma)
Riforme, riforme a ancora riforme. Questo ci chiede la Merkel, quindi la Germania, cioè l’Unione Europea. Eppure la nostra classe politica – la peggiore degli ultimi 30 anni – ha sempre ubbidito a tali ordini. E infatti siamo il Paese, che di riforme, ne ha fatte più di tutti.
Ma cosa intendono gli unionisti con riforme? Beh, intendono la riduzione delle pensioni e l’aumento dell’età pensionabile, per esempio. Intendono i tagli al sistema sanitario pubblico e la sua privatizzazione. Entrambi fattori che ci sono costati carissimi in termini di vite perse durante la crisi scatenata dal coronavirus. Intendono la riduzione dei salari. Intendono il taglio delle protezioni sociali per disoccupati e disabili. Intendono la riduzione delle tutele dei lavoratori. Come se non bastassero le drastiche riduzioni realizzate negli ultimi 30 anni: dall’abolizione della scala mobile del 1992 al Pacchetto Treu del 1997; dalla legge Biagi del 2003 al Jobs Act; dalla legge Fornero al decreto Poletti del 2014.
Riforme che hanno introdotto il lavoro interinale, liberalizzato i contratti atipici, che hanno consentito accordi sindacali al ribasso rispetto ai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro, che hanno favorito la precarizzazione. Le riforme che ci ha chiesto l’Unione Europea, la nostra classe politica di servi le ha sempre fatte. Come quelle che ci impose la BCE con la lettera dell’agosto del 2011 firmata da Draghi (quello che qualcuno vorrebbe come salvatore della Patria) e Trichet.
Lettera in cui si chiedevano privatizzazioni su larga scala, in particolare nella fornitura dei servizi pubblici locali (decreto Sblocca Italia; l’ulteriore riforma del sistema della contrattazione salariale collettiva e la revisione delle norme che regolano il licenziamento e l’assunzione dei dipendenti (Jobs Act); l’aumento dell’età pensionabile (riforma Fornero); l’introduzione di una clausola di riduzione automatica del deficit (Fiscal Compact); l’introduzione del pareggio di bilancio in costituzione; l’abolizione di alcuni strati amministrativi intermedi come le province (decreto Salva Italia)².
E a cosa ci hanno portato le riforme imposte dalla peggior classe politica italiana attraverso l’applicazione del vincolo esterno? A 28 anni di avanzo primario (dalla firma del trattato di Maastricht nel 1992). L’avanzo primario è quando lo Stato spende in stipendi, beni e servizi per i cittadini meno di quanto gli tolga in tasse e balzelli (al netto degli interessi passivi sul debito): più di 1000 miliardi di tagli³. Al crollo degli investimenti sono crollati. Sia di quelli pubblici che di quelli privati: -18,5% solo tra il 2007 e il 2014⁴. Ad avere il 75% dei lavoratori italiani con salari fermi ai livelli dei primi anni 80⁵. Al crollo dei consumi interni: -14,5% negli ultimi 10 anni per quanto riguarda la piccola distribuzione⁶. Alla chiusura di un numero spaventoso di botteghe e negozi: 178.000 imprese artigiane in meno (-12,1%) negli ultimi 10 anni⁶.
Con quali conseguenze? 4,5 milioni di poveri assoluti e 9 milioni in condizioni di povertà relativa. Quasi 14 milioni di inattivi e più di 2 milioni di disoccupati. 12 lavoratori su 100 che vivono sulla soglia della povertà. 4,3 milioni di lavoratori part time, di cui 2 su 3 involontari. Ma evidentemente non basta. Per avere uno strumento tardivo e inutile – anzi dannoso – come il Recovery Fund, l’Unione Europea ci chiede altre riforme lacrime e sangue. Non saranno contenti finché non ci distruggeranno del tutto.
Perché siamo ancora la seconda potenza manifatturiera d’Europa. Perché abbiamo tra i risparmi privati più alti al mondo. Perché grazie ai nostri nonni e ai nostri padri che – a differenza nostra – non hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità, siamo tra le popolazioni con la maggior percentuale di cittadini che posseggono la casa in cui vivono. Perché nonostante tutto abbiamo un indebitamento privato ridicolo. Non c’è futuro per noi dentro la gabbia unionista. Solo miseria e disperazione.
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