È utile comprendere una fase storica con cinque anni di ritardo?
di RICCARDO PACCOSI (FSI Emilia-Romagna)
Maurizio Landini afferma che “il più grande errore” della sinistra italiana fu commesso durante la caduta di Berlusconi, allorché venne appoggiato Mario Monti e le sue politiche criminali nei confronti dei diritti del lavoro ed eversive nei confronti dei fondamenti della Costituzione.
Ovviamente io sono d’accordo. Anzi, ci aggiungo che quel sostegno può forse essere considerato il più grande errore compiuto dalla sinistra italiana dal Dopoguerra a oggi. Fu quell’appoggio al progetto di “golpe legale” da parte dei poteri economici, infatti, a sancire in via definitiva il divorzio tra sinistra e ceti popolari e ad affossare i moderati tentativi di Bersani di rendere più o meno “socialdemocratico” il PD.
Alle elezioni politiche del 2013, operai, lavoratori autonomi e disoccupati sdegnarono difatti in massa la coalizione “Italia Bene Comune” guidata da Vendola e Bersani: quest’ultima, oltre a essere stata corresponsabile in Parlamento delle azioni devastanti di Monti, addirittura si presentava alle urne alleata con quest’ultimo.
Tutto ciò che avvenne dopo – l’ascesa di Renzi e l’opera di tabula rasa su quanto rimaneva della cultura di sinistra – come giustamente rileva Landini fu “una conseguenza”, ovvero “Renzi agì su un terreno già arato”.
Ora, Landini si rivela migliore di altri nel rendersi conto di tutto questo.
Ma la domanda è: un’analisi politica fatta con cinque anni di ritardo ha un qualche valore?
Penso di potermi permettere tale domanda giacché io, all’epoca dei fatti, stavo nel PD e il mio Circolo Precari fu l’unico – in tutta Italia – a chiedere pubblicamente alla segreteria nazionale del partito di togliere l’appoggio al Governo Monti. Dunque non siamo tutti uguali, non tutti arriviamo in ritardo alla comprensione della fase storica.
Invece, non c’è un solo tema strategico su cui la sinistra oggi non sia in ritardo.
Arriverà il momento in cui qualcuno a sinistra dirà – per esempio Fassina lo sta già facendo – che il progetto degli Stati Uniti d’Europa corrisponde a una strategia ultra-liberista.
Arriverà il momento in cui qualcuno a sinistra dirà – per esempio la Linke tedesca lo sta già facendo – che la deregulation totale sui flussi di forza-lavoro immigrata esprime una progettualità padronale e neo-colonialista.
Arriverà il momento in cui qualcuno a sinistra dirà – per esempio il socialista francese Montebourg lo sta già facendo – che la globalizzazione non è affatto un fenomeno naturale come le stagioni, bensì è un insieme di dispositivi giuridico-economici che può essere messo in discussione.
Ma quando tutti questi momenti di consapevolezza arriveranno, sarà ormai troppo tardi. A che serve un’area politica – quale è oggi la sinistra – in grado di analizzare la realtà solo ed esclusivamente con anni e anni di ritardo?
Per questo ritengo che chi oggi porta avanti un’analisi marxista della realtà, pur mantenendo totale antinomia con la destra, non può che fare una scelta di campo autonoma ed esteriore anche al campo detto “sinistra”. Dopo quarant’anni di errori strategici su qualsiasi tema, suddetto campo risulta deprivato di intelligenza collettiva, spoglio d’ogni colleganza di classe e, dunque, impossibilitato a interpretare le fasi e i conflitti.
Le ultime cose di sinistra che io ricordo sono l’Unione sovietica, i gruppi comunisti combattenti e l’Autonomia operaia. Forse qualcosina sopravvive nei centri sociali. Nel parlamento italiano ciò che si chiamava sinistra è scomparsa integralmente non da 5, ma da almeno 30 anni. La strategia Monti fu semplicemente la prosecuzione della strategia Prodi in un momento di emergenza e quindi con un filo di maquillage in meno.
Ciò che l’autore chiama “sinistra” (!) non è in ritardo, semplicemente non è, nel senso che non ha alcun rapporto con il nome che porta, e quindi vive due processi di autocomprensione separati: uno quello reale, che non può essere esplicitato (l’essere un plesso di cordate affaristico-mafiose al soldo dei poteri forti), e l’altro quello dichiarato, confezionato dagli spin doctors per conculcare immagini-forza nelle povere teste del gregge mediatizzato.
Forse, caro Lorenzo, si tratta semplicemente di usare una parola in modo da non essere costretti ad usarne un’altra: socialismo.
Come dimostra il la disarmante frasetta sulla “antinomia totale con la destra”.
Se infatti si usa la parola “socialismo”, allora il discorso cambia un bel po.
Perchè in effetti “sinistra” vuol dire qualcosa, “socialismo” vuol dire qualcosa d’altro, che riguarda ESCLUSIVAMENTE l’ambito socio-economico.
In effetti, mi chiedo cosa farebbero governi di “sinistra” per affrontare la “deregolamentazione totale della forza lavoro” se non imporre qualche regolina.