Il Mozambico muore di sangue e gas
di RADIOPOPOLARE (Alessandro Gilioli)
Una barriera corallina incontaminata lunga oltre 500 chilometri, pesci di ogni colore, cinque specie diverse di tartarughe, delfini, il mare di un azzurro trasparente che scopre e ricopre le spiagge deserte con le sue maree. La costa che va da Pemba a Palma, nel nord del Mozambico, è uno dei paesaggi più simili a quello che chiamiamo paradiso tropicale, compreso il suo arcipelago di 27 atolli, le Quirimbas, soprannominate le isole fortunate.
E si è pensato che fosse una fortuna, qualche anno fa, anche aver trovato sotto i fondali di questa costa un immenso giacimento di gas naturale, che una volta sfruttato farebbe del Mozambico il secondo produttore mondiale di Gnl, superato soltanto dal Qatar. Un affare, è stato calcolato, che vale almeno 150 miliardi di euro, niente male per il settimo Paese più povero del mondo.
La scoperta si è invece rivelata, almeno sul breve termine, una gigantesca iattura. Prima sono arrivate, naturalmente, le grandi coroporation americane ed europee degli idrocarburi, da Anadarko a Exxon fino alla nostra Eni.
Poi è scoppiata la violenza, in una terra che non conosceva guerre dai tempi del conflitto civile tra Frelimo e Renamo, quarant’anni fa. E misteriose bande di uomini armati e incappucciati, tre anni fa, hanno iniziato a fare stragi nei villaggi, decapitando donne e bambini.
La guerriglia ha la copertura ideologica islamista, legata com’è al gruppo di Ansar al-Sunna, che già dal nome ci indica però la sua principale caratteristica: Ansar al Sunna significa infatti “Sostenitori della Tradizione” e attrae nelle sue fila non solo musulmani radicali, ma soprattutto poverissimi disperati che non sopravvivono più con l’agricoltura, stravolta dai cambiamenti climatici e dalle cicliche invasioni dei “garfanotos”, grosse locuste che si mangiano in poche ore interi raccolti.
A peggiorare la situazione si sono messi una serie di cicloni che hanno devastato i villaggi costieri creando decine di migliaia di profughi.
Questa classe sociale disperata oggi vede un potenziale miglioramento della propria vita grazie alle risorse naturali appena scoperte, ma teme che tutti i proventi del gas finiscano al governo centrale di Maputo e alla burocrazia del Frelimo, partito al potere dal 1945.
Di qui gli attacchi armati, connessi non tanto a una guerra di religione – come spesso diciamo con una certa superficialità in occidente – quanto a una gigantesca questione sociale ed economica.
Al punto che secondo alcuni le stragi sono finalizzate proprio a creare un clima di paura diffusa, specie nel personale straniero delle corporation occidentali, un clima di paura finalizzato a sua volta a far assumere milizie private, cioè contractors, per tenere in sicurezza gli impianti e il personale.
E a fornire questa sicurezza a pagamento, paradossalmente, sarebbero gli stessi che adesso fanno le stragi e diffondono il terrore, che in questo modo godrebbero della loro fetta di relativo benessere che arriverebbe indirettamente dalla scoperta del gas naturale.
FONTE: https://www.radiopopolare.it/il-mozambico-muore-di-sangue-e-gas/
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