Cugini, ma non troppo: Italia e Spagna, una rivalità sistemica
di OSSERVATORIO GLOBALIZZAZIONE (Vincenzo D’Esposito)
La Spagna è uno dei più grandi rivali dell’Italia sia in Europa sia nel resto del mondo. Perché, fatti alla mano, non v’è teatro in cui la nostra cugina non ci combatta a colpi di concorrenza sleale e di diplomazia antagonistica: dai prodotti vinicoli e oleari venduti a prezzi stracciati nei mercati di riferimento dell’Italia al protagonismo delle ditte iberiche nel nostro estero vicino a pezzi.
Che si tratti di appropriarsi di quote di mercato o di fare concorrenza alla nostra primazia imprenditoriale, il modus operandi è sempre il medesimo: la concorrenza sleale. Perché gli spagnoli offrono dei beni e dei servizi simili ai nostri a prezzi irrisori. Sono beni e servizi in teoria uguali, come l’olio d’oliva o le centrali elettriche, ma in pratica differenti, per via della qualità notevolmente inferiore garantita dai venditori spagnoli. E che questa pratica non avvenga in maniera incidentale, ma sia il frutto di un disegno preciso volto a profittare del momento di coma della politica estera italiana, lo suggeriscono i fatti: gli spagnoli sono oramai alle nostre calcagna ovunque, dalla Romania all’Azerbaigian, passando per Albania e Russia. Non sono ancora in grado di danneggiarci ai livelli di Francia, Turchia e Germania, ma costituiscono una minaccia da non sottovalutare.
Similmente ai francesi, poi, gli spagnoli hanno storicamente cercato di ridurre i margini di manovra dell’Italia sia in Africa settentrionale sia nel Mediterraneo. L’Italia, dal canto suo, ha saputo stringere dei rapporti incardinati sulla cordialità tanto con il Marocco quanto con l’Algeria, ovviando al tentativo di accerchiamento magrebino della cugina e costruendosi un’immagine positiva da porre in contraltare a quella della Spagna, che nel Maghreb continua ad essere percepita come una potenza occupante per via della questione Ceuta e Melilla.
La rivalità è palpabile e persistente, ma collaborare è e sarà sempre e comunque possibile, perché la Spagna, differentemente dalla Francia, non cerca di vassallizzare l’Italia, ma di recuperare l’influenza e il prestigio perduti in America Latina rifacendosi nel paragrafo occidentale dell’Eurafrasia.
Immigrazione illegale e terrorismo potrebbero essere utilizzati come trampolini di lancio verso la formazione di un asse italo-spagnolo votato ad una cooperazione allargata e rafforzata in stile trattato di Aquisgrana. E i rischi – come i tentativi di profittare della distensione per spingere sull’acceleratore in materia di lotta senza quartiere al Made in Italy – sarebbero di gran lunga superati dai benefici: la possibilità di contenere e ridimensionare le ambizioni egemoniche francesi su Mediterraneo e Africa settentrionale, il consolidamento di un blocco geopolitico in sede europea che bilanci lo strapotere del Nord e il complessivo miglioramento delle rispettive agende di profondità strategica.
Collaborare, di nuovo, è possibile, perché sono presenti tutti i presupposti, incluso il più importante – Spagna e Italia non sono due potenze naturalmente votate all’egemonia e, soprattutto, la loro è una rivalità a bassa intensità –, ma il tavolo negoziale per lo stabilimento di un’intesa di buon vicinato durevole non si aprirà fino a quando la classe politica nostrana non farà rientro nella storia, prediligendo la realpolitik alla fantapolitik e rimettendo l’interesse nazionale al centro dell’agenda estera.
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