Il Conte dimezzato
di OSSERVATORIO GLOBALIZZAZIONE (Andrea Muratore)
Da punto di riferimento dei progressisti, “uomo dei sogni” del governo giallorosso e presunto erede di Moro o Prodi per i suoi apologeti Giuseppe Conte si è in poche settimane ritrovato ad essere addirittura quasi delegittimato nella leadership del Movimento Cinque Stelle. La decisione del giudice della settima sezione civile del tribunale di Napoli, Gian Piero Scoppa, di sospendere in via cautelare le delibere del Movimento del 3 e 5 agosto 2021 con cui il nuovo statuto è stato approvato e l’ex premier nominato leader del partito segna un nuovo crocevia decisivo per la formazione fondata da Beppe Grillo.
Il ricorso presentato dall’avvocato Lorenzo Borré e dall’Associazione Rousseau ha messo all’angolo Conte e Grillo per la scelta di escludere dal voto circa 81mila iscritti membri del Movimento da meno di sei mesi, arrivando a un successo pieno e segnando un doppio precedente. In primo luogo, il Movimento che ha sempre presentato sé stesso come portavoce della magistratura e degli organi giudiziari, definendo come ontologicamente meno adatto il potere politico, è andato in testacoda su una sentenza giudiziaria; in secondo luogo, però, si è sancito un precedente decisamente pesante: per la prima volta nella storia repubblicana la leadership di un partito di governo tanto importante come il Movimento, partito di maggioranza relativa in parlamento e capace di esprimere la più nutrita compagine ministeriale nei governi Conte I, Conte II e Draghi, è stata decisa dalle carte bollate di un tribunale.
Per il politologo Alessandro Campi, docente all’Università di Perugia, Beppe Grillo è stato senz’altro sostanzialmente coerente nel dichiarare di “voler rispettare la sentenza e essersi dichiarato contrario a gesti affrettati”, ma è senz’altro “impressionante”, ci dice lo studioso, il fatto che sia stata sostanzialmente “decapitata la leadership di un partito” come il Movimento, peraltro in una fase in cui è in corso la lotta per la leadership tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Certamente, dal nostro punto di vista pensiamo che questa sentenza indirettamente sfavorisca Conte nel braccio di ferro interno: dopo la batosta quirinalizia, le incertezze sulla leadership e le polemiche interne emerse già nel quadro dei gruppi parlamentari, questa ulteriore svolta delegittima con forza la posizione dell’avvocato pugliese. E per Campi risulta a dir poco complesso pensare che “Conte possa andare alla conta con Di Maio” nelle prossime settimane in questa situazione sfavorevole.
A perderci è il Movimento intero, la sua immagine. Colpito dal fuoco incrociato con una durezza in passato non riservata ad altri partiti, e questo è un dato su cui riflettere, ma che al contempo perde ciò che rimane della sua identità originale. “Il Movimento Cinque Stelle avrebbe dovuto essere il partito della società civile, che più di tutti avrebbe dovuto liberare la politica da vecchi apparati e presunte lobby ma la realtà parla di una burocrazia farraginosa, di un sistema di potere bloccato, di un partito non scalabile”, sottolinea Francesco Boezi, giornalista parlamentare de IlGiornale.it, attento osservatore delle dinamiche politiche nazionali. “Risulta un problema politico”, nota Boezi, il fatto che tutto il castello politico pentastellato “crolli nel mezzo delle carte bollate” che rappresentano la sconfessione definitiva di “un’impronta verticistica” di gestione del potere.
Per Boezi “è l’Elevato Grillo che vincola i meccanismi interni e distribuisce i ruoli interni al partito. La realtà dei fatti è che questa vicenda segnala come il Movimento che avrebbe dovuto rendere più partecipativa la politica ha perso la base in questa legislatura, distrutto la possibilità partecipativa, fallito nell’obiettivo di pescare la leadership nella società civile”, come dimostrato dalla controversa parabola di Conte, “asceso in maniera atipica per il Movimento ma anche contestato. Impantanati nella dinamica burocratese-piattaformistica tra tribunali e web, sono diventati quelli che Benedetto Croce definirebbe un ircocervo”.Risulta a dir poco complesso immaginare un futuro unitario per il Movimento dopo questi durissimi scontri interni, e dal nostro punto di vista non possiamo non notare il timing politico della sentenza che colpisce un Conte declinante. I pentastellati sono sempre di più nel caos e il loro leader, al momento non riconosciuto dopo la decisione dei giudici napoletani, cerca di salvare il salvabile ma continua a fare un passo in avanti e due indietro e ora rischia di veder la sua scalata azzoppata. Il dato politico è chiaro e incontrovertibile, come Campi e Boezi acutamente sottolineano, ma dal nostro punto di vista non possiamo non giungere a una chiara conclusione: risulta fondamentale normare con precisione gli spazi di manovra e autogoverno interno dei partiti e mostrare la trasparenza di statuti e strutture organizzative per mantenerne nettamente la distanza con altri poteri. Il rischio, altrimenti, è di vedere svilupparsi situazioni problematiche o imbarazzanti come quella del Movimento.
Fonte: https://osservatorioglobalizzazione.it/progetto-italia/il-conte-dimezzato/
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