Capitalismo woke: come la moralità aziendale sta sabotando la democrazia
di MICROMEGA (Andrew MacCracken)
In “Woke Capitalism: How Corporate Morality is Sabotaging Democracy”, Carl Rhodes esplora come l’abbraccio calcolato della giustizia sociale da parte del mondo aziendale rappresenti una minaccia significativa per la società.
Nella stagione 2016 della National Football League, Colin Kaepernick – un quarterback che giocava per i San Francisco 49ers – ha preso posizione rifiutandosi di alzarsi in piedi. In segno di protesta contro l’ingiustizia razziale, Kaepernick ha scelto di sedersi, poi di inginocchiarsi, durante la tradizionale esecuzione dell’inno nazionale, prima di ogni partita.
Questa protesta silenziosa ha toccato un nervo scoperto in un momento in cui gran parte del mondo era ossessionata dalla sconvolgente campagna presidenziale di Donald Trump e dal suo flirtare con il nazionalismo bianco. Sebbene lodato da molti a sinistra, Kaepernick è stato accusato di mancare di rispetto agli Stati Uniti e alle sue truppe ed è stato insultato verbalmente durante le partite. Un importante analista afroamericano lo ha descritto come non veramente “nero” (Kaepernick è birazziale ed è stato adottato da genitori bianchi), mentre lo stesso Trump ha suggerito che “dovrebbe trovare un Paese che funzioni meglio per lui”. La protesta è costata a Kaepernick anche la sua carriera; dopo la conclusione della stagione 2016, il suo contratto non è stato rinnovato e nessun’altra squadra della NFL si è mossa per ingaggiarlo.
Kaepernick ha avuto però un’altra possibilità. È diventato il protagonista della campagna pubblicitaria “Dream Crazy” della Nike, lanciata a settembre 2018 con lo slogan: “Believe in Something. Even if it means sacrificing everything” [“Credi in qualcosa. Anche a costo di sacrificare tutto”]. Costruire un’importante campagna di marketing attorno a una figura così divisiva sembrava un grosso rischio per la Nike. E le reazioni iniziali hanno suggerito che l’azienda avesse fatto male i suoi calcoli: fan di abbigliamento sportivo sconvolti dalla cosa hanno bruciato i prodotti dell’azienda, il prezzo delle azioni è sceso e Trump, a quel punto presidente, ha affermato che la campagna stava inviando “un messaggio terribile”. Ma la Nike sapeva cosa stava facendo. Il prezzo delle azioni è aumentato dopo aver riportato un significativo aumento delle vendite, mentre la campagna stessa ha vinto un Emmy.
Due anni dopo, il New York Times ha rivelato che la Nike era tra le numerose aziende che facevano pressioni per diluire le misure del governo statunitense contro il lavoro forzato nello Xinjiang, la regione cinese che produce il 20% del cotone mondiale. Sui social media, la storia del New York Times è stata beffardamente pubblicata insieme allo slogan della Nike: “Credi in qualcosa. Anche se significa sacrificare tutto”.
La Nike è lungi dall’essere l’unico marchio globale i cui tentativi di cooptare cause “woke” hanno determinato accuse di ipocrisia, ma l’abbraccio calcolato della giustizia sociale da parte del mondo aziendale rappresenta una minaccia sociale più significativa? Nel suo avvincente libro, Woke Capitalism: How Corporate Morality is Sabotaging Democracy (Bristol University Press. 2021), Carl Rhodes, docente alla University of Technology di Sydney, sostiene di sì.
Rhodes fa risalire il “capitalismo woke” al movimento di responsabilità sociale delle imprese emerso in America a metà del XX secolo. Nel 1953, l’economista americano Howard Bowen sostenne che i leader aziendali avrebbero dovuto riconoscere che le loro attività riguardavano non solo i loro azionisti, dipendenti e clienti, ma la società in generale. Per Rhodes, il capitalismo woke rappresenta una boriosa forma della responsabilità sociale d’impresa delineata da Bowen, con molte aziende che oggi cercano di agire – ed essere viste agire – in modo socialmente responsabile in arene che non hanno alcuna relazione con i loro affari.
I critici conservatori del capitalismo woke hanno sostenuto che estendere la responsabilità aziendale al di là degli interessi degli azionisti è un tradimento del principio capitalista. Come ha affermato Milton Friedman: “C’è una sola responsabilità sociale delle imprese: utilizzare le risorse e impegnarsi in attività progettate per aumentare i profitti rimanendo entro le regole del gioco”.
Per Rhodes, questa critica al capitalismo woke rappresenta un fondamentale malinteso del movimento. I capitalisti woke non stanno cercando di capovolgere o reindirizzare il sistema capitalista; stanno lavorando per proteggerlo. Negli anni Cinquanta Bowen sostenne che i tentativi da parte del governo di regolamentare gli affari “potrebbero mettere a repentaglio le nostre libertà essenziali e limitare lo spirito di impresa”. Rhodes evidenzia questo commento come un tradimento della realtà secondo cui la responsabilità aziendale è sempre stata “una tattica difensiva per scongiurare quella che era vista come una vera minaccia del socialismo”. Oggi, molti dei più importanti sostenitori del capitalismo woke affermano che la rabbia popolare per gli impatti negativi delle grandi imprese rappresenta una minaccia esistenziale che deve essere sventata. Il capitalismo woke, come la responsabilità sociale d’impresa prima di esso, consiste nel “garantire che il capitalismo e le disuguaglianze che produce possano sopravvivere senza una rivolta popolare”.
L’interesse personale al cuore del capitalismo woke è rivelato dall’atteggiamento delle aziende nei confronti della tassazione. Sottolineando che il pagamento delle tasse “è la responsabilità sociale delle imprese”, Rhodes mette in evidenza le contraddizioni delle aziende che sostengono cause di sinistra come i diritti lgbtq e Black Lives Matter, mentre si impegnano contemporaneamente in “un’aggressiva elusione fiscale“. Le aziende stanno privando i Paesi di tutto il mondo di miliardi di dollari di entrate fiscali che potrebbero essere investiti in programmi di welfare, mentre si autoproclamano eroine nella lotta per la giustizia sociale.
Come suggerisce il sottotitolo del suo libro, Rhodes si preoccupa non solo delle ipocrisie e della natura egoistica del capitalismo woke, ma anche del suo effetto pernicioso sulla democrazia. Il ceo di BlackRock Larry Fink ha affermato che, poiché i governi non riescono ad affrontare le principali sfide che ora il mondo si trova di fronte, il pubblico “spinge le aziende” a intervenire laddove i politici hanno fallito. Woke Capitalism etichetta questi argomenti come un “assorbimento ostile” del sistema democratico.
La filantropia aziendale è anche indicata come una potenziale minaccia alla democrazia. Nel 2020, il fondatore di Amazon Jeff Bezos ha impegnato 10 miliardi di dollari per il Bezos Earth Fund, un’organizzazione mirante a limitare e combattere gli effetti dei cambiamenti climatici. L’oscena ricchezza di Bezos – al momento in cui scriviamo, Forbes stima il suo patrimonio netto in 171 miliardi di dollari – è in parte attribuibile al ben documentato sfruttamento delle scappatoie fiscali da parte di Amazon. Rhodes è giustamente critico nei confronti di un sistema che consente ad aziende e individui di privare i governi democraticamente eletti dei fondi per perseguire i loro obiettivi politici. Questo sistema consente agli stessi imprenditori di “determinare il futuro dei cittadini del mondo” incanalando la loro ricchezza in progetti scelti in base “ai loro capricci e alle loro predisposizioni personali”.
Nonostante la sua avversione per il capitalismo woke, Rhodes non è anti-woke. Le campagne “woke” di giustizia sociale sono discusse con ammirazione in tutto il libro, mentre i critici di questi movimenti sono bruscamente liquidati come eccentrici di destra. Parti di Woke Capitalism suggeriscono che Rhodes possieda una sensibilità di sinistra vecchio stile, con i suoi appelli ad aumentare le tasse sulle grandi imprese, rovesciare i colossi aziendali e annullare il neoliberal consensus. Rhodes conclude con l’appello a stare in guardia nei confronti del capitalismo woke e delle iniquità del sistema che cerca di difendere. Resta da vedere se qualche partito politico di sinistra offrirà una visione in grado di realizzare queste riforme.
(traduzione dall’inglese di Ingrid Colanicchia)
Fonte: https://www.micromega.net/capitalismo-woke/
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