Ucraina: Biden e il generale Milley aprono al negoziato
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Putin non andrà al G-20. Sfuma, dunque, la possibilità di un incontro con Biden che, seppur remota, pure esisteva. Ma il fatto che la decisione sia stata annunciata lo stesso giorno del ritiro russo da Kherson, lascia aperta la possibilità di avviare un processo di pace russo-ucraino. Tale ritiro, infatti, deriva certo da una strategia militare, ma è anche un segnale distensivo inviato alla controparte, che va analizzato.
Il ritiro da Kherson: lo scenario militare
Anzitutto va considerato l’aspetto militare. Abbandonando Kherson, la Russia ha deciso di attestarsi sulla riva sinistra del Dniepr, costituendo un fronte più difendibile, in attesa dell’inverno nel quale tale consolidamento, ad oggi inespugnabile, avrà come esito lo stallo del conflitto oppure di offrire una base di ripartenza solida per la campagna invernale.
Il secondo aspetto rilevante del riposizionamento è che esso appare ordinato e coordinato, addirittura annunciata pubblicamente dal ministro della Difesa Shoigu e preceduto dall’evacuazione dei cittadini di Kherson che hanno accolto l’invito in tal senso di Mosca, cosa che li preserverà da eventuali ritorsioni ucraine, una volta che la città sarà passata di mano (come registrato altrove).
Non solo, in questa operazione la Russia ha evitato il rovescio pregresso, quando ha ritirato il suo esercito dalle altre aree della regione di Kherson situate alla destra del Dniepr con un ridispiegamento segreto, cosa che offerto il destro per una controffensiva ucraine contro le esigue forze russe rimaste sul territorio, con esiti nefasti per Mosca, sia a livello militare che propagandistico.
L’ordine con cui si sta eseguendo il ridispiegamento porta a ipotizzare che l’annuncio di Shoigu sia stato preceduto da un accordo segreto con la Nato-Kiev. Ipotesi forse azzardata, ma non per questo necessariamente errata.
Infine, questa nuova disposizione dovrebbe evitare la distruzione della diga di Kakhovka, bersagliata più volte dai missili di Kiev (Agi), il cui collasso sembra accarezzato da alcuni circoli perché, l’allagamento conseguente di una vasta area rallenterebbe l’eventuale controffensiva invernale dei russi (il fatto che tale sviluppo risulterebbe devastante e causerebbe numerose vittime è, ovviamente, secondario).
Il ritiro da Kherson: le ragioni politiche
Così andiamo alle motivazioni politiche del ritiro da Kherson, cioè inquadrarlo come un segnale distensivo inviato alla controparte. Sul punto, appaiono significative le parole del generale Mark Milley, a capo del Comando congiunto degli Stati Maggiori dell’esercito Usa, il quale, come sintetizza la Cnn, ha detto che “potrebbe esserci la possibilità di negoziare la fine del conflitto se e quando le linee del fronte si stabilizzeranno durante l’inverno”.
La nuova disposizione dell’esercito russo, come abbiamo accennato, dovrebbe produrre tale stallo, con conseguente apertura di una finestra di opportunità per la diplomazia (se non sarà sfruttata, scatterà la controffensiva).
Non è solo Milley a parlare di tale opportunità, ma lo stesso Biden. Infatti, in una conferenza stampa rilasciata dopo le Midterm, rispondendo a una domanda sull’Ucraina, il presidente Usa ha detto che il ritiro “come minimo, porterà tutti a ricalibrare le proprie posizioni durante l’inverno. Ma resta da vedere se l’Ucraina è pronta a scendere a compromessi con la Russia”.
Nella stessa conferenza stampa, Biden ha detto che gli Stati Uniti “sapevano da tempo” che la Russia avrebbe fatto questa mossa, cosa che sembra sottendere, come accennato, un accordo segreto perché il ritiro avvenisse in buon ordine.
Inoltre, il presidente ha aggiunto che ha trovato “interessante” il fatto che Mosca abbia atteso le elezioni di midterm per attuarla, frase un po’ criptica che però ha una spiegazione semplice: Mosca non voleva che Biden si rivendesse in chiave elettorale, cioè come una sua vittoria, il ritiro dei russi…
Il ritiro ha un altro valore politico. Un accordo con la Russia rischia di attirare sulla Casa Bianca l’ira funesta dei falchi, che hanno strombazzato tramite tutti i media possibili e immaginabili che Mosca era ormai alle corde, pronosticando una sicura vittoria dell’Ucraina.
Un war-movie in mondovisione
Non solo i falchi, anche i falchetti, come l’attore Sean Penn che, in visita a Kiev, ha portato a Zelensky la statuetta vinta agli Oscar, che il presidente ucraino dovrebbe restituirgli dopo la vittoria.
Una scenetta andata in mondovisione, come si addice a una guerra raccontata in stille hollywoodiano. Ma un conto sono i film, un conto è la realtà e la realtà è alquanto più complessa di quella raffigurata nella stralunata scenetta di cui si è reso protagonista l’attore americano.
A smentire l’emozionante promo di Hollywood, infatti, è stato il generale Milley, un po’ più avvezzo del divo alle cose militari, il quale, nell’intervista alla Cnn citata, ha dichiarato che i duellanti devono rendersi conto che “probabilmente una vittoria nel vero senso della parola può non essere raggiungibile con mezzi militari ed è quindi necessario trovare altri mezzi” per chiudere le ostilità.
Tale presa di coscienza da parte di Zelensky eviterà un ulteriore bagno di sangue alla sua gente, con buona pace di Hollywood e dei neocon. Ma al di là dell’ignobile sciarada dell’attore, resta appunto il problema di evitare che un accordo con i russi venga sottoposto al fuoco incrociato di falchi e falchetti, pronti, del caso, ad accusare Biden di aver consegnato a Putin l’ennesima vittoria geopolitica.
Un modo semplice è contrabbandare tale accordo come una sconfitta dello zar. E il ritiro dei russi da Kherson può servire perfettamente allo scopo.
Concludiamo con quanto scrive Ted Snider su Responsible Statecraft: “L’amministrazione Biden ha insistito a lungo sul fatto che il suo obiettivo è quello di sostenere l’Ucraina ‘sul campo di battaglia’ fino a quando gli ‘avvenimenti sul campo’ non porranno l’Ucraina ‘nella posizione più forte possibile al tavolo dei negoziati’. Il 9 novembre, quando i report segnalavano che i russi stavano lasciando la città di Kherson, l’Ucraina sembrava poter registrare che alcuni di quei vantaggiosi “avvenimenti sul campo” sono stati raggiunti. Certo, sarà difficile per Zelensky raggiungere al tavolo dei negoziati gli esiti che desidera. Ma è così che iniziano i negoziati”.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/ucraina-biden-e-il-generale-milley-aprono-al-negoziato
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