Chi è la Lady di Ferro del Giappone
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Daniele Dell’Orco)

A Tokyo è successo qualcosa di epico. Dopo due tentativi falliti, Sanae Takaichi, 64 anni, è stata eletta la prima donna primo ministro, in uno dei Paesi più patriarcali del mondo.
Nata nella prefettura di Nara, figlia di un impiegato e di una poliziotta, Takaichi è cresciuta lontana dalla politica. Appassionata di musica heavy metal, era famosa per portare con sé molte bacchette da batteria: le spezzava durante le esibizioni più energiche con la sua band.
Prima di entrare in politica, lavorò per un breve periodo come conduttrice televisiva.
La sua ispirazione politica nacque negli anni Ottanta, nel pieno delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Giappone. Desiderosa di comprendere meglio la percezione americana del suo Paese, Takaichi lavorò per la deputata democratica Patricia Schroeder, nota per le sue critiche al Giappone.
Lì osservò come molti americani confondessero lingua e cultura giapponese con quelle cinese e coreana, trattando il Giappone come un’estensione dei suoi vicini.
Da quell’esperienza trasse una conclusione più che mai attuale e che la proietta direttamente nell’alveo del nazionalismo nipponico:
“Finché il Giappone non sarà in grado di difendersi da solo, il suo destino resterà nelle mani di un’opinione pubblica superficiale.”
Nel 1992 si candidò come indipendente, senza successo. L’anno seguente ottenne un seggio e nel 1996 aderì al Partito Liberal Democratico (LDP), quello egemone nel Sol Levante. Da allora è stata eletta dieci volte, ricoprendo diversi incarichi di rilievo: ministro per la sicurezza economica, ministro del commercio e dell’industria, e ministro per gli affari interni e le comunicazioni — un mandato da record per durata.
Nel 2021 partecipò per la prima volta alla corsa per la leadership del LDP, perdendo contro Fumio Kishida. Tentò di nuovo lo scorso anno, arrivando prima al primo turno ma sconfitta infine da Shigeru Ishiba. Visti i disastri dei predecessori, stavolta tocca a lei.
Protetta e allieva di Shinzo Abe, Takaichi fu nominata da lui Ministro dell’Interno nel 2014. È una conservatrice convinta: ha sempre osteggiato la possibilità per le donne sposate di mantenere il cognome da nubile e si è espressa contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Quindi è un premier donna ma non femminista.
Le sue proposte sociali traggono ispirazione dalle proprie esperienze familiari: vuole potenziare i servizi sanitari per le donne, riconoscere maggiormente il lavoro di assistenza domestica e migliorare l’assistenza agli anziani.
Sul piano economico, Takaichi ha promesso di rilanciare la “Abenomics”, la strategia di Abe basata su spesa pubblica elevata e credito a basso costo.
Visita regolarmente il Santuario di Yasukuni, e ciò è importante. Lì sono commemorati i caduti per il Giappone, compresi quelli condannati per crimini di guerra. Per lungo tempo i premier nipponici non si sono recati a Yasukuni per non disturbare l’alleato americano, ma avrebbero voluto eccome.
Ultimamente questa tendenza sta cambiando e con Takaichi potrebbe essere rovesciata del tutto.
Sostiene inoltre l’allentamento delle restrizioni costituzionali sulle “Forze di autodifesa”, affinché il Giappone possa dotarsi di capacità offensive.
La riforma dell’Articolo 9 è un punto fermo del nazionalismo nipponico dai tempi di Yukio Mishima.
Anche se dal 1955 il Partito Liberal Democratico domina la scena politica giapponese, oggi perde terreno a causa della stagnazione economica, del declino demografico e del crescente malcontento sociale. A beneficiarne, dopo l’assassino di Abe, le frange più a destra. La sua elezione mira proprio a riconquistare gli elettori conservatori attratti dal movimento “Sanseito”, partito ultranazionalista in ascesa, che con lo slogan “Japan First” è passato da un seggio a quindici, sottraendo voti all’LDP.
Con l’elezione di Takaichi un altro capo di governo del G7 si allinea alle tendenze di Trump, Meloni e, in parte, Merz.
Ma essendo il Giappone l’unico in Asia e per di più nell’estremo Oriente ciò vuol dire anche un asset di rilievo in funzione anti-cinese nell’Indo-Pacifico. A cominciare dal supporto a Taiwan e passando per la possibilità di riformare l’esercito (e quindi anche riarmarsi “sul serio”).
#TGP #Giappone #Geopolitica
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