di Alessandro Bolzonello
Sullo sfondo delle stragi di Parigi si sta assistendo ad un festival di manifestazioni che ruotano attorno a tre concetti: blasfemia, fanatismo e ipocrisia.
Istanze che nei loro estremismi si coniugano rispettivamente con la dissacrazione di tutto e tutti, la soppressione del diverso, la falsità attraverso l’adozione di posizioni per pura opportunità.
Lo specifico caso francese è plateale e scenico, ma soprattutto è rappresentativo dei tratti profondi della cultura contemporanea: attaccare l’altro per pura provocazione, giudicare “sbagliato” chi pensa diversamente, assumere posizioni “perché si fa così” oppure per mero interesse personale. Insomma, i recenti eventi evidenziano fondamentali istanze dell’attuale “essere e agire” che, benché portatrici di prepotenza e sopruso, sono considerate per lo più legittime.
Sono convito infatti che essere liberi non significhi poter dire qualsiasi cosa; sono convinto che aderire a dei precetti sia un errore se conduce alla delegittimazione dell’altro; sono inoltre convinto che mentire, consapevolmente o meno, sia un vero e proprio tradimento. Tutte violenze verso gli altri e verso se stessi.
Il tema sotteso ha quindi a che fare con l’approccio verso l'”altro” e la “diversità”.
Sono dell’idea che la cultura contemporanea non sia rispettosa dell'”altro”: prevale l’esigenza di dimostrare, a se stessi e agli altri, che “si esiste”, insomma che “si è al mondo per qualcosa”. I diffusi comportamenti violenti, insomma, evidenziano la fragilità dell’uomo, spesso la sua profonda inconsistenza.
Sento il dovere di denunciare tale violenza, di contestare cioè ogni assolutismo, ogni posizione che abbia come implicito la presunzione di verità. Nessuno ha il diritto di dire e fare ciò che vuole, al limite può esprimere prudentemente un pensiero e un’opinione con la chiara e forte consapevolezza dell’irriducibilità della propria partigianeria, quindi dell’essere meri portatori di un punto di vista.
Solo questa posizione è legittima.
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