Teoria della moneta "diluita"
Poco tempo fa abbiamo visto quali erano le “forze” delle monete nel 1980 e nel 1999 che poi sarebbero confluite nell’euro. (Globalizzazione) Da quei semplici dati si evinceva chiaramente che Paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia sarebbero stati stritolati da questo meccanismo. Era evidente che anche la Francia avrebbe avuto grossi problemi di sostenibilità. Voglio ricordare che uno studio simile era possibile farlo anche all’epoca, allora, perché mai si decise comunque di addivenire alla creazione dell’obbrobrio-euro?
Furono i governi dell’epoca a decidere?
O piuttosto le multinazionali europee e non che sponsorizzavano i governi già dall’epoca?
Potevano gli industriali dell’epoca avere così tale presa sui governanti da indirizzarli a prendere tale nefasta decisione?
I politici erano consci di fare esclusivamente il bene delle lobby industrial-finanziarie?Per cercare di capirne di più dobbiamo fare un salto indietro, sino agli anni ’50.
L’Italia repubblicana nacque liberista e tra le nazioni europee fu quella che maggiormente prese a modello gli Stati Uniti. Le ingerenze statunitensi negli affari interni italiani erano (e sono) all’ordine del giorno. Le elitès industriali italiane puntarono ad imitare appieno il modello USA. Anche lì, anzi, soprattutto lì, nella “liberissima” Amerika, il divario di reddito tra i ricchi ed industrializzati stati del nord e i poverissimi stati del sud era abnorme. Ad esempio, la deindustrializzazione di Detroit non è stata solo frutto delle delocalizzazioni all’estero: molte aziende trasferirono le loro sedi in Alabama e Mississippi, dove grazie a quelle che potremmo definire “gabbie salariali” e all’incostituzionalità dei sindacati (in questi due stati sono vietati per legge) e ad altri forti incentivi inerenti la tassazione ebbero enormi risparmi. Il solito mantra: ridurre i costi e aumentare i profitti.
La competitività effettuata sulla pelle dei lavoratori senza erodere i ricavi, anzi. Detroit, dagli anni ’50 ad oggi, è passata da 1,8 milioni di abitanti a 713.000, svuotando letteralmente interi quartieri. Detroit, aveva assunto il nomignolo di “Motown” ed era la IV città degli USA, oggi è al 18esimo posto. Nell’intera Storia degli USA, in termini percentuali, solo New Orleans ha perso più abitanti a causa di “katrina”. Nel Michigan, un operaio della General Motors o della Ford poteva permettersi una vita agiata pur essendo l’unico a lavorare in famiglia. Questa era la “middle class” che ha fatto grande gli USA. La sola GM aveva più di 1,2 milioni di dipendenti, di cui circa ¼ del totale nel Michigan. I salari di GM erano tra i più alti in assoluto e permettevano ad un operaio specializzato di mantenere senza problemi la famiglia, permettendo loro di mandare i figli alle high-school, di avere una bella casa con tanto di prato e giardino e di fare le vacanze almeno una volta all’anno. Le gabbie salariali hanno portato un po’ di benessere in quelle regioni poverissime ma hanno inferto un colpo mortale a Detroit e soprattutto alla middle-class americana, inaugurando un ciclo continuo di ribassi salariali che hanno portato la Wall-Mart a scrivere davanti agli ingressi del personale una frase che dice più o meno così: “con il salario che percepirete da noi non pensate di poter far vivere la vostra famiglia …”. Il salario standard di Wall-Mart è inferiore ai 900 dollari/mese e non include assicurazioni, carta health-care, accantonamento pensionistico, ferie pagate e/o tredicesima. Tanto lavori e tanto ti pago. Che differenza ci possa essere tra un lavoro del genere ed un lavoro completamente a NERO devo ancora capirlo. L’attrito che provoca la sperequazione salariale tra regioni che fanno parte della stessa nazione sono foriere di grossi ed irrisolvibili problemi che i “trasferimenti fiscali” non riescono a colmare. L’emigrazione forzata ha svuotato intere regioni, sovrappopolandone altre: uno sciame di locuste impazzite che si muove alla ricerca di una stabilità economica o del “sogno americano”. Una nazione così grande, anche se è una federazione, avrebbe bisogno di diverse valute complementari che potrebbero, mediante una banda di oscillazione ben concordata, alleviare i problemi. Ad esempio, l’Alabama e il Mississippi avrebbero bisogno di una valuta di un 20% più bassa di quella del Texas o del New Jersey. Per allineare gli scompensi della differenza di prezzo che avrebbe il dollaro tra un texano rispetto ad un abitante dell’Alabama il gov centrale dovrebbe operare così: a fine anno lo Stato centrale pretenderebbe il saldo di valuta in dollari dagli Stati in surplus per darla a quelli in minus, riallineando le disparità. La moneta complementare di ogni stato potrebbe fare in modo di avere uno sviluppo più regolare per il proprio territorio, facendone così una “area valutaria ottimale”. Il prezzo di un “big-mac”, in questo modo, sarebbe diverso tra una zona e l’altra, spingendo la regione in surplus ad “importare” prodotti e manufatti dalla regione in minus , creando sviluppo e limitando fortemente la migrazione di lavoratori che mette in crisi strutturale interi territori. Gli USA non sono MAI stati una AVO. Alla fine è SEMPRE e SOLO il sostanziale PAREGGIO tra le BILANCE COMMERCIALI tra Stati che eviterebbe (o quantomeno limiterebbe fortemente) le crisi periodiche derivanti da debito verso l’estero a cui assistiamo. La “diluizione” del dollaro che ha reso competitive le loro merci nasceva da questo ENORME divario tra il ricco nord ed il poverissimo sud. Chiaramente si aveva l’esercito di riserva di lavoratori a basso salario e anche un enorme mercato di sbocco per i prodotti industriali del nord. Un dollaro di New York è identico a quello di Orlando. L’abbandono di intere regioni a favore di altre che offrono lavoro è una costante negli USA. Il senso di appartenenza ad un territorio, semmai fosse esistito, è stato completamente cancellato. La distruzione della famiglia e l’imbarbarimento della società statunitense trae le sue origini in tutto ciò. Una società dell’EGO che smaterializza sentimenti e legami, dove il business è l’unico scopo della vita e che prepara la gente alla competizione continua, dove se arrivi secondo non hai nessun merito o riconoscimento di sorta.
In Italia, la sperequazione di redditi tra il ricco nord e il poverissimo meridione probabilmente non aveva eguali in tutta l’Europa occidentale. In Italia ci sono stati sempre DUE, forse anche tre Nazioni, distinte e separate. Dall’unificazione in poi il divario economico tra nord-centro e sud si è sempre più accentuato, mostrando una timida inversione di tendenza solo negli anni settanta. Mentre il reddito procapite italiano cresceva fortemente dal 1950 al 1980, recuperando completamente la media europea e avvicinandosi a quello statunitense, la differenza di tale reddito restava accentuata, anzi incrementava, tra nord-centro e sud. Il reddito procapite delle industrializzate regioni del nord Italia è da sempre stato uguale, se non maggiore, alle zone più ricche d’Europa Se l’Italia, ipoteticamente, nel 1948 fosse stata divisa in due, con i confini all’altezza del Lazio, difficilmente avremmo avuto le dinamiche economiche che conosciamo. La forza dell’industria e gli alti redditi dei cittadini di questa ipotetica nazione del nord-centro Italia avrebbero portato ad una maggiore richiesta di valuta dall’estero per acquistare merci e manufatti prodotti in loco con il risultato scontato di vedere salire fortemente il valore della valuta locale e nello stesso tempo, simmetricamente, avremmo visto una contrazione dell’export. La Germania sta facendo ciò con l’euro: senza i “vasi di coccio” che hanno “diluito” il valore dell’euro, facendo media al ribasso, la richiesta di euro-marco per acquistare i loro prodotti avrebbe portato la valuta alle stelle, rendendo i prodotti di altre nazioni più attraenti. Non è difficile pensare che il sud Italia avrebbe attratto maggiori investimenti, favorito da una valuta più debole e da costi più bassi. Forse anche l’instaurazione di più monete complementari (sul modello già esplicato prima relativo agli USA) sarebbe bastato a far crescere il reddito procapite in maniera più razionale, evitando soprattutto la tragedia relativa all’emigrazione di massa che non fa altro che minare per SEMPRE lo sviluppo del territorio abbandonato. Questo problema lo sollevava poco tempo fa anche il prof. Claudio Borghi Aquilini. Il “miracolo italiano” è stato possibile anche grazie alle enormi differenze di un’Italia divisa in due ma sotto un’unica moneta. Il “miracolo tedesco” a cui stiamo assistendo inermi, alla stessa stregua, trae dall’unione monetaria i suoi enormi vantaggi. Da sempre sappiamo che le esportazioni di manufatti sono avvantaggiate da una valuta debole. Ce lo dice l’esempio della Cina che, artificiosamente ed in QUALSIASI modo, tiene basso il valore dello Yuan per tale non troppo velato scopo.
Il meridione abbandonato e deindustrializzato è servito per DILUIRE il valore della moneta Lira, unitamente al grande vantaggio di avere l’esercito di riserva di lavoratori a bassissimo reddito del sud che avrebbe fatto da calmiere al mercato del lavoro del ricco nord (leggi curva di Phillips), oltre a servire da mercato di sbocco ai prodotti dell’industria settentrionale. Ai ricchi e potenti industriali, sponsorizzati dalla politica USA, conveniva tale situazione: erano ancora lontani i tempi della globalizzazione con annesse delocalizzazioni selvagge poiché una Stato ancora forte impediva la libera circolazione di capitali oltre frontiera. Negli anni ’70 si tentò in tutti i modi di portare ricchezza ed investimenti al sud. Partirono ingenti programmi di infrastrutture statali (spesso anche inutili) e arrivò anche un po’ di industria privata fortemente sovvenzionata dal governo ma, come ben sappiamo, il progetto è fallito miseramente. Agli occhi dei meridionali le industrie aperte al sud, soprattutto se statali, apparivano un modo per avere un reddito garantito con il minimo impegno possibile. Nella memoria storica del sud era ancora ben presente la guerra civile ed il bagno di sangue che ne conseguì ai tempi dell’unificazione coatta dell’Italia. Lo Stato, al sud, era visto come un nemico: tutto ciò che era pubblico poteva essere saccheggiato e vituperato. Comunque ciò servì per effettuare quel minimo recupero di reddito procapite da parte del meridione a cui accennavo prima ma innescò il problema più grave che affligge tuttora il sud Italia: il clientelismo a tutti i livelli. La bramosia di avere quel “posto fisso” , meglio se statale, che dava la sicurezza di un reddito mai stato certo prima, spingeva e spinge il meridionale ad usare tutti gli strumenti disponibili, convenzionali e non, compreso la corruzione vera e propria, pur di ottenere l’agognato impiego. Per un napoletano o un barese ecc avere uno stipendio come un milanese o un bolognese ecc era un ENORME vantaggio: la vita molto meno cara del sud dava l’agio che a nord, a parità di lavoro, non si sarebbe mai avuto. I politici, da sempre, hanno trovato in questo modo un’ENORME bacino di voti di riserva da tenere sotto ricatto. Il resto sono ovvietà che vi risparmio. Posso affermare senza rischio di essere contraddetto che il Popolo meridionale, benché non esente da colpe gravi, è stato voluto così ed è rimasto tale: consumatore-cittadino di serie “B” che non è mai passato al rango di cittadino di serie “A”. In Italia, i servizi, il welfare e lo stesso Stato sociale sono sempre stati diversi: un sistema efficiente e ricco al nord-centro e un sistema appena sufficiente al sud. Con l’avvento dell’euro queste asimmetrie si stanno attenuando. Verso il basso. Un “ciclo di Frenkel” all’interno della stessa nazione, ammortizzato solo dai trasferimenti fiscali che man mano che passavano gli anni si trasformavano sempre più in elemosina e che ha raggiunto oramai il mero assistenzialismo. Se l’Italia meridionale avesse avuto un’altra moneta, sicuramente meno forte, probabilmente era il sud che avrebbe esportato verso il nord (ma non solo) e non il contrario, riequilibrando la situazione ed evitando la tragedia dell’emigrazione di massa cha ha IMPOVERITO per sempre quella meravigliosa terra e che è PREPOTENTEMENTE ritornata, interessando ancora una volta un meridione sempre più povero ed abbandonato a se stesso, ostaggio della criminalità organizzata e di politici e amministratori incompetenti e corrotti. Nel meridione si sperimentò il vincolo fisso, compreso tutte le altre storture che oggi stiamo vivendo con l’euro. Una volta la meta preferita dal messinese o dal crotonese era Torino o Milano, oggi, e anche per il milanese e il torinese, è Berlino o Dusseldorf … come cambiano i tempi.
L’Italia sta all’Euro-pa come il meridione stava all’Italia, con l’aggravante di non avere ne trasferimenti fiscali e ne, tanto meno, quella spesa a deficit garantita da uno Stato sovrano che tenne in piedi il “Belpaese” sino al 1981. L’Italia, per quanto erano grandi le asimmetrie tra nord-centro e sud, non è MAI stata una “area valutaria ottimale”. Intanto il “sogno euro-peo” cominciava ad essere inculcato alle masse, partendo dalle scuole elementari di tutta Europa. L’accelerazione per perseguire tale scopo incrementò notevolmente negli anni ’70: sarebbero occorsi molti anni perché quelle generazioni che non avevano nulla più in comune con la tragedia della guerra potessero maturare un senso di appartenenza continentale. Lo scopo della UE è sempre stato questo: EDUCARE a DIMENTICARE quanto occorso nei secoli passati, compreso le DUE luttuosissime guerre che hanno interessato il nostro continente in meno di 30 anni. Guerre che nacquero entrambe dalle intransigenze di parte e dalle INCOLMABILI divisioni e contrapposizioni degli stessi Stati europei. In Germania, le elitès industriali caldeggiarono l’unificazione tra le due Germanie e applicarono quanto fatto dalle elitès italiane. Il loro meridione era l’est, la ex DDR. Quanto accadde lì dal punto di vista economico, seppur con dinamiche diverse, è molto simile a quanto occorso al meridione d’Italia. Vi erano tutti gli ingredienti necessari per realizzare il grande progetto. In brevissimo tempo il governo dell’iper euro-peista Kolhn deindustrializzò la ex DDR, consegnando agli industriali tedeschi l’esercito di riserva di lavoratori a basso costo che avrebbe ridimensionato fortemente le velleità salariali del maturo mercato del lavoro della Germania ovest. Si creò un nuovo mercato di sbocco per le industrie: la ex DDR fu inondata dai prodotti della Germania ovest, mettendo in moto il già collaudato “ciclo di frenkel”. Tutto ciò ha una forte similitudine con quanto successo all’Italia del “miracolo economico”. La compressione salariale in Germania ebbe inizio in quegli anni ed ebbe il suo apice nel 2003, sotto il governo Shroeder, con la riforma del lavoro denominata Hartz-IV : portò alla sotto occupazione di massa. Oggi, nella ricca Germania, quasi il 30% dei lavoratori percepisce un reddito pari a 400/450 euro mensili con paga oraria lorda tra le più basse in assoluto: 9 euro/ora. Questo è il “miracolo” tedesco.
L’intera Euro-pa è indirizzata su quella strada: recuperare la competitività persa con l’avvento della globalizzazione sulle spalle dei lavoratori, a detrimento della stabilità, dei legami affettivi e della sicurezza che un buon reddito ti garantisce. Se non hai lavoro in Italia devi spostarti in altro luogo ma alle loro condizioni e con salari che ti permetteranno (forse) di sopravvivere, senza che un sacrificio simile sia più ricompensato dalla speranza di un futuro migliore nella tua terra d’origine. Dopo la polverizzazione dell’impero URSS, le elitès europee ebbero gioco facile a far legalizzare anche la libera circolazione delle persone, importando in realtà economiche avanzate (che vedevano crescere diritti e retribuzioni dei salariati simmetricamente ai profitti aziendali) decine di milioni di nuove unità lavorative a bassissimo costo, mettendole in concorrenza tra esse. La grancassa mediatica, rimbambendo tutti gli euro-pei, gridava a gran voce “più euro-pa” e NOI TUTTI, generazioni dagli anni ’60 in poi, fummo convinti che quella era la strada giusta. L’agricoltura italiana fu stravolta e semi distrutta da regole calate dall’alto dalla UE e supinamente accettate dai nostri politici. Anche la scuola e la sanità cominciarono ad avere profondi e radicali cambiamenti. L’industria, grazie alle nuove leggi euro-pee che abrogavano qualsiasi protezionismo nazionale atto a tutelare il lavoro e che limitavano fortemente la libera circolazione dei capitali, cominciò a delocalizzare. Già dal 1987, con quello che fu chiamato “SME credibile”, le Nazioni che facevano parte del serpente monetario entravano in regime di vincolo quasi-fisso (si poteva svalutare o rivalutare del 2,5%), eliminando l’ombrello del cambio flessibile che serviva a Paesi con inflazione più elevata a scaricare le tensioni interne sul cambio e non sui salari. Con lo SME credibile si mise fine alla PRIMA barriera protezionistica che uno Stato può vantare: la possibilità della svalutazione monetaria che rende più appetibili i prodotti nazionali esportati all’estero e più onerosi i prodotti di importazione. Del resto, come disse anche Da Rold del sole24ore, “se non puoi svalutare la moneta devi svalutare i salari”. Adottando l’euro le nazioni marco-centriche hanno avuto l’enorme vantaggio di “diluire” il super-marco con dracma, peseta, escudo, lira e anche franco traendone immani benefici. Oggi, se esistesse ancora il DM (marco tedesco) varrebbe un buon 30% rispetto al valore massimo dell’euro contro dollaro: almeno 1,8/1,9, ovvero quasi il doppio del dollaro stesso. Una cosa non capisco: qual è stata la convenienza francese ?…. A distanza di anni ancora non trovo una giustificazione a tutto ciò. Anche lì la bramosia di pochi ha prevalso sulla buona ragione, abbattendo con uno stupidissimo quanto inutile sogno un sistema quasi perfetto, creato per la pace sociale.
L’unica “AVO” che io conosca è la federazione Elvetica che arrivò alla moneta unica parecchio dopo una vera e propria integrazione dei Cantoni che col tempo divenne unione politica. La sola lingua dissimile tra tutte le Nazioni della UE basta e avanza a far si che l’Europa resti come è sempre stata: un bellissimo posto per viaggiare e conoscere le 1000 anime diverse provenienti ognuna da una MILLENARIA cultura diversa.
Dopo trecento anni che i tedeschi avranno imparato la nostra lingua potrei anche dare il consenso a tale eresia.
Sciogliere la UE e tornare alla CEE è l’unica cosa sensata che si possa fare per il bene dell’intera popolazione europea. Prima che sia troppo tardi.
Di moneta “diluita” me ne basta una: la Lira italiana.
Roberto Nardella, ARS Puglia.
Molti punti non mi tornano o mi sembrano imprecisi o bisognosi di spiegazioni o lacunosi o opinabili o addirittura totalmente infondati.
Scrivi “L’Italia repubblicana nacque liberista e tra le nazioni europee fu quella che maggiormente prese a modello gli Stati Uniti”.
Dichiarava Riccardo Lombardi in assemblea costituente:
“”Nel Paese si vuol diffondere la convinzione che il nazismo ed il fascismo non siano stati altro
che vincolismo e negazione del liberismo: giudizi sul fascismo che peccano di cecità e di
ignoranza, perché, intendiamolo bene, gli strumenti di intervento pubblico che hanno usato male
i fascisti ed abbastanza bene i nazisti, non sono interventi specifici del fascismo e del nazismo,
ma interventi di qualsiasi democrazia e di qualsiasi regime socialista moderno. Li usano in
America e li usano anche i laburisti inglesi. Lo strumento è indifferente: il modo con cui li
hanno usati è importante, perché li hanno usati ai fini di una politica di guerra e di
impoverimento. Contro questa mentalità e contro questa politica che ne deriva, noi abbiamo
lottato e lotteremo. Guardiamoci bene da queste interpretazioni che fanno consistere il fascismo
nella bardatura e nel vincolismo delle forze economiche. Non sarebbe stata necessaria una lotta
di 20 anni, così sanguinosa, per distruggere un semplice fatto di indirizzo economico.
Ma c’è dell’altro nel fascismo e nel nazismo. E la comoda interpretazione per cui si dice che il
fascismo risorge quando si tenta di mettere in atto gli strumenti del controllo pubblico è ridicola,
e non possiamo che respingerla”.
Peraltro, al di là di questa affermazione, lo stesso autore, successivamente, scriveva: ” “L’avversione al fascismo si era tradotta in un’avversione per l’ingerenza pubblica nella economia e quindi in una rivalutazione del liberismo. Eravamo come ipnotizzati dalla preoccupazione che ogni forma di statalismo sembrasse un omaggio ai fascisti, e molti di noi, inoltre, pensavano l’economia ingovernabile, nel senso che si dovesse fare affidamento sulle
forze spontanee”.
Continuo con le mie osservazioni critiche.
Scrivi, con riguardo agli Stati Uniti: “La moneta complementare di ogni stato potrebbe fare in modo di avere uno sviluppo più regolare per il proprio territorio, facendone così una “area valutaria ottimale”. Il prezzo di un “big-mac”, in questo modo, sarebbe diverso tra una zona e l’altra, spingendo la regione in surplus ad “importare” prodotti e manufatti dalla regione in minus , creando sviluppo e limitando fortemente la migrazione di lavoratori che mette in crisi strutturale interi territori. Gli USA non sono MAI stati una AVO. Alla fine è SEMPRE e SOLO il sostanziale PAREGGIO tra le BILANCE COMMERCIALI tra Stati che eviterebbe (o quantomeno limiterebbe fortemente) le crisi periodiche derivanti da debito verso l’estero a cui assistiamo”.
Ma nemmeno la Russia è un’AVO e nemmeno la Francia e nemmeno la Germania e nemmeno la Grecia. Probabilmente nemmeno la Sicilia o l’Abruzzo. Dove le differenze tra zona e zona sono poche, posto il principio da te affermato dell’insufficienza dei trasferimenti, alla lunga si creerebbero squilibri.
La teoria dell’AVO va risolta nel senso che le AVO non esistono. Uno stato non si forma perché un certo territorio è un AVO, bensì grazie alla combinazione di guerre, intelligenze, volontà di potenza, religioni, idealismo, dottrine profetiche che riescono ad avverarsi, errori, rapporti culturali, esistenza di una lingua colta, lingua dei codici, dei tribunali, delle amministrazioni, dei libri, della poesia, delle università.
E’ accaduto che la formazione di uno stato abbia lasciato inizialmente piu’ monete e poi si sia andati verso l’unica moneta. Non è mai accaduto, credo, che da una moneta si sia tornati indietro. Formalmente l’Italia lasciò una moneta ma in realtà le banche di emissione, in concorrenza tra loro, erano 5 e poi 6, fino al 1926 quando si accentro’ l’emissione nella banca d’Italia.
Uno stato che introducesse monete regionali o uno stato federale che introducesse monete statali nei singoli stati federali (a parte piccole “repubbliche “indipendenti” che possono esistere in vari stati) sarebbe probabilmente destinato a disintegrarsi. Avrebbe piu’ politiche monetarie e quindi fondamentalmente piu’ politiche economiche.
E’ un fatto comunque che mai nessuno stato le ha introdotte. Stiamo attenti alla fantapolitica fondata su economicismo.
terza osservazione.
Scrivi: “In Italia ci sono stati sempre DUE, forse anche tre Nazioni, distinte e separate”.
Qui il termine nazione è certamente errato. Si può, infondatamente, negare che l’Italia sia una nazione ma non si può affermare che in Italia ci siano state due o tre nazioni. Non ci sono mai state due o tre lingue di codici,tribunali e amministrazioni. Non ci sono mai state tre aree nettamente distinte per religione. Anche qui mi sembra che l’economicismo (non l’economia) sia da te posto a fondamento di tutto, fino al punto di imporre un nuovo vocabolario.
Infine il miracolo economico italiano si conclude, secondo gli storici dell’economia, nel 1962. Tuttavia: a) gli anni dal 1951 al 1959 vedono aumentare il divario tra nord e sud in misura minore rispetto a tutti i periodi pregressi, con esclusione del periodo 1861-1889; b) le differenze tra nord e sud si attenuano soltanto in modo continuativo dal 1959 al 1975 (con l’eccezione dell’anno 1974); c) dal 1975 al 1983 le differenze non aumentano e non diminuiscono; d) tornano ad aumentare dal 1983 al 1995; e) tornano a diminuire dal 1996 al 2007, ossia fino a prima della crisi. Per il grafico e le fonti si legga qua: https://www.appelloalpopolo.it/?p=11733