Il Wto resuscitato per la guerra Usa-Ue su Airbus e Boeing
di CONTROPIANO (Claudio Conti)
Diavolo, c’è ancora il Wto! L’organizzazione mondiale per il commercio, camera di compensazione tra gli interessi delle imprese multinazionali e quelli nazionali, assurta quasi a “governo mondiale” negli anni d’oro della seconda globalizzazione, sembrava ormai scomparsa dalla circolazione. Tant’è vero che non si registrano nuovi “round” (l’ultima “conferenza ministeriale” risale ormai al dicembre 2005) da tempo immemore.
E invece è spuntata fuori dal nulla per decretare che l’Unione Europea non ha eliminato – come richiesto – i maxi sussidi che i governi continentali hanno fornito per creare e sostenere Airbus per oltre 40 anni. Anzi, invece di farsi restituire almeno in parte i 17 miliardi erogati al colosso dell’aerospazio eruopeo, varie istituzioni continentali avrebbero elargito almeno altri 5 miliardi per permettere la costruzione e l’inserimento sul mercato mondiale del modello AX 350, un bimotore per uso civile destinato a rotte a medio-lungo raggio, caratterizzato da una configurazione a fusoliera larga. Non è mancata nemmeno una notazione ironica, nella “sentenza” del Wto: «Sembra che l’A350 XWB non potesse essere lanciato e introdotto nel mercato senza aiuti».
Una valutazione ispirata chiaramente da interessi Usa, che sostengono ovviamente la Boeing, e che ha trovato riscontro in movimenti di borsa (a favore del titolo statunitense) e nei commenti contrapposti. «La decisione storica di oggi finalmente chiama Ue e Airbus a rispondere delle loro trasgressioni delle leggi globali sul commercio», ha dichiarato l’amministratore delegato della Boein, Dennis A. Muilenburg, secondo cui «questa decisione attesa da tempo è una vittoria per un commercio mondiale giusto e per i lavoratori americani dell’aerospazio».
Airbus ha annunciato appello contro la decisione e la Commissione Europea ha inserito questo episodio nel più vasto contenzioso che da tempo va opponendo le due sponde dell’Atlantico.
Com’è noto, il trattato Ttip è semi-ufficialmente dato per morto e sepolto (sopravvivono le trattative per il Tisa, ma sarebbe davvero bizzarro concludere un accordo sui servizi, anche finanziari, senza una regolamentazione relativa alle merci industriali e ai contenziosi internazionali), mentre si moltilicano le condanne reciproche tra autorità politiche dei due continenti e le multinazionali di “appartenenza”. Solo per restare alle più note, basta ricordare la condanna negli Usa per Volkwagen, responsabile di aver trucato i test antinquinamento di quasi tutte le proprie vetture con alimentazione diesel; la condanna europea di Apple (14 miliardi di tasse da pagare all’Irlanda, per un accordo preferenziale illegale che le abbatteva al 5/1000, mentre per tutte le altre aziende stanno al 12,5%); l’intimazione Usa rivolta a Deutsche Bank, obbligata a risarcire i clienti con 14 miliardi per la truffa nei loro confronti i materia di mutui subprime e prodotto derivati.
Episodi che delineano una guerra commerciale in corso, sempre più accentuata, e con i rispettivi governi – la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker corrisponde all’amministrazione Obama, sia pure con evidentissime differenze – impegnati a colpire e affondare le multinazionali del “nemico”.
Sarà un caso, ma la crisi del Wto comincia con l’esplosione della crisi finanziaria (estate 2007, con l’esplosione dei mutui subprime). Da allora in poi i continenti hanno preso a separarsi, gli Usa a declinare rapidamente nella loro capacità egemonica, e i conflitti commerciali a moltiplicarsi. Resuscitare il Wto, in questo quadro, è quasi patetico. Specie se lo si fa per un “atto di guerra”, invece che per favorire i “negoziati tra i suoi membri“.
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