L’uomo a una direzione
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Riccardo Gallarati)
Sulla scorta di un modello di vita dominante e falso idolatriamo personaggi deplorevoli e abietti, squali psicopatici e affamatori di popoli come esponenti di una nuova e più perfetta humanitas, massima aspirazione oggi contemplabile
strada per il progresso è lastricata di cattive intenzioni. Se, come affermava magistralmente Marcuse, l’uomo a una dimensione è incapace di distinguere – ed ha anzi identificato – ciò che è da ciò che dovrebbe essere, la sua struttura gli impone necessariamente un’unica direzione. Parafrasando Merton, il consumo è il nostro vero destino. Non troviamo il significato della vita da soli, lo troviamo consumando. La fine è decisa. Non c’è novitas ancora da scoprire. Antropologicamente, la mutazione descritta da Pasolini può dirsi sostanzialmente completata: il tempo ha infatti accelerato così drasticamente da aver sorpassato se stesso. La scienza ha descritto l’intera realtà e non ne ha spiegata nemmeno la minima parte. Quello che il totalitarismo reazionario e lo stalinismo più efferato avevano solo sognato al calare della notte, nell’intimo delle proprie coscienze, la post modernità ha realizzato in sordina sotto il delirio entusiastico dell’avvento della libertà. Al Venerdì Santo abbiamo sostituito il black friday; alla nascita del figlio di Dio e alla logica del dono un cicciottone finlandese che sfrutta l’indifesa manodopera lappone. La religione è spiritualità: un pizzico di buddismo, una spolverata d’induismo, un tocco di kabala, un po’ di condimento New Age e il piatto è servito. Sono affari vostri, purché non intralcino la nostra verità, che non è dogmatica (“dogma” è bigotteria medievale) ma è certificata da un qualche studio dell’Università della California.
Se Gesù aveva scacciato i mercanti dal tempio, oggi quest’ultimi scacciano Gesù dal mercato
Il tempio è stato sostituito dall’emblema della nostra epoca, la protesi naturale del sogno americano: il garage. Se il figlio due immigrati armeni può dal suo garage fondare una delle più grosse multinazionali della terra, possiamo anche noi. Ed ecco che in un isterico tentativo di ordinare mentalmente l’esistente, abbiamo ingoiato la più grossa bugia del nostro tempo, l’effettiva parità delle opportunità. Certo, per captatio benevolentiae è palese che non sia un sistema perfetto, ma è comunque il migliore pensabile, perché la realtà è fallace per definizione e la causa del tuo insuccesso, in fin dei conti, è da imputare a te stesso. Sull’onda di questa menzogna idolatriamo personaggi deplorevoli e abietti, squali psicopatici e affamatori di popoli come modello di homo novus neorinascimentale e massima aspirazione contemplabile. E’ tuttavia palese a chiunque sia sincero con la propria ragione che non esiste nessuna fortuna guadagnata onestamente, e che vi sono milioni di garage e una sola Apple. Qual è il limite?
“Di più” risponde un banchiere in un famoso film su Wall Street. Non è raro, però, vedere gli oppressi difendere furiosamente le istanze degli oppressori, a baluardo di quel potenziale, ipotetico e totalmente inverosimile futuro a cui essi non prenderanno mai parte. Le relazioni sono sostituite dalle reti, ed è proprio la Rete a risultare funzionale all’etica della precarietà e della necessità di tenersi sempre in movimento, una guerriglia contro uno stato di natura sconosciuto ed invisibile. Una strategia della tensione permanente. Le relazioni finiscono sostanzialmente su Whatsapp. Certo li vedi, sotto l’effetto bizzarro di un atavico impulso, di un residuo desiderio di autenticità, due amici o due fidanzati, incontrarsi nella realtà per chiarire una situazione; ma questi incontri hanno il carattere caricaturale di una constatazione amichevole, di una asettica distribuzione equanime delle colpe, della ratifica di un trattato già firmato, della cena con dei vecchi compagni di liceo alla quale non si voleva andare.
Di Facebook, possiamo affermare senza grosse remore che Freud l’avrebbe definito un nuovo, ingegnoso, sofisticato sistema rituale di accoppiamento. La passerella del “consumismo edonistico-libidico di massa di origine nordamericana” per citare Houellebecq. Esso non è altro che l’Amazon della compravendita erotica; una vetrina di aforismi di libri mai letti, foto che mai terranno fede alla realtà, vite mai vissute; uno sforzo della fantasia per edulcorare la miseria della propria esistenza, proiettandola in un dimensione secondaria e superiore, similmente al “disincantamento del mondo” di weberiana memoria. Una parata di pavoni mostranti le piume, fra una casa a Gallipoli dell’estate scorsa e una BMW come estensione di un membro maschile non pervenuto. Il tutto mentre comodamente, da casa, si promuove un super-prodotto del nostro essere e si sfoglia anonimamente il catalogo dell’offerta erotica della nostra comunità. Un’Ebay del mercato del sesso.
Per comprendere a fondo quale sia il destino dell’uomo a una direzione, non si può altro che costatare che Pasolini ne designasse il destino già nel 1973, con queste parole:
Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. [..] Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono oramai stati d’animo collettivi
Fato puntualmente avveratosi, incancrenito nelle storture contemporanee con tutti gli effetti perversi che attanagliano il Presente e inquinano l’Avvenire.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/societa/luomo-a-una-direzione/
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