Riconciliazione nazionale in Iraq: missione impossibile
di LOOKOUT NEWS (Luciano Tirinnanzi)
Il presidente iracheno ratifica la legge che incorpora le milizie popolari sciite al-Hashd al-Shaabi, accusate di crimini di guerra contro i sunniti, nelle forze di sicurezza nazionali. Salta ogni intesa tra le parti
Sono in stallo i colloqui tra i blocchi politici sunniti e sciiti per la creazione di una soluzione politica alternativa al Califfato, che dovrà tentare di governare il post-Stato Islamico. Ancora manca la condivisione di un progetto basato su un sistema di rappresentanza istituzionale che sia capace di rispettare le quote dei vari attori regionali e che tuteli le rappresentanze etniche, confessionali e dei clan. A peggiorare le cose, è arrivata il 19 dicembre la ratifica da parte del presidente iracheno Fuad Masum della legge che incorpora nelle forze di sicurezza nazionali le milizie popolari sciite al-Hashd al-Shaabi, accusate di crimini di guerra contro i sunniti.
Le opposizioni erano insorte a novembre, quando il parlamento iracheno aveva approvato in prima battuta la legge che legalizza al-Hashd al-Shaabi: oltre a essere apertamente sostenuti da Teheran, i paramilitari sciiti si sono infatti resi colpevoli di violenze indiscriminate sulle popolazioni sunnite, in particolare nella riconquista di Tikrit, strappata allo Stato Islamico tra marzo e aprile 2015. Le fazioni sunnite hanno inutilmente protestato contro la promulgazione di una legge che darà poteri incontrollati alle milizie sciite, a scapito della sicurezza dei sunniti.
L’Alleanza delle Forze Irachene a guida sunnita avrebbe dovuto sottoporre nei prossimi mesi il progetto di riconciliazione nazionale ai partner politici sciiti e al segretario generale delle Nazioni Unite. Ma dopo i dibattiti infruttuosi, che hanno coinvolto anche l’Alleanza Nazionale Irachena sciita nella persona di Ammar al-Hakim, presidente del Consiglio Supremo islamico dell’Iraq e leader religioso sciita, e dopo che è entrata in vigore la legge pro-milizie sciite, il discorso si è inevitabilmente arenato. L’inclusione dei paramilitari nelle forze di sicurezza mina in particolare i tentativi fatti dall’alleanza sunnita di avvicinare la controparte sciita che si riconosce nel blocco dello Stato Legale del vicepresidente ed ex premier, Nouri Al Maliki.
Per parte sua, Al Maliki non mostra alcun intento conciliatorio e non sembra interessato a giungere a una soluzione nel medio termine: “Nella forma attuale, il progetto (la proposta sunnita di riconciliazione, ndr) è in contrasto con la Costituzione e con la legge irachena, ed è disegnato per il ritorno al potere dei membri del regime di Saddam Hussein” ha affermato in proposito.
Al Maliki parla per conto dell’Iran?
Al Maliki parla per suo conto o dell’Iran? Più volte è stata mossa quest’accusa all’ex premier sciita. Secondo i suoi detrattori, infatti, egli favorirebbe apertamente le politiche espansionistiche di Teheran al punto che, proprio grazie al suo sostegno, oggi punta a sostituire l’attuale premier Al Abadi alla guida delle attuali istituzioni irachene, per farne una sorta di protettorato iraniano nel prossimo futuro. Per vere o meno che siano queste presunte macchinazioni, la realtà è che ad avvelenare i pozzi che portano acqua alle politiche di riconciliazione nazionale contribuiscono tanto le potenze straniere.
Perciò, ogni dibattito sul futuro delle istituzioni irachene – se mai si tornerà a un Iraq unito – è rimandato quantomeno a dopo che sarà ripresa Mosul. Unico terreno comune che trova d’d’accordo tutte le fazioni è infatti promuovere una coesistenza pacifica quando si sarà giunti all’eliminazione dei militanti dello Stato Islamico dall’Iraq. Ciò nonostante, il traguardo è lontano dall’essere raggiunto: nel periodo 17 novembre-17 dicembre, solo nel settore di Ninive i caduti tra le forze irachene e peshmerga nel tentativo di espugnare Mosul sono stati 2.300. Un tributo di sangue altissimo che non fa ben sperare per una soluzione rapida del conflitto e per un’eliminazione definitiva delle forze del Califfato nel medio termine.
Ricostruire una parvenza di entità amministrative provinciali che permettano, da una parte, alle regioni sunnite devastate dalla guerra di ritrovare una guida riconosciuta e, dall’altra, agli sciiti di non occupare manu militari tutte le poltrone governative, ad oggi sembra un traguardo irraggiungibile.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/iraq-processo-riconciliazione-nazionale/
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