La Germania ha ragione e l’Italia torto. Sei sicuro, amico mio?
di MARCELLO FOA
Il mio ultimo post su Draghi ha suscitato moltissime reazioni. Tra queste quella di un amico di lunga data che segue questo blog – di solito in silenzio e mi sa anche un po’ soffrendo …- il quale stavolta ha deciso di reagire. Alberto, questo il suo nome, è un interlocutore, preparato che conosce molto bene il mondo della finanza e il cui giudizio è motivato. Anziché rispondergli privatamente ho deciso di pubblicarla per esteso, e di rendere pubblica la mia replica.
Caro Marcello,
dopo aver letto diversi tuoi commenti sulla situazione del nostro Paese all’interno dell’Unione Monetaria, ho sentito il bisogno di illustrarti il mio punto di vista. Un punto di vista che mi sforzo di mantenere il più obiettivo possibile “causa forza maggiore”: infatti, il mio mestiere di Direttore Investimenti richiede visioni equilibrate – pesando aspetti positivi e negativi – per evitare di trovarsi con delle posizioni sui mercati finanziari sbagliate e far perdere denaro agli investitori. Ecco dunque, in sintesi, come leggo il contesto attuale.La Germania
Non ho dubbi che la Germania sia lontana anni luce dalla leadership necessaria all’Eurozona in questo momento, una leadership come quella che per esempio ebbero gli Usa nei nostri confronti dopo la seconda guerra mondiale. Manca lungimiranza, flessibilità e probabilmente anche generosità. Tuttavia loro le riforme importanti le hanno fatte (soprattutto con Schroder) e hanno anche capito che nel contesto globale di oggi è necessario salire sulla scala del valore aggiunto (fare le BMW invece delle scarpe).La Germania non si fida di noi? Forse meritano un po’ di comprensione, se ci ricordiamo che siamo stati un Paese che ha risolto quasi sempre i suoi problemi economici con la svalutazione, che non riusciamo a ridurre il debito pubblico, che non facciamo (abbastanza) riforme, che non abbiamo governi stabili. Sulla base di quali elementi dovrebbero credere che siamo cambiati? Forse nemmeno noi ci fideremmo di un Partner con un curriculum come il nostro.
L’Italia
L’Italia deve decidere se vuole far parte del club (l’Eurozona) dei Paesi economicamente virtuosi oppure no. E’ il club migliore a cui potremmo aspirare? Sicuramente no, ma è l’unico che abbiamo a disposizione oggi. Farne parte significa essere capaci di ridurre il debito pubblico e, come detto, di salire nella scala del valore aggiunto. Accettare di non poter svalutare la moneta per risolvere apparentemente i propri problemi vuol dire dimostrare la propria capacità (e il coraggio) di raggiungere i suddetti obiettivi. Spagna e Irlanda ci stanno riuscendo, crescendo a tassi tripli dei nostri. Pensiamo di valere meno?
Quali sono, nella storia, i Paesi così detti “svalutatori seriali” che hanno avuto successo economico nel lungo periodo? Ci sono fior di studi che dimostrano come queste politiche non portino a un maggior benessere economico per la popolazione.
Qual é, dal punto di vista economico, il problema più grande del nostro Paese? Essere intrappolati nell’Euro o non fare gli interventi che ormai “anche i sassi sanno” essere necessari? Parlo della lentezza del sistema giudiziario, della troppa burocrazia, della corruzione, dell’instabilità di governo… Ci fanno le pulci sulle manovre di bilancio? Forse è perché non abbiamo ancora dimostrato la capacità di riformarci.
Come se tutto questo non bastasse, è possibile che la Presidenza Trump, con la sua politica “America First”, ci spinga verso un progetto di difesa comune europea dal quale sarebbe opportuno non essere esclusi.Brexit
Come noto, le conseguenze economiche della decisione dell’Inghilterra sono ancora tutte da verificare e comunque non credo si possa essere molto ottimisti al riguardo.
In ogni caso, noi non siamo l’Inghilterra (vedi governabilità, efficienza delle istituzioni..) e non illudiamoci di diventarlo, almeno nel breve termine. Dove sono le prove che l’Italia non è più quella di prima ed è cambiata in meglio rispetto alle politiche del passato?Le Elites
E’ indubbio che le elites di governo in Europa abbiano fatto molti errori e che non siano state capaci di proporre un sogno europeo di alto livello, capace di trascinare il sentimento della gente. E’ sicuramente un male impuntarsi sulla rigidità delle regole di bilancio in un contesto di crescita problematico come quello attuale. Ma qual é l’alternativa? Il Populismo e le politiche economiche che promuove possono dare un’illusione temporanea, ma credo che alla fine ci troveremmo in una situazione anche peggiore di quella attuale. Forse sarebbe meglio attivarci affinché le nostre elites imparino dagli errori commessi.Concludo con questa considerazione. Sono convinto che l’abbandono dell’Euro sarebbe un grave errore. Ma se mai volessimo seguire questa strada, sarebbe necessario prima rafforzare il nostro Paese. Come? Facendo tutte quelle cose che ormai “anche i sassi sanno”.
ALBERTO
Grazie caro Alberto,
per questa garbatissima e ben motivata lettera, a cui rispondo con queste osservazioni.
Germania & Italia Che i tedeschi abbiano saputo difendere meglio dell’Italia i propri interessi è pacifico e non è certo un demerito. Bravi loro; però non condivido quel senso di inferiorità che un po’ trasmetti. I tedeschi sono bravi ma non privi di una buona dose di cinismo. Ad esempio, non tutti ricordano che a volere l’entrata dell’Italia nell’euro sono stati proprio loro e non certo per assecondare uno spirito europeista, ma perché la Confindustria tedesca era terrorizzata dalle potenzialità di un’industria italiana, all’epoca ancora molto in forma, fuori dalla moneta unica e al contempo era consapevole che il rigore imposto dai trattati di Maastricht avrebbe reso il sistema Italia non migliore ma molto meno competitivo. Perché le condizioni di partenza erano proibitive. E lo restano ancora oggi: l’Italia da molto tempo è in avanzo primario ovvero lo Stato spende meno di quanto incassa. Ma il debito pubblico non solo non è sceso ma continua a salire.
Si fanno sacrifici, le tasse hanno raggiunto livelli insostenibili ma l’economia non riparte. Il sistema Italia è diventato rigido, inibitorio per l’imprenditoria, privo di flessibilità mentre le tensioni schiacciano i salari senza creare occupazione. Dopo 15 anni l’economia è asfittica mentre Bruxelles continua a dare lezioni: non fate abbastanza!
Oggi un Paese non può più decidere di attuare una politica economica perché i parametri di Maastricht non gli permettono di scontare gli effetti di una vera riforma. Mi spiego: Roma potrebbe decidere una politica reganiana o neokynesiana. Entrambe richiedono alcuni anni per poter dispiegare appieno gli effetti delle riforme. Ma questo è impossibile. Perché l’unica riforma possibile è quella imposta da un’Unione europea che percorre solo una sola strada. Quella voluta dai tedeschi e che accomoda solo loro. Quei tedeschi che accumulano i surplus, violando i parametri di Maastricht e ostinandosi a non rilanciare la domanda interna. Quei tedeschi che continuano ad essere ossessionati dal pericolo di un’alluvione (l’inflazione) in un’epoca – per il resto d’Europa – di siccità o comunque di scarsissime piogge.
E’ giusto? Ha senso? Io dico di no.
Brexit & Elites
I britannici hanno avuto molto coraggio e hanno anteposto la loro sovranità e la piena salvaguardia della loro democrazia a qualunque altra considerazione. Rischiano economicamente? Forse, ma forse no. Per ora vanno fortissimo, domani vedremo. Però hanno fatto una scelta basata sui valori. Della serie: la nostra libertà, la nostra democrazia, il nostro stato di diritto non possono essere schiacciati da un Moloch invadente come quello dell’Unione europea dominata dai tedeschi. Che tempra!
Il discorso sulle élites richiederebbe molto più spazio, però è affine al discorso sulla Brexit. Negli ultimi 30 anni questa élite ha imposto un’agenda transnazionale volta allo smantellamento dei Paesi sovrani e, di fatto, a un inquietante svuotamento delle democrazie parlamentari. La Ue rientra in queste logiche. E sottolineo imposto. Il loro disprezzo nei confronti delle opinioni del popolo e la loro tendenza ad aggirare la volontà degli elettori, quelle rare volte in cui si sono svolti dei referendum, portando avanti ad ogni costo la loro agenda, li ha condotti a un estraniamento dalla realtà. Si sentono investiti da una missione suprema ed esercitano il potere in modo opaco e superbo. Non si rimettono mai in discussione, non fanno autocritica. L’élite è diventata totalmente autoreferenziale, finché – come è avvenuto con la Brexit, il no al referendum costituzionale e la vittoria di Trump – il popolo, che loro pensavano totalmente ammansito, non si è ribellato e ha detto: ehi, ci siamo ancora. Contiamo ancora.
E ha preferito i “populisti” anche se ritengo sbagliato definirli così: sono legittime forze alternative. Estranee alle élite che contano. E forse proprio per questo demonizzate a prescindere. Sbagliano? Faranno sfracelli economici? Vedremo. Io democraticamente scrivo: mettiamoli alla prova, lasciamoli governare. Saranno gli elettori a decidere.
Con l’amicizia di sempre.
Marcello
Alberto, l’amico di Marcello Foa, sarà certamente una brava persona ma non sufficentemento attento ai fatti economici, la sua posizione riprende acriticamente il pensiero attuale dominante.
Alla risposta di Marcello Foa, complessivamente condivisibile, si potrebbe aggiungere che l’arroganza tedesca è una chiara dimostrazione della loro insufficienza ad esercitare la leadership europea.
La Germania è riuscita a condizionare i concorrenti all’interno della UE, esempio Italia, ma questo rende insostenibile nel medio-lungo periodo la sopravvivenza dell’euro.
La Germania si troverà con un’area condizionabile molto più limitata , non potrà a lungo mantenere un surplus commerciale come quello attuale e in mancanza di un sufficiente mercato interno le sue aziende sono destinate a ridurre l’attività e quindi anche la sbandierata produttività non potrà non risentirne.
Si preparano tempi bui per l’euro e l’UE ma anche per la Germania. Non credo che la loro azione denoti lungimiranza.